Luca Del Bo: Tesla Owners Italia per l’Ucraina
Ingegnere biomedico, giornalista, audioprotesista, ricercatore con più di venticinque articoli scientifici pubblicati su riviste scientifiche a impact factor, proprietario responsabile della società biomedicale “Del Bo Tecnologia per l’ascolto” specializzata nella diagnosi e terapia della sordità e degli acufeni e della “Tinnitus Clinic”, fondatore e dirigente di Associazione Ascolta e Vivi ONLUS per l’aiuto delle persone sorde nel sud del mondo, fondatore e presidente della Fondazione Ascolta e Vivi per la ricerca scientifica in ambito audiologico, e della associazione no profit Tesla Owners Italia per la transizione dalle energie fossili alle rinnovabili; proprietario dirigente de “Il Paluffo Tuscan Villa” ecolodge carbon neutral in Toscana. Stiamo parlando di Luca Del Bo che abbiamo avuto modo di intervistare.
È un piacere parlare di una iniziativa come quella oggetto della nostra conversazione, gli aiuti umanitari all’Ucraina. Vuole iniziare illustrandoci la vostra associazione, Tesla Owners Italia?
Tesla Owners Italia è un’associazione no-profit, nata per iniziativa di un gruppo di proprietari di Tesla, che hanno deciso di riunirsi per condividere la passione per l’automobile, ma anche la sostenibilità ambientale. Questo è l’aspetto forse più importante, tanto è vero che la nostra associazione si chiama Tesla Owners Italia – Tecnologia e Ambiente. Abbiamo inserito nel nostro statuto la volontà di favorire la transizione energetica dalle fonti fossili alle rinnovabili. Nel 2016 eravamo in pochi, ma oggi siamo cresciuti a 150 soci effettivi, aggiungiamo oltre 2.500 simpatizzanti e 80.000 follower sui social.
Siamo quindi di fronte a una realtà organizzata, non siete solo un club di automobilisti che vogliono incontrarsi per una gita fuori porta, ma una vera e propria organizzazione no-profit.
Esatto, questo è molto importante. Fra le caratteristiche club Tesla presenti in tutto il mondo, risiede la peculiarità di attivarsi in modo attivo in caso catastrofi umanitarie, come in questo caso del conflitto in Ucraina. La stessa Tesla ci è venuta incontro annullando tutti i costi delle ricariche elettriche legate alle nostre missioni umanitarie verso l’Ucraina. Quindi non paghiamo l’energia usata dal momento della partenza fino al rientro alla base, al termine della missione presentiamo una nota sui Supercharger usati in viaggio, e veniamo rimborsati di quanto speso per le ricariche.
Assodata la missione che anima la vostra associazione, arrivare ad attivarsi per aiutare l’Ucraina il passo è stato breve?
Di fronte a una catastrofe umanitaria come quella attuale ci è venuto naturale organizzare dei convogli per portare aiuto alle popolazioni, e abbiamo avuto una risposta veramente molto valida. Abbiamo organizzato un convoglio di 18 Tesla, portando generi necessari e riportando indietro 24 profughi. Abbiamo aggiunto altre quattro persone salvate con operazioni singole in collaborazione con il Tesla Club della Repubblica Slovacca.
Alla luce di una mobilità elettrica sempre più presente, voi che vi recate fino in Ucraina, riuscite a caricare senza problemi?
Il network di stazioni di ricarica dedicate Tesla, i Supercharger, è attualmente presente in tutta Europa, permettendoci di arrivare senza problemi al confine ucraino. Inoltre, in Europa, come in Italia, sono operative molte società con efficienti reti di ricarica diffuse capillarmente nel territorio e interconnesse tra di loro.
La vostra missione si muove in due direttive, portare aiuti in Ucraina e riportare profughi in Italia, tutto questo presuppone un’organizzazione logistica non indifferente immagino, raccolta dei materiali, scelta delle persone.
Gestiamo tutto direttamente, a noi serve sapere a chi consegnare i materiali, si tratta di alimentari per bambini e animali, materiale ospedaliero per curare i feriti, dispositivi elettronici come power bank, pile, torce. Raccogliamo tutto quanto, lo inscatoliamo e lo consegniamo a strutture di assoluta affidabilità. A Leopoli ci appoggiamo al rettore del Seminario. Ora il seminario è usato come punto di transito per chi va via dall’Ucraina, o chi fa il percorso inverso; qui si possono riposare e ristorare. Il Seminario è in contatto con altre realtà similari facendo rete. Inoltre, lavoriamo con una struttura che si occupa di bambini e quindi distribuiscono latte in polvere piuttosto che pannolini. Aggiungo un gruppo di medici ucraini a cui consegniamo materiale direttamente da portare nelle zone di combattimento vere e proprie.
Al momento in cui parliamo avete già portato a compimento due missioni, la terza avverrà ora, cosa vi ha sorpreso, o colpito, in maniera particolare? Sia in meglio che in peggio eventualmente.
In questi casi puoi pianificare tutto, ma le sorprese sono scontate, ci siamo trovati davanti al problema di come trovare le persone che vogliono venire in Italia. Ci ha sorpreso la macchina della solidarietà, sia in Italia che nei paesi confinanti con l’Ucraina. Persone diverse per età e ceto sociale si sono attivate creando un ponte meraviglioso di sostegno alle popolazioni coinvolte da questo dramma.
Ora la terza missione dopo le prime due, cosa avete preparato?
Il 29 aprile siamo partiti con destinazione Leopoli. A bordo abbiamo anche giocattoli per i bambini che sono stati strappati dalle loro abitudini e cibo per i cani e gatti che sono rimasti senza padrone a causa della guerra.
Oltre l’aspetto umanitario, la vostra attività è anche una sorta di bandiera per il green deal europeo, dimostrando che la mobilità elettrica è una possibilità reale.
Esatto, tenga conto che l’energia elettrica dei nostri Supercharger proviene da fonti rinnovabili, quindi le nostre missioni non usano combustibili fossili, non andando quindi ad arricchire la Russia e senza introdurre un solo grammo di CO2 nell’atmosfera.
A livello umano cosa vi ha portato questa esperienza?
È stato tutto molto forte, sono persone in zona di guerra, strappate dalla loro vite e dalle loro case, l’emozione di venire a contatto è davvero pregnante. Vedere famiglie divise, tra chi va in cerca di salvezza e chi resta a combattere, è comprendere l’enormità della realtà di una guerra, che non è quella che si vede nei telegiornali. Per queste persone è importante vedere che c’è chi percorre 1.500-2.000 km. per raggiungerli, questo trasmette loro una solidarietà che li aiuta a superare un terribile momento come l’attuale che stanno vivendo.
©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione