Corte costituzionale, apertura al cognome materno

La Corte costituzionale si è pronunciata sulla legittimità di assumere automaticamente il cognome del padre. Con comunicato stampa del 27 aprile 2022, è stata data la notizia che la Corte costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi”. La Consulta si è ritrovata, pochi giorni fa, a dover ancora una volta, supplire alla carenza del Legislatore. Si attendono le motivazioni, ma la sentenza è storica.

In particolare, il Tribunale di Bolzano aveva sollevato la questione di costituzionalità avente ad oggetto la formulazione dell’art. 262 c.c, primo comma, secondo il quale: “Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre.”

Da ciò discende, logicamente, che i figli, nella maggior parte di casi, in specie se nati durante il matrimonio o la convivenza di fatto, avrebbero dovuto necessariamente assumere il cognome paterno. Ma tale dettato normativo, che implicitamente prevede che il figlio non possa prendere il cognome della madre a meno che nato al di fuori dal matrimonio e riconosciuto per primo dalla medesima, poteva considerarsi conforme alla Costituzione? È questo il nodo che la Consulta, anni di attesa, ha sciolto definitivamente.

Con la sentenza n. 61 del 2006, la Consulta già aveva chiarito che il sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia. Secondo la Corte, dunque, tale tradizione patriarcale affondava le proprie radici nel diritto di famiglia di stampo romanistico, nonché “di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna”.

Inoltre, già nel 2016, con la sentenza n. 286, la Consulta era già stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della possibilità, per il figlio nato al di fuori del matrimonio, di poter prendere anche il cognome della madre, in aggiunta a quello del padre, qualora tra i coniugi vi fosse accordo sul punto, aprendo ancora una volta la possibilità al Legislatore di agire sul tema. La questione è di interesse rilevante: nel nostro Ordinamento, la Legge dava (solo ora si può parlare al passato) preferenza al cognome paterno.

La questione ha rilevanza, altresì, internazionale: avendo l’Italia sottoscritto il Trattato di Lisbona che, vieta ogni discriminazione fondata sul sesso, la Corte di Strasburgo ha già condannato il nostro Paese per non aver previsto la possibilità di deroga all’automatismo rappresentato dall’attribuzione del cognome paterno, ritenendo tale prassi discriminatoria verso le donne. Finalmente, dunque, l’Italia si trova in linea con la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

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