1972, le prime elezioni anticipate italiane

Ricorrono oggi esattamente cinquant’anni dalle prime elezioni anticipate in Italia. Quella di sciogliere anticipatamente le camere è stata per gli ultimi anni del secolo scorso e i primi di questo, quasi una prassi che forse ci siamo evitati con l’attuale legislatura. Nel 1972 Giovanni Leone, presidente da pochi mesi, la adottò per la prima volta.

L’Italia era cambiata nei quattro anni trascorsi dalla precedente tornata elettorale che aveva visto la Democrazia Cristiana ottenere quasi il quaranta percento dei voti. Da allora era cambiato il Presidente della Repubblica: il socialdemocratico torinese Giuseppe Saragat era stato sostituito dal democristiano napoletano, e grande giurista, Leone. Saragat, manifestamente atlantista. Leone, la cui elezione non fu semplice e portò a bruciare due importanti candidature sempre democristiane di peso, quelle di Amintore Fanfani, primo candidato della DC e di Aldo Moro, l’eventuale candidato alternativo.

La situazione dell’Italia ereditata da Leone non era delle migliori. Due anni prima la strage di Piazza Fontana aveva dato il via agli Anni di Piombo e le ripercussioni delle contestazioni studentesche e operaie e del 68 avrebbero avuto un effetto lungo che andò ben oltre le dimissioni di Leone nel 1978, vittima di un ingiustificato attacco da parte, principalmente, di Pannella e dei   radicali che, tardivamente, si scusarono anni dopo.

Era un’Italia che aveva appena ottenuto lo Statuto dei Lavoratori e la Legge sul divorzio e che andava verso la crisi energetica che portò l’anno successivo ad adottare le misure di austerity per fronteggiare la crisi petrolifera.

La politica era cambiata e ai precedenti governi retti da maggioranze di centrosinistra, se ne sostituì una nuova che vedeva l’appoggio esterno di forze di destra. Non dimentichiamo che all’elezione di Leone contribuì anche il sostegno del MSI di Giorgio Almirante.

Le elezioni del 72 potevano rivelarsi decisive per il Partito Comunista, ma non vi fu alcun aumento significativo dei voti da parte per la formazione che vedeva alla guida Enrico Berlinguer che voleva le elezioni anticipate sia per cercare di monetizzare sotto forma di consenso elettorale quello che aveva avuto nelle manifestazioni di piazza, magari evitando che la fronda confluita ne Il Manifesto potesse ottenere consenso con le sue candidature alternative (capolista era Pietro Valpreda, il primo sospettato della strage di Piazza Fontana), sia per evitare il referendum sul divorzio che temeva lo avrebbe visto sconfitto nella sua linea che, viceversa, ebbe la meglio due anni dopo, nel 1974.

La campagna elettorale si svolse in un clima di tensione che portò alla morte a causa di un candelotto il pensionato Giuseppe Tavecchio che si trovava per caso nelle vicinanze degli scontri causati da un attacco di componenti della sinistra extraparlamentare al Corriere della Sera e del ben più famoso Giangiacomo Feltrinelli rimasto ucciso nel tentativo di far saltare un traliccio dell’energia elettrica. Ultima vittima di queste elezioni uno studente anarchico di Cagliari che muore in carcere due giorni dopo l’arresto da parte della polizia a Pisa.

Il risultato delle elezioni fu la tenuta della DC e un forte aumento di consensi del MSI. Si dice che la vittoria fu dovuta a quella che era definita la “Maggioranza silenziosa”, quella parte di elettorato che voleva restare al di fuori degli umori delle piazze ma che spostava numeri consistenti di voti.

Le maggioranze di governo nate da queste elezioni non si rivelarono certo salde, tant’è che si susseguirono sei governi in solo quattro anni al punto che, ancora, il 4 luglio 1976 il Presidente leone sciolse ancora le camere.

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