Le città martiri

Ci sono città che, nella Storia, sono diventate il simbolo tragico della distruzione: per riferirsi solo alla Seconda Guerra Mondiale, Coventry, Dresda, Hiroshima. In questa orribile e insensata guerra in Ucraina, molte città, certo, sono state colpite dalla barbarie russa, ma la più colpita, la più “torturata”, come ha detto Zelenskiy, è la sventurata Mariupol. In questa cittadina, centinaia, forse migliaia, di civili innocenti sono stati uccisi, altrettanti edifici distrutti.

Comunque termini la criminale aggressione russa, avrà comunque lasciato dietro di sé cumuli di macerie e stragi di persone. E mentre il despota del Cremlino tiene il mondo con il fiato sospeso per quello che potrà dire o fare il 9 maggio, l’aggressione continua e si aggrava, con bombardamenti sempre più intensi alle città, bombardamenti che non risparmiano scuole, ospedali, chiese.

E c’è ancora chi chiede di non armare l’Ucraina, di non aiutarla a difendersi, per favorire la pace. La pace? Almeno questa gente abbia il coraggio di dire che per pace si intende una resa senza condizioni dell’eroico popolo ucraino al suo criminale aggressore. È come se, di fronte a un’azione di una banda criminale, si chiedesse di disarmare polizia e Carabinieri, per evitare scontri a fuoco.

Persone come il prof. Orsini a me danno il voltastomaco. Consola pensare che il 70% degli americani (meno, cioè, la scellerata estrema destra trumpiana) favorisce l’aiuto militare all’Ucraina, e mi fanno abbastanza rabbia gli eterni tentennamenti di certi Paesi europei di fronte all’ipotesi di sanzioni sull’energia, le sole in grado di danneggiare seriamente Putin.

Quando si discute e si spacca il capello in quattro, un esercizio da fare è tenere bene aperto davanti agli occhi il martirio di Mariupol e tutto ciò che esso significa, non solo per l’Ucraina, ma per tutti noi europei.

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