Elezioni europee, verso una riforma delle norme

Le elezioni europee designano un unico Parlamento, ma sono frutto di tante norme diverse che non sono uniformi in tutta l’Unione. Anche se tutti devono rispettare i principi comuni stabiliti nell’Atto elettorale europeo del 1976, gli Stati membri applicano norme elettorali nazionali diverse. I partiti politici europei o le coalizioni di partiti nazionali avrebbero la possibilità di proporre liste elettorali transnazionali guidate dal loro candidato di punta per la carica di Presidente della Commissione europea. Le liste transnazionali dovrebbero rispettare un equilibrio geografico includendo candidati provenienti da paesi grandi, medi e piccoli in ordine alternato. In passato, una proposta in tal senso, avanzata prima delle elezioni europee del 2019, non ricevette il sostegno dei capi di Stato e di governo dell’UE. In una riunione informale del febbraio 2019 affermarono che avrebbero riproposto la questione “in futuro, in vista delle elezioni 2024”. Nel 2014 il Consiglio europeo nominò presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, candidato di punta del Partito popolare europeo (PPE), la famiglia politica europea che aveva ottenuto più voti. Tuttavia, nel 2019 i leader europei non seguirono lo stesso percorso.

Il Parlamento Europeo, accogliendo anche la raccomandazione sull’introduzione di liste transnazionali adottata come proposta da uno dei panel europei di cittadini nell’ambito della Conferenza sul Futuro dell’Europa, ha ora approvato una relazione d’iniziativa legislativa che mira a rivedere le norme delle elezioni europee. Il testo è stato approvato con 323 voti a favore, 262 contro e 48 astensioni, mentre la risoluzione politica di accompagnamento con 331 voti favorevoli, 257 contrari e 52 astensioni. La proposta prevede 28 ulteriori deputati eletti in liste paneuropee scelti con una rappresentanza geografica equilibrata; consentire il voto postale in tutti i Paesi UE, fissare una soglia elettorale minima comune e permettere le candidature a partire da 18 anni; liste chiuse o quote per garantire la parità di genere; elezioni il 9 maggio in tutti i paesi dell’UE; il Parlamento propone una riforma della legge elettorale dell’UE per convertire 27 distinte elezioni nazionali, con norme proprie, in un’unica elezione europea.

Secondo il sistema proposto dai deputati, ogni elettore avrebbe due voti: il primo per eleggere un deputato nella rispettiva circoscrizione nazionale e il secondo per eleggerne un altro nella circoscrizione paneuropea, composta da 28 seggi supplementari. Per garantire una rappresentanza geografica equilibrata all’interno delle liste, gli Stati membri saranno divisi in tre gruppi a seconda del numero di abitanti. Le liste verranno compilate, in maniera proporzionale, con candidati provenienti da questi tre gruppi. Le liste paneuropee dovranno essere presentate da entità elettorali europee, quali coalizioni di partiti politici nazionali e/o associazioni nazionali di elettori o partiti politici europei.

Il Parlamento intende anche contrastare la disuguaglianza di genere, dato che, nonostante un generale miglioramento registrato nelle scorse elezioni, in alcuni paesi non è stata eletta neanche una donna. Il testo propone liste chiuse obbligatorie (cioè, con un’alternanza tra candidate e candidati) o un sistema di quote, senza violare i diritti delle persone non binarie. Altre proposte per “europeizzare” le elezioni prevedono: il 9 maggio come data comune per le elezioni europee; il diritto di candidarsi alle elezioni per tutti gli europei a partire dai 18 anni; una soglia elettorale minima obbligatoria del 3,5% per le circoscrizioni con 60 o più seggi; pari accesso alle elezioni per tutti i cittadini, compresi quelli con disabilità, e l’opzione del voto per posta; garantire ai cittadini il diritto di votare per il Presidente della Commissione nel quadro del sistema dello Spitzenkandidat mediante le liste paneuropee. Si prevede inoltre la creazione di una nuova Autorità elettorale europea che supervisioni il processo e assicuri la conformità con le nuove norme.

Il relatore Domènec Ruiz Devesa (S&D, ES) ha commentato: “Queste riforme rafforzeranno la visibilità dei partiti politici europei e permetteranno loro (e ai loro candidati nelle liste europee) di fare campagna in tutta l’UE, in modo da poter creare un vero dibattito paneuropeo. La gente saprà che sta votando per le entità politiche europee e per i candidati per il presidente della Commissione. Il Parlamento ha inviato un messaggio forte al Consiglio: è giunto il momento di cambiare la legge elettorale dell’UE per avere elezioni che riflettano correttamente le realtà politiche di oggi“.

Come stabilito dall’articolo 223 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, l’iniziativa legislativa del Parlamento dovrà essere approvata all’unanimità dal Consiglio UE. Il testo sarà quindi inviato nuovamente al Parlamento affinché i deputati diano il consenso, prima che debba essere approvato dagli Stati membri secondo i rispettivi requisiti costituzionali. I negoziati con il Consiglio comincerebbero dopo l’adozione delle posizioni nazionali. La legge elettorale europea risale al 1976 (modificata nel 2002 e nel 2018, benché la modifica più recente non sia ancora in vigore). Contiene principi comuni che devono essere rispettati dalle leggi nazionali relative alle elezioni europee. Tuttavia, la normativa attuale non stabilisce un sistema elettorale uniforme applicabile in tutta l’Unione europea.

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