Cronache dai Palazzi

L’Ucraina potrebbe entrare a far parte dell’Unione europea sulla base di un’intesa tra Roma, Parigi e Berlino che dovrà però essere condivisa da tutti i 27 Stati membri. “Dobbiamo creare una comunità di pace e diritti che unisca Kiev con Berlino, Roma e Parigi, gli ucraini difendono i nostri stessi valori di libertà, quelli in cui crede la Ue per questo sosterremo la sua candidatura al prossimo Consiglio europeo”. Queste le parole di Mario Draghi giunto in Ucraina insieme al presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Scholz. “L’Europa deve raccogliere le sfide con coraggio, lo stesso coraggio dimostrato da Zelensky”, ha affermato Draghi.

Consapevole dell’arduo percorso che il suo Paese dovrà affrontare il presidente ucraino ha ammesso che “non sarà una strada breve, ma abbiamo bisogno che questa strada abbia un inizio”, ha sostenuto con convinzione e speranza. In questo contesto lo status della nazione ucraina a candidata dell’Unione europea assume un significato di primo piano per il futuro dell’Europa e per la ricostruzione morale e materiale dell’Ucraina.

Di fronte alle macerie a causa della guerra i tre leader europei hanno espresso indistintamente il proprio sgomento. “Sono state commesse brutalità, violenze insensate contro la vita umana, nessuno dovrà dimenticare”, ha ammonito Scholz. Ciò che si prova per Mario Draghi è “dolore, speranza, ma ricostruiremo tutto, hanno distrutto gli asili, i giardini di infanzia”. In questa prospettiva i funzionari della Banca mondiale dovranno elaborare delle stime dei danni per poter far fronte ad un eventuale nuovo Piano Marshall da parte di Europa e Stati Uniti. Anche il presidente francese Emmanuel Macron, pur avendo affermato nei mesi scorsi la necessità di “non umiliare” Putin, ha ribadito che “la Francia è al fianco dell’Ucraina dal primo giorno, siamo al fianco degli ucraini senza ambiguità, bisogna che l’Ucraina possa resistere e vincere”, ha puntualizzato Macron. In precedenza, il presidente francese aveva proposto l’istituzione di una “Comunità politica europea” che affiancasse l’Ue allargandone il perimetro e accogliendo Paesi, come l’Ucraina, che condividono i valori dell’Europa ma non hanno ancora i requisiti per poter farne parte. Ma ora la Francia condivide pienamente la proposta di accogliere la nazione ucraina all’interno dell’Unione. Anche la Germania ha abbandonato le perplessità delle settimane precedenti e il cancelliere Olaf Scholz ha definito “categorico” l’appoggio all’Ucraina affinché possa essere presto parte dell’Unione europea. Una decisione che dovrà necessariamente allargarsi ai Paesi dei Balcani.

Da Bruxelles, nel frattempo, è arrivato anche il via libera della Commissione europea: “Abbiamo adottato la raccomandazione al Consiglio di dare all’Ucraina una prospettiva europea e lo status di candidato all’Ingresso nell’Unione”, ha affermato la presidente Ursula von der Leyen a ridosso della riunione dei commissari. “L’Ucraina ha chiaramente dimostrato l’aspirazione e l’impegno del Paese di essere all’altezza degli standard europei. L’Ucraina è una democrazia parlamentare molto solida, che vanta un’amministrazione eccellente. L’Ucraina ha mostrato di avere un livello di deficit solido prima della guerra, ha già compiuti passi importanti per essere un’economia di mercato funzionale”, ha spiegato Ursula von der Leyen. Anche a proposito della Moldavia “raccomandiamo che il Consiglio europeo le conceda una prospettiva europea e lo status di candidato”, ha aggiunto la presidente della Commissione Ue. Per quanto riguarda l’ingresso dell’Ucraina in Europa, molto è stato fatto ma ancora molto deve essere costruito come “ad esempio sullo stato di diritto, la giustizia, la lotta alla corruzione e la rimozione del potere degli oligarchi sull’economia”. Ed ancora, adottare una legge sui media che rispetti le norme Ue e rimodulare i vari provvedimenti legislativi che riguardano le minoranze.

La Commissione “monitorerà i progressi dell’Ucraina nel fare questi passi e preparerà un rapporto sugli stessi, insieme ad una valutazione dettagliata del Paese, entro la fine del 2022”. L’eventuale ingresso nell’Ue rimane quindi strettamente legato a “criteri e condizioni stabilite”, un presupposto che garantisce ad ogni Paese implicato nel processo “di progredire sulla base dei suoi meriti, ma significa anche – precisa la Commissione – che i passi fatti in direzione dell’Ue possono essere ritirati se le condizioni sottostanti non sussistono più”, tutto ciò in base al principio di reversibilità, nominato anche dalla presidente Ursula von der Leyen.

“Giornata davvero storica – ha scritto su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dopo la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue -: l’Ucraina ha sentito contemporaneamente il sostegno di quattro potenti Stati europei. E in particolare il sostegno del nostro movimento verso l’Unione europea”. Zelensky ha inoltre aggiunto: “Tutti i leader capiscono perché i negoziati per porre fine alla guerra non sono in corso. Esclusivamente a causa della posizione della Russia, che sta solo cercando di intimidire tutti in Europa e continuare la distruzione del nostro Stato. Non vogliono cercare una via per la pace. Continueremo a combattere fino a quando non garantiremo al nostro Stato la piena sicurezza e integrità territoriale”, ha assicurato Volodymyr Zelensky.

A proposito di riforme, nel nostro Paese la riforma Cartabia è legge: la riforma sull’ordinamento giudiziario e sul Csm. Con 173 voti favorevoli e 37 contrari l’aula di Palazzo Madama ha approvato definitivamente il “terzo grande pilastro delle riforme volte a rinsaldare la fiducia dei cittadini nella giustizia”, come ha affermato la Guardasigilli Marta Cartabia. “Questo è un passaggio importante nella storia del nostro Paese, in cui troppo a lungo la giustizia è stata terreno di scontro”, ha sottolineato Cartabia mettendo in evidenza il “lungo lavoro, a tratti non semplice” in cui “ciascuna forza politica può riconoscere il suo apporto”. Una riforma controversa e assediata da oltre 400 emendamenti, diverse critiche all’interno della maggioranza, in particolare di Lega e Forza Italia, e la delusione di Italia viva che ha definito la riforma “inutile (non dannosa)”. Ha sollevato inoltre “profili di dubbia costituzionalità” l’Associazione nazionale magistrati che contro il testo della riforma Cartabia ha anche scioperato. “Non chiedevamo la luna – ha ammonito il presidente Giuseppe Santalucia – ma di modificare punti che minano l’indipendenza della magistratura”, tra cui “il primo è la separazione di fatto delle carriere, che la Costituzione voleva unite”. Santalucia aggiunge inoltre che dalla riforma traspare anche “una voglia di gerarchizzazione delle procure, di irregimentarle. Si punirà chi non ha rispettato le “direttive” del capo dell’ufficio e non si specifica quali. Si include tra i criteri di valutazione di carriera la conferma o meno in Appello delle condanne, dando una spinta al conformismo, a diventare buoni impiegati”.

Il vicepresidente del Csm, David Ermini, ha affermato che “non è certo una riforma epocale ma il testo è un buon compromesso”. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, definisce invece la riforma della giustizia un “traguardo importante”. Così non è per Fratelli d’Italia che ha votato “no” e la definisce “una riforma sbagliata e regressiva che non scalfisce minimamente lo strapotere delle correnti, come avrebbe fatto il sorteggio temperato dei candidati al Csm e mantiene privilegi feudali”. Per i forzisti è invece “un passo importante per riconciliare il Paese”, e i dem, che erano pronti anche a chiedere la fiducia pur di approvare il provvedimento, chiedono comunque “subito i decreti attuativi per concretizzarla”.

Per la Guardasigilli è in definitiva un “passaggio importante nella storia del nostro Paese” anche perché nel nostro Paese la giustizia è terreno di scontro politico da trent’anni. La riforma Cartabia permetterà all’organo di autogoverno dei giudici di assumere nuove regole che gli consentiranno di “svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse professionalità su cui la magistratura può contare”, ha affermato il capo dello Stato, Sergio Mattarella, presidente del Consiglio superiore della magistratura (Csm). Un’istituzione, il Csm, che come ha specificato la ministra della Giustizia, rappresenta un “presidio costituzionale e imprescindibile dei principi dell’autonomia e dell’indipendenza dell’ordine giudiziario”. Nello specifico il numero dei membri del Consiglio superiore della magistratura salirà da 27 a 33 componenti. Passano da 8 a 10 i laici, da 16 a 20 i togati: 2 magistrati di legittimità, 5 pm e 13 giudici. Ai quali si aggiungono i membri di diritto: il presidente della Repubblica, il primo presidente di Cassazione e il procuratore generale di Cassazione. Non avverrà alcun sorteggio dei candidati e per evitare lo strapotere delle correnti si è giunti ad un sistema elettorale misto: binominale maggioritario, con quota proporzionale. Candidature individuali e senza liste. Ogni collegio binominale avrà un minimo di 6 candidati e almeno la metà saranno donne.

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