I rapporti UE-Turchia

Lo scorso 7 giugno il Parlamento Europeo ha votato in plenaria una risoluzione in cui afferma che in assenza di progressi significativi sulle riforme relative all’UE, non esiste la volontà di riprendere i negoziati di adesione con la Turchia (L’UE è il mercato più grande per le esportazioni dalla Turchia, 41,3% nel 2020, mentre la Turchia è il sesto partner commerciale dell’UE). Gli europarlamentari hanno affermato che, malgrado le ripetute dichiarazioni della Turchia sulla volontà di diventare un membro dell’UE, gli ultimi due anni hanno fatto riscontrare una marcia indietro costante sugli impegni legati al processo di adesione.

La Turchia è membro associato della Comunità economica europea dal 1963 e chiese di aderire all’Unione nel 1987. Il riconoscimento ufficiale come Stato candidato all’adesione avvenne dopo più di dieci anni, nel 1999, mentre i negoziati iniziarono nel 2005. I progressi sono stati molti lenti. Ad oggi solo 16 dei 35 capitoli sui singoli temi riguardanti l’adesione sono stati aperti e solo uno è stato chiuso. In seguito al colpo di stato del 15 luglio 2016 i negoziati sono stati di fatto interrotti e nessun nuovo capitolo è stato aperto da allora. Nel novembre 2016 gli eurodeputati hanno adottato una risoluzione per chiedere la sospensione dei negoziati fino a che non saranno cessate le repressioni politiche in Turchia.

Si apprezza lo sforzo di agire come mediatore nella guerra russa contro l’Ucraina da parte della Turchia, ma anche in questo caso gli aspetti della vicenda non hanno contorni ben definiti. Erdogan tiene un equilibrio che gli consente di non prendere posizioni nette nei confronti della Russia, se da una parte si offre per ospitare colloqui e risolvere il problema del grano, dall’altra va incontro a Putin minacciando di porre il proprio veto alla richiesta di adesione alla Nato di Svezia e Finlandia. Con lo zar continua a tenere alleanze che gli consentono di agire in Siria e contro i Curdi. Nel 2019 la Turchia ha lanciato l’operazione militare nel nord della Siria per creare una zona cuscinetto tra i due Paesi dove poter spostare i rifugiati siriani che vivono in Turchia, che ammontano a circa 3,6 milioni. Tutt’oggi il paese ospita la più grande comunità di rifugiati nel mondo. In seguito all’accordo stretto fra UE e Turchia nel marzo del 2016, il numero di migranti che sono entrati in Europa illegalmente è diminuito in modo significativo. Secondo l’accordo, tutti i migranti irregolari che arrivano sulle isole greche attraverso il confine turco vengono riportati in Turchia. In cambio, l’UE si è impegnata a versare circa 6 miliardi di euro come aiuto umanitario attraverso lo strumento per i rifugiati in Turchia.

Ma Il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan continua a usare i migranti come arma di ricatto verso l’Europa, minacciando di riaprire il confine turco accusando l’UE di non avere mantenuto le promesse fatte. A seguito della dichiarazione del presidente turco, la Grecia ha dichiarato lo stato di emergenza e i leader europei hanno approvato un aiuto finanziario di 700 milioni di euro, impegnandosi inoltre a un incremento significativo dei fondi per la migrazione e la gestione dei confini nel bilancio europeo per il periodo 2021-2027.

Le relazioni tra UE e Turchia, si sono deteriorate a tal punto da imporne un profondo riesame da parte dell’UE, come indicato nella relazione adottata dal Parlamento il 19 maggio 2021. I membri del Parlamento europeo hanno espresso la loro preoccupazione sul rispetto dei diritti umani e sullo Stato di diritto nel paese, rammentando come la Turchia si sia opposta apertamente alle sentenze vincolanti della Corte europea dei diritti dell’uomo in relazione al caso di Osman Kavala e altri. Il Parlamento europeo ha condannato le azioni della Turchia nella zona economica esclusiva della Grecia e di Cipro, esprimendo piena solidarietà con i due paesi UE nella risoluzione adottata il 17 settembre 2020. La Turchia ha invaso Cipro nel 1974, un’operazione che ha comportato una divisione dell’isola. Il territorio settentrionale di Cipro, attualmente occupato dalla Turchia, viene riconosciuto solo dalla Turchia. In seguito alla scoperta delle riserve di gas naturale nel Mediterraneo orientale, la Turchia ha utilizzato il proprio esercito per entrare illegalmente nelle acque territoriali e nello spazio aereo dei paesi vicini, portando avanti le operazioni di trivellazione. Nella risoluzione adottata il 26 novembre 2020 gli europarlamentari hanno criticato l’attuale situazione nella parte settentrionale di Cipro, occupata dalla Turchia, chiedendo severe sanzioni in risposta alle attività illegali turche.

Il relatore Nacho Sánchez Amor (S&D, ES) ha dichiarato: “In questi momenti difficili, i valori e i principi al centro di qualsiasi processo di adesione UE non possono passare in secondo piano rispetto a qualsiasi contingenza geopolitica. Ecco perché il Parlamento – e spero tutte le istituzioni UE – non dovranno rimanere in silenzio di fronte all’attuale spirale autoritaria del paese. In questo momento, invece di riconquistare la fiducia – aspetto indispensabile delle relazioni UE/Turchia – la stiamo perdendo. Il veto irresponsabile alla NATO e le crescenti tensioni con gli Stati membri UE, caratterizzati da una situazione pre-elettorale nel paese, sono segnali preoccupanti per il futuro. Se non ci saranno cambiamenti, difficilmente il processo di adesione potrà sopravvivere per altri cinque anni“.

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