La NATO, oggi più che mai
Qualche anno, mi era capitato di leggere una nota in cui il mio stimatissimo collega Sergio Romano sosteneva sul Corriere che la NATO era ormai un ferrovecchio e che andava disciolta. Scrissi, in risposta, che abolire con un tratto di penna l’istituzione che aveva assicurato per 40 anni la sicurezza dell’Europa sarebbe stato un errore gigantesco.
A quel momento la Russia non pareva una minaccia (l’ho letto anche in qualche opinione di “politologhi” americani, oltre che nella propaganda di Donald Trump, del quale, tra parentesi, le testimonianze che si accumulano davanti al Comitato del Congresso che investiga gli eventi del 6 gennaio 2021 mettono a nudo la sua pericolosa follia). Io però ricordavo e ricorderò sempre le parole di Lech Walesa, quando ammonì il Consiglio della NATO che la Russia, in quel momento indebolita, si era ritirata nella sua tana, ma che, una volta sanate le sue ferite, sarebbe tornato ad “azzannare” i suoi vicini. Lo stesso timore animava, oltre alla Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Paesi Baltici, Romania, Bulgaria e chiunque altro avesse in passato subito il tallone moscovita.
Ho vissuto in diretta gli anni dell’allargamento dell’Alleanza, ricordo la pressione dei Paesi candidati per essere accettati. Per questo mi indigna leggere qua e là che la NATO ha “accerchiato” la Russia o – come ha detto la più alta autorità religiosa del mondo – ha “provocato” la guerra in Ucraina, abbaiando alle porte della Russia.
I fatti sono purtroppo sotto i nostri occhi: giorno per giorno si dispiega la ferocia moscovita contro l’Ucraina martire, e solo la presenza della NATO, cioè degli Stati Uniti, in Europa può preservare i Paesi che dell’Alleanza fanno parte. La richiesta di adesione di Svezia e Finlandia, paesi a lungo neutrali, rappresenta la più clamorosa conferma della vitalità e dell’attualità della NATO.
In verità, non avevo bisogno della barbara aggressione all’Ucraina per credere nella permanente esigenza di una difesa collettiva, possibile solo nel quadro atlantico. Sarà stato un sesto senso, ma sin da quando ero un ragazzo (e mio padre era relatore al Senato della ratifica del Trattato di Washington che per l’Italia era stato firmato da Degasperi e Sforza), mi sentivo dalla parte giusta della Storia e da questo lato ho militato per tutta la mia carriera, in specie nei dieci anni di lavoro alla NATO.
Torneremo su questi temi a proposito delle conclusioni del vertice alleato di Madrid. Intanto, la mia modesta speranza è che persone dell’intelligenza di Sergio Romano riconoscano il loro errore e magari se ne scusino con i lettori.
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