L’Europa e noi
Il titolo scelto per questo quotidiano online è eloquente e appropriato: Futuro ed Europa sono infatti due termini inscindibili. Per tutto il Continente e specialmente per noi Italiani.
Chi ha vissuto i primi decenni del dopoguerra ricorda bene le circostanze in cui si è avviata l’integrazione europea. Il nostro Continente usciva vinto e sfinito da una guerra che, per la seconda volta in un secolo, lo aveva desolato. Occorreva agire per impedire che i conflitti fratricidi che avevano insanguinato l’Europa potessero ripetersi. Ma bisognava anche evitare che il nostro Continente cadesse tutto intero sotto il giogo dell’incombente potenza sovietica che ne occupava la parte orientale. Era giusto per questo rivolgersi al grande alleato d’Oltreoceano, gli Stati Uniti, e da questo bisogno di sicurezza nacque nel 1949 l’Alleanza Atlantica, ma era anche giusto che gli europei occidentali mettessero insieme le loro risorse per potersi, tutti insieme, difendere e ritrovare un ruolo da protagonisti nel mondo nuovo, di fronte ai giganti emergenti: Stati Uniti, URSS e, in prospettiva ormai realizzata, India e soprattutto Cina. In queste condizioni, di povertà materiale e di debolezza militare, ma anche di grande fervore ideale, ad opera di un grande europeista, Jean Monnet, secondato da personaggi della taglia di Adenuaer, Schumann, De Gasperi, Spaak – e contro la fiera opposizione della sinistra radicale e delle destre nazionaliste – nacque l’iniziativa che portò alla creazione, dapprima, della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio e dell’Euratom, e poi, col Trattato di Roma del 1957, del Mercato Comune Europeo. Questo è poi venuto evolvendosi attraverso una serie di trattati sempre più estesi e vincolanti, nella Comunità e poi nell’Unione Europea e nell’Unione Monetaria, passando via via dai 6 membri originari ai 28 attuali.
Una storia, dunque, di successo senza precedenti negli annali europei ed una grande impresa ideale e di civiltà. Per la prima volta popoli europei diversi per cultura, storia, tradizioni, geografia, si univano non per costrizione di una volontà esterna e superiore ma per libera volontà propria, e che la loro unione si dava forme e strutture che, senza essere ancora federative, sono un mix unico riflesso nella dualità degli organi dirigenti: quelli sovranazionali, quali il Parlamento, la Commissione e il Tribunale di Lussemburgo, e quelli intergovernativi, come il Consiglio Europeo e i Consigli ministeriali. La forza dell’Unione e il peso che essa ha ridato, soprattutto in campo economico, all’Europa, nella dialettica con i grandi protagonisti del mondo, di fronte ai quali i singoli Paese europei – Italia compresa – sarebbero fatalmente deboli, sono evidenti. Altrettanto la sua crescente complessità, l’accento eccessivo sul pur necessario rigore dei bilanci, una burocrazia portata a controllare troppi aspetti della vita quotidiana, nella ricerca di una uniformità talvolta inutile, l’assenza tuttora di una guida politica centralizzata e il permanere di egoismi nazionali, naturali certo, ma resistenti ai sacrifici necessari per il superiore interesse comune. Strumenti per ovviare a queste carenze ci sono, e vanno applicati con decisione ed è più che giusto battersi, come fa il Governo italiano, per un’Europea più aperta, solidale e tesa allo sviluppo.
Su questi temi torneremo più a fondo. Senza mai giustificare l’irresponsabile, demagogico ripudio di quella che è stata e resta una straordinaria avventura ideale e politica: portare tutti i popoli del nostro Continente, in nome dei valori che hanno plasmato la civiltà occidentale, a convivere pacificamente, in uno spazio di prosperità solidale, nel pieno godimento dei più avanzati diritti umani e con una cultura in continuo scambio e ricambio; e, speriamolo, un giorno con una politica estera e forze armate davvero comuni.
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