Cronache dai Palazzi
Camere sciolte ed elezioni entro settanta giorni, tantoché il prossimo 25 settembre gli italiani torneranno a votare per decidere chi guiderà il governo del Paese. Il governo Draghi rimarrà in carica fino alla nomina della prossima squadra di Palazzo Chigi per “il disbrigo degli affari correnti”. È chiaro che in questo frangente occorre mantenere un certo equilibrio, come ha sottolineato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “nell’interesse superiore dell’Italia”.
Dopo lo showdowm avvenuto in Senato mercoledì 20 luglio il premier Draghi ha deciso di abbandonare il timone di Palazzo Chigi, rifiutando un eventuale Draghi bis che non comprendesse i grillini e da formare attraverso un eventuale rimpasto di ministri.
Prima di affrontare qualsiasi manovra, Draghi ha inoltre chiesto ai partiti se fossero pronti a proseguire sulla strada dell’unità nazionale, sottolineando: “Siete voi che decidete, niente richiesta di pieni poteri”. La domanda dell’ex presidente della Bce è stata chiara: “Siete pronti ad un nuovo patto?” In sostanza: Siete pronti a fare insieme a me ciò che gli italiani ci chiedono e di cui hanno bisogno?
“L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire da capo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità”, ha affermato Draghi rivolgendosi ai senatori. La risposta è stata un fastidioso brusio da parte dell’emiciclo di Palazzo Madama, che ha lasciato intendere molto velocemente un chiaro ‘no’ alla richiesta di Draghi. Un finale forse già scritto da diversi giorni, al quale il premier dimissionario non si è assolutamente sottratto anzi, al contrario, guardando in faccia la realtà in maniera molto pratica e concreta, Draghi ha preferito individuare la via d’uscita dal Palazzo invece che tentare di rientrarci dalla finestra.
Le diverse forze politiche si sono dimostrate alquanto riluttanti di fronte alle parole dell’ex banchiere centrale che all’Aula del Senato ha rimarcato tutto quello che aveva da rivendicare, mantenendo dignitosamente il punto su quanto fatto e deciso fino ad oggi, chiaramente “orgoglioso” di quanto raggiunto, e urtando magari la sensibilità politica di alcuni, in particolare tra i grillini, ma anche tra i salviniani e i forzisti. Tutti apertamente entrati in campagna elettorale a partire da mercoledì 20 luglio. Un clima molto gradito alle forze politiche del nostro Paese, in cui la campagna elettorale è pressoché permanente ormai da diversi anni.
A proposito di riforma della concorrenza, ad esempio, interessa i servizi pubblici locai come i taxi, le concessioni di beni e servizi comprese le concessioni balneari, “serve a promuovere la crescita, ridurre le rendite, favorire investimenti e occupazione. Con questo spirito abbiamo approvato norme per rimuovere gli ostacoli all’apertura dei mercati, alla tutela dei consumatori”, ha rimarcato Draghi ammonendo: “Ora c’è bisogno di un sostegno convinto all’azione dell’esecutivo, non di un sostegno a proteste non autorizzate e talvolta violente, contro la maggioranza di governo”.
Per quanto riguarda l’invio di armi nella zona del conflitto “dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina in ogni modo, come questo Parlamento ha impegnato il governo a fare con una risoluzione”, ha chiarito Draghi. “Allo stesso tempo, occorre continuare a impegnarci per cercare soluzioni negoziali, a partire dalla crisi del grano”, per cui si è giunti ad un accordo essenziale firmato in Turchia nella giornata di venerdì 22 luglio, un accordo che Draghi auspica sia un primo passo verso la pace in Ucraina.
Ed infine Draghi ha attaccato coloro che hanno “disegnato senza discrimine e discernimento” il meccanismo di cessione del Superbonus. “Bisogna riparare il malfatto, bisogna tirare fuori dai pasticci migliaia di imprese che si trovano in difficoltà”. Ed ancora il reddito di cittadinanza che “è una buona cosa ma se è fatto male e non funziona diventa una cattiva cosa”, ha rimarcato Draghi. In sostanza “il reddito di cittadinanza è una misura importante per ridurre la povertà, ma può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro”. Per quanto riguarda ulteriori tutele a favore dei lavoratori, a livello europeo è inoltre “in via di approvazione definitiva una direttiva sul salario minimo ed è in questa direzione che dobbiamo muoverci, insieme alle parti sociali, assicurando livelli salariali dignitosi alle fasce di lavoratori più in sofferenza”. In definitiva “la contrattazione collettiva è uno dei punti di forza del nostro modello industriale” ed inoltre “c’è bisogno di una riforma delle pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita in un impianto sostenibile, ancorato al sistema contributivo”.
Molti si sono interrogati sul fatto che, forse, il premier Draghi abbia sbagliato i toni o usato parole dure, magari volutamente, proprio per chiarire di non voler accettare alcun compromesso di Palazzo, smarcandosi da ulteriori diktat e ultimatum. È stato in fondo l’ultimo tentativo da parte di Draghi di stringere i partiti intorno all’unità nazionale in un momento di crisi, una crisi che perdura e che non è stata ancora del tutto superata. Il richiamo alla “mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del governo”, che ha coinvolto il terzo settore, il mondo della scuola dell’università e della ricerca, il sistema delle imprese, delle professioni, lo sport e non per ultimo il mondo della sanità, “quello del personale sanitario, gli eroi della pandemia”. Verso tutti i suddetti interlocutori della società civile il presidente Draghi ha espresso sincera gratitudine. Si è trattato di una chiara “domanda di stabilità”, in sostanza “il senso dell’impegno” sul quale confrontarsi, come ha sottolineato Draghi. L’Italia intera chiedeva di rimanere uniti in questo frangente ma, molto probabilmente, si è trattato di un tentativo mal digerito da coloro che il nostro Paese lo rappresentano.
Nonostante tutto, il giorno dopo aver consegnato definitivamente le dimissioni nelle mani del capo dello Stato, il premier Draghi ha incoraggiato la sua squadra di governo in carica per “il disbrigo degli affari correnti” affermando: “Avanti con l’agenda delle cose da fare”, per il bene dell’Italia, tra cui i diversi progetti in atto per portare a compimento il Pnrr. “Tutti gli obiettivi dei primi due semestri del Pnrr sono stati raggiunti”, ha rimarcato con orgoglio Mario Draghi. “Abbiamo già ricevuto dalla Commissione europea 45,9 miliardi di euro, a cui si aggiungeranno nelle prossime settimane ulteriori 21 miliardi – per un totale di quasi 67 miliardi”.
Si tratta di tempi, quelli che attraversiamo, che non consentono pause”, come ha affermato il presidente Mattarella ricordando l’elenco delle priorità, tra cui per l’appunto l’“attuazione” del Piano di ripresa e resilienza nei “tempi concordati”, a cui sono legati altri venti miliardi di euro in arrivo dall’Europa. Oltretutto occorre preservare una credibilità che il premier Draghi ha ricostruito e consolidato, lavorare per non mettere a repentaglio “la sicurezza nostra e dell’Europa”. Il Parlamento nel suo insieme è chiamato a dare un “contributo costruttivo” all’esecutivo dimissionario in questo ultimo periodo di permanenza a Palazzo Chigi per il “disbrigo degli affari correnti”.
In questa fase il governo incontra di certo delle limitazioni nel corso della propria azione ma dispone comunque degli strumenti necessari per fronteggiare le esigenze esistenti e quelle che sopraggiungeranno. “Lo scioglimento anticipato del Parlamento è sempre l’ultima scelta da compiere – ha rimarcato il presidente Mattarella -, particolarmente se come in questo periodo vi sono molti importanti adempimenti da portare a compimento nell’interesse del nostro Paese. Ma la situazione politica ha condotto a questa decisione”, che si è rivelata una decisione “inevitabile” dopo il voto a Palazzo Madama, che “ha reso evidente il venir meno del sostegno parlamentare a questo governo”.
In un Paese democratico la nazione non rimane però senza un governo in grado comunque di far fronte alle varie esigenze “che si presenteranno nei mesi che intercorrono tra l’insediamento di oggi e l’insediamento del nuovo governo che sarà determinato dal voto degli elettori”, ha sottolineato il capo dello Stato. In questo frangente l’essenziale è continuare a “contrastare gli effetti della crisi economica e sociale e, in particolare, dell’aumento dell’inflazione che, causata soprattutto dal costo dell’energia e dei prodotti alimentari, comporta pesanti conseguenze per le famiglie e per le imprese”.
Si riveleranno necessari “interventi indispensabili per far fronte alle difficoltà economiche e alle loro ricadute sociali, soprattutto per quanto riguarda i nostri concittadini in condizioni più deboli. Indispensabili per contenere gli effetti della guerra della Russia contro l’Ucraina sul piano della sicurezza dell’Europa e del nostro Paese. Indispensabili per la sempre più necessaria collaborazione a livello europeo e internazionale”. Il presidente Mattarella non ha rimarcato le responsabilità dei singoli partiti a proposito della caduta del governo Draghi ma ha auspicato che le diverse forze politiche, armonizzando le differenze, considerino strategici e non di parte gli obiettivi strategici per il Paese, “pur nell’intensa, e a volte acuta, dialettica della campagna elettorale” affinché ognuno dia “un contributo costruttivo”, riguardo agli aspetti cruciali, “nell’interesse superiore dell’Italia”.
Il governo dimissionario di Mario Draghi, ancora in carica per il “disbrigo degli affari correnti”, secondo la prassi subisce un’autolimitazione e non gode della pienezza dei poteri. Non ha in pratica capacità programmatica, non si possono fare disegni di legge (Finanziaria inclusa), non si approvano decreti legislativi (come quelli della riforma fiscale e della riforma della giustizia), ad eccezione di scadenze imminenti come a proposito del Pnrr. Niente nomine. In sostanza si portano a termine le attività già in essere e se si presentano si affrontano eventuali imprevisti.
Per il resto è di fatto già partita la campagna elettorale e le diverse forze politiche lanciano ognuna la propria agenda. Il Centrodestra con Berlusconi che torna in campo lancia un programma di venti punti; la Lega ribadirà la sua storica battaglia per la Flat tax, la pacificazione fiscale, la questione dei migranti nel Mediterraneo, il tema dell’autonomia e un’eventuale riforma delle pensioni.
“La storia ci ha dato ragione” ha a sua volta affermato la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, puntualizzando: “Gli unici governi che funzionano sono quelli a maggioranza coesa” e “in un sistema parlamentare decide il Parlamento”. Meloni rassicura: “Non è vero quello che vi hanno detto sulle elezioni, Che sono spaventose. Che si blocca tutto. Il Pnrr non si blocca, come non si è bloccato in Francia, dove si è votato due volte. O in Germania. Perché nelle democrazie c’è la burocrazia e il governo che rimane in carica fino al governo successivo”.
Le nuove elezioni sono indette per il 25 settembre e le liste dovranno essere presentate entro il 22 agosto. Il nuovo Parlamento, invece, si riunirà per la prima volta durante i primi giorni di ottobre e dovrà mettersi subito a lavorare sulla legge di Bilancio, la quale dovrà essere presentata a Bruxelles entro il 15 ottobre, appena venti giorni dopo le elezioni.
Come ha rimarcato Mario Draghi “l’Italia ha bisogno di un governo capace di muoversi con efficacia e tempestività”. In sostanza “un governo che sia davvero forte e coeso e un Parlamento che lo accompagni con convinzione, nel reciproco rispetto dei ruoli”. In definitiva “all’Italia non serve una fiducia di facciata, che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi”, al contrario al sistema Italia serve “un nuovo patto di fiducia” che si auspica sia il più possibile stabile e concreto, in grado di cambiare realmente in meglio il Paese.
Da parte dei nuovi governanti e da parte dei nuovi rappresentanti in Parlamento servirà ovviamente coraggio e – dopo quasi tre anni di pandemia aggravata dal conflitto in corso tra Russia e Ucraina – per far fronte ai duri sacrifici di un autunno che si preannuncia non semplicemente caldo ma alquanto bollente, sarà necessario uno sforzo ulteriore, al servizio del Paese.
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