Il viaggio di Nancy Pelosi

Si capisce che la Speaker del Congresso, Nancy Pelosi, ha il diritto di andare dove le pare, e il Presidente non può impedirglielo. Però, quando una persona è il numero 3 nella scala di potere di un Paese come gli Stati Uniti, e per di più appartiene al partito del Presidente, ogni sua mossa deve essere calcolata avendo in vista le sue conseguenze politiche.

Sotto questo aspetto, la visita a Taiwan è un errore grossolano e inutile. Inutile, perché non cambia in meglio una situazione già di per sé difficilissima. Grossolano perché era inevitabile che a Pechino fosse vista come un’ingerenza in affari cinesi e, per dirla tutta, come una provocazione. Dopo 43 anni di mestiere, sempre più penso che la diplomazia è una cosa troppo seria per lasciarla agli incompetenti, che troppo spesso hanno in vista una visione ideologica propria, o calcoli elettorali e di opinione pubblica, e non gli interessi reali del Paese.

Con la sua presenza a Taipei, Nancy Pelosi non ha migliorato in nulla la sicurezza di Taiwan, che casomai dipende dalla eventuale decisione di difenderla in caso di attacco, decisione che appartiene al Presidente. Al contrario, ha provocato una reazione cinese che era del tutto prevedibile, cioè una minacciosa esibizione di forza militare, e la rottura della collaborazione con gli USA in materia climatica e militare. Cioè un livello di tensione quasi senza precedenti. E la cosa è tanto più grave, tenendo conto del momento di crisi con la Russia e del disperato bisogno americano di assicurarsi, se non l’appoggio, almeno una relativa neutralità.

A Biden e all’Amministrazione (il cui imbarazzo è visibile) resta solo da tentare di spegnere il fuoco o almeno impedire che si trasformi in un incendio.

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