Cinquant’anni fa la strage di Monaco

Il 4 settembre 1972 Mark Spitz vinceva la sua settima medaglia d’oro alle Olimpiadi di Monaco, un record durato quasi quarant’anni. Il giorno dopo i giochi della Ventesima Olimpiade si macchiarono di sangue nel peggiore dei modi.

Il giorno dopo un gruppo di otto terroristi palestinesi armati, entrarono nel villaggio olimpico, aiutati involontariamente da alcuni atleti canadesi che li aiutarono a scavalcare le recinzioni con le sacche di armi che vennero utilizzate per immobilizzare e prendere in ostaggio alcuni atleti israeliani.

L’azione era stata preparata in poco tempo e, sembra, ideata meno di due mesi prima. Scopo dei terroristi era quello di prendere in ostaggio quanti più atleti israeliani possibili e scambiarli con prigionieri palestinesi. I terroristi entrarono in piena notte nelle palazzine degli atleti con grimaldelli o chiavi che, si disse, potevano essere state fornite dalla Germania Est o da altre nazioni arabe. Non sono mai state trovate prove certe sul punto.

L’azione venne sicuramente rallentata dall’intervento di Yossef Gutfreund, un arbitro di lotta greco-romana che scagliò i suoi oltre centotrenta chili sulla porta da cui spuntavano le armi dando modo alla coinquilina, un’allenatrice di basket, di fuggire, ma i terroristi usarono le armi ferendo un atleta e riuscirono a prendere complessivamente nove ostaggi. Nello scontro restarono uccisi subito due atleti israeliani che avevano tentato di reagire, il pesista Yossef Romano che venne torturato e il suo corpo messo di fronte ai prigionieri come monito per evitare fughe e l’allenatore Moshe Weinberg, il cui cadavere venne gettato in strada a dimostrazione delle determinazioni dei terroristi.

I terroristi chiesero la liberazione di 234 detenuti in Israele e dei terroristi tedeschi della Rote Armee Fraktion Andreas Baader e Ulrike Meinhof, detenuti in Germania. L’unità di crisi immediatamente istituita prese contatto con il governo di Tel Aviv, e il Primo Ministro israeliano, Golda Meir fu immediatamente per la linea dura e nessuna concessione.

Il programma olimpico proseguiva e i giochi vennero sospesi solo nel pomeriggio; i terroristi rifiutarono offerte di denaro o di scambiare gli atleti con altri ostaggi al loro posto; anche il sindaco di Monaco si era offerto in tal senso. I terroristi chiesero di essere trasportati con gli ostaggi a Il Cairo, ma anche questo tentativo non ebbe buon esito ma per evitare quanto veniva minacciato (l’uccisione di un ostaggio ogni ora), si organizzò un trasferimento in elicottero verso l’aeroporto dove ostaggi e terroristi sarebbero saliti su un aereo della Lufthansa per condurli comunque in Egitto.

All’aeroporto esplose lo scontro a fuoco tra i terroristi e le forze della Germania Federale che si concluse con la morte di cinque degli aggressori, di un agente tedesco e di tutti gli ostaggi. In totale undici atleti israeliani uccisi.

I terroristi uccisi vennero sepolti in Libia, dove ricevettero gli onori militari e i tre superstiti trovarono asilo nello stesso paese. Vennero infatti scambiati con i passeggeri di un volo della Lufthansa dirottato da altri terroristi nella tratta Damasco-Zagabria. Il sospetto che quel dirottamente fosse stato gestito con l’accettazione delle richieste dei dirottatori per evitare alla Germania il processo ai terroristi è molto forte.

Si è sempre ritenuto che, anche se non coinvolto direttamente, l’allora capo dell’OLP, Yasser Arafat, fosse a conoscenza dell’intenzione dei terroristi così come l’attuale leader Mahmud Abbas che avrebbe fornito i finanziamenti.

Per quasi cinquant’anni questo episodio sembrava destinato al dimenticatoio fino a quando durante la cerimonia di apertura dei Giochi di Tokyo, per volere di Thomas Bach, presidente del Comitato Olimpico Internazionale (Cio), il minuto di silenzio osservato nel corso dell’evento è stato dedicato anche alle undici vittime israeliane di quell’attentato.

Un ultimo particolare. Il giorno successivo alla strage tutte le bandiere delle partecipanti, vennero messe a mezz’asta tranne quelle degli Stati Arabi e dell’Unione Sovietica.

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