Raffaele La Capria
Dimentichiamo un attimo la politica, non sempre un soggetto lieto, per parlare delle cose che durano.
Quest’anno, il 3 ottobre, ricorre il centenario della nascita di Raffaele La Capria, un grande scrittore italiano. La Capria ha scritto molti libri, ma la sua opera migliore, la più famosa e amata, tuttora letta, è Ferito a morte, un libro meraviglioso e difficile da riassumere, nel quale convivono il rimpianto per un amore raté, che si identifica con una vita mancata, gli struggenti ricordi di una giovinezza nella Napoli solare e marina della “bella giornata”, un’immagine cruda della borghesia meridionale e tante, tante altre cose.
Il libro, uscito nel 1961, ebbe subito grande successo di pubblico e di critica. È, a mio avviso, assieme a Il Gattopardo, uno dei libri più belli della seconda metà del Novecento italiano, questa stagione irripetibile che ha visto fiorire, come in un nuovo Rinascimento, scrittori, registi, attori indimenticabili.
Ferito a morte è uno di quei libri (pochissimi) che restano nella memoria e che si ha voglia di rileggere. Io l’ho riletto sette od otto volte, ogni volta amandolo di più, ogni volta sentendomi coinvolto nella sua magia. Non so se si trovi ancora in tutte le librerie, oggi che i libri sono prodotti di consumo destinati a durare al massimo una stagione, ma so che è reperibile nelle collezioni degli e-book. Consiglio a chi non l’abbia fatto, di leggerlo ora, per provare la stessa “felicità” di lettore che il libro ha dato, ripetute volte, a me.
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