Ti mangio il cuore (Film, 2022)

Ti mangio il cuore è un ottimo lavoro sceneggiato dallo stesso regista Pippo Mezzapesa, con la collaborazione di Antonella Gaeta e Davide Serino, partendo da un saggio sulla mafia del Gargano di Carlo Bonini e Giuliano Foschini (che hanno partecipato in sede di scrittura). Resto allibito quando leggo recensioni di veri critici cinematografici che stroncano senza possibilità di appello un simile film, capace di coniugare le esigenze dello spettacolo a quelle del cinema d’autore più raffinato.

Mezzapesa non ha girato molti lungometraggi (Il bene mio, il solo che ricordo), ma è apprezzato documentarista e autore di alcuni corti di pregevole valore. In questo film si avvale della stupenda fotografia in bianco e nero di Michele D’Attanasio e – complice un montaggio serrato (Vincenzo Soprano) e una colonna sonora adeguata (Teho Teardo) – impagina un noir che vive di vibranti colpi di scena e di imprevedibili soluzioni narrative. Attori bravissimi, su tutti metterei Tomaso Ragno (per il poco che resta in scena), Michele Placido e una sorprendente Elodie, bella e inquietante nel ruolo più importante, capace di recitare persino con lo sguardo.

Ti mangio il cuore riconcilia con il cinema italiano, prende le distanze da simili prodotti seriali molto commerciali (Gomorra, Suburra…), fa prendere coscienza su una mafia di cui si parla poco, ma dalle origini tribali e selvagge, quasi animalesche. Il film è una sorta di romanzo storico sulle vendette di mafia in Puglia, parte dal 1960 e arriva fino ai nostri giorni, narrando lo scontro per il predominio vissuto da tre famiglie che si spartiscono un fazzoletto di territorio. Tutta la pellicola è un susseguirsi di faide e omicidi, mai scontati, con mandanti che cercano di farsi strada in paese e di rivestire un ruolo di primo piano, dopo aver fatto fuori il rivale di turno. Mezzapesa realizza un gioiello dal punto di vista cinematografico, che per essere apprezzato necessita del grande schermo, sia per i paesaggi del Gargano, fotografati benissimo tra montagna e mare, che per gli sperduti casolari dove vagano pecore, maiali e mucche. Il tono è cupo, persino claustrofobico, sin dalle prime sequenze, ma la spirale di violenza e di orrore cresce e tiene in ansia lo spettatore, inconsapevole di quello che accadrà nella scena successiva.

Un film noir che sconfina nel thriller, alcuni spaccati ricordano il cinema dell’orrore più viscerale, per il livello di bestialità e di amoralità dei soggetti coinvolti. Certe scene sono particolarmente riuscite e molto efferate, altre (come la pasoliniana sequenza della merda) davvero ributtanti. Domenico Modugno con Tu sì ’na cosa grande è il leitmotiv dell’intera pellicola, la canzone che il boss ballava sempre con la moglie e che finiscono per danzare madre e figlio, ma sono importanti anche Calma e sangue freddo (Luca Dirisio), Dragostea din tei (Haiducii), El talisman (Rosana) e il brano portante Proiettili, interpretato da Elodie e Joan Thiele.

Consigliato senza mezzi termini. Da vedere in sala. Non vi fidate delle (incomprensibili) recensioni negative.

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Regia: Pippo Mezzapesa. Soggetto: Carlo Bonini e Giuliano Foschini (saggio edito da Feltrinelli). Sceneggiatura: Pippo Mezzapesa, Antonella Gaeta, Davide Serino. Fotografia: Michele D’Attanasio. Montaggio: Vincenzo Soprano. Musiche: Teho Teardo. Scenografia: Daniele Frabetti. Costumi: Ursula PatzakCase di Produzione: Indigo Film, Rai Cinema. Distribuzione: 01 Distribution. Durata: 115’. Fotografia: B/N. Interpreti: Elodie (Marilena), Francesco Patanè (Andrea), Lidia Vitale (Teresa), Francesco Di Leva (Giovannangelo), Giovanni Trombetta (Paky), Letiazia Pia Cartolaro (Immacolata), Michele Pereira De Paz (Trippone), Arturo Severo Cano (Semolino), Giovanni Anzaldo (Zigo Zago), Brenno Placido (Potito), Tommaso ragno (Michele), Michele Placido (Vincenzo).

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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