Cronache dai Palazzi
Il centrodestra unito insiste sul senso di responsabilità per la formazione della nuova squadra di governo, per la premier in pectore Giorgia Meloni “non è il tempo delle divisioni”. Nel frattempo impazza comunque il totonomi a proposito dei futuri ministri. Il nuovo governo dovrà avere una cifra “rassicurante”, si vocifera all’interno dei Palazzi, sia sul piano interno sia sul piano internazionale per quanto riguarda la prospettiva geopolitica e la credibilità dei mercati internazionali. Economia, Interni, Esteri, e anche Giustizia e Difesa, sono i dicasteri più sensibili, e per i quali sarà essenziale anche un confronto con il capo dello Stato.
Fonti di Fratelli d’Italia, soprattutto a ridosso del colloquio Meloni-Salvini, hanno sottolineato che “entrambi i leader hanno ribadito il grande senso di responsabilità” e, per quanto riguarda la compagine di governo, “non si è parlato né oggi e né in questi giorni di nomi, incarichi, attribuzioni di deleghe né separazioni di ministeri e sono prive di fondamento retroscena di stampa su presunti veti, così come le notizie già smentite da Palazzo Chigi su un “patto” Meloni-Draghi”. Si avverte comunque un clima di grande attesa e una relativa tensione giustificata dalla necessità di formare un governo “autorevole e competente” e, per di più, tenendo conto dei vari pesi e contrappesi, anche all’interno della maggioranza, per non evitare scissioni premature o sorprese di diversa natura in corso d’opera. Il leader della Lega, a sua volta, nel tentativo di smorzare toni troppo accesi, dichiara: “Siamo già a lavoro giorno e notte non sulle poltrone, sui nomi e sui ministeri, ma sulle esigenze vere del Paese: affrontare il caro bollette, il problema sicurezza, la qualità della vita, gli stipendi”. L’ipotesi che sembra probabile è una squadra di governo che sia composta da esponenti politici ma anche alcuni tecnici “di area”.
“Dobbiamo fare un governo di alto profilo, la situazione in Italia è molto difficile e dobbiamo affrontare sfide inedite, economiche ed energetiche – ha affermato il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani –. In più abbiamo una guerra alle porte”. In sostanza “serve un governo con le spalle molto larghe e se serve un non politico, un cosiddetto tecnico, sarà benvenuto. Al primo posto però dobbiamo mettere l’interesse nazionale, la visione dell’Italia nel futuro”, ha sottolineato Tajani ribadendo che sarà comunque “un governo politico”. Inoltre “saranno il candidato premier e il presidente della Repubblica, soprattutto per alcuni ministeri, a condividere la scelta di una squadra di persone competenti”. Ed ancora, “la scelta delle persone in alcuni ruoli chiave dovrà servire non solo a governare ma anche a dare dei segnali chiari a livello internazionale, segnali in primo luogo rassicuranti, agli alleati e ai mercati”, ha chiarito il coordinatore di Forza Italia.
Il primo appuntamento istituzionale è il 13 ottobre per l’elezione dei presidenti di Camera e Senato dopodiché seguiranno le consultazioni al Quirinale, molto probabilmente dal 15 ottobre. Dopo due o tre giorni, indicativamente dopo il 18 ottobre il capo dello Stato potrebbe poter fare una prima valutazione e dare un incarico esplorativo o pieno. Se l’incaricato scioglie la riserva verrà presentata al Colle la lista dei ministri con successivo giuramento di fronte al presidente della Repubblica.
Occorre stare nei tempi e soprattutto evitare di sbagliare le singole mosse, la legge di Bilancio non può attendere. Per il nuovo governo conti pubblici e crisi energetica saranno di certo i primi nodi da sciogliere. Tra le manovre economiche per ricavare risorse i forzisti propongono di ridurre il superbonus dal 110% all’80% e da un’eventuale pace fiscale si potrebbero inoltre ricavare dai 40 ai 50 miliardi. Ed infine detassare tutto ciò che non è stipendio, come i premi di produzione, per potenziare il potere di acquisto.
A proposito di crescita quest’anno il Pil è in leggero miglioramento (+3,3%) ma il prossimo anno dovrebbe subire una battuta di arresto frenando allo 0,6%, contro il 2,4% previsto nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile. Dovrebbe migliorare anche il debito: 145,4% del Pil quest’anno (invece del 147%), 143,2% nel 2023 (invece del 145,2%), grazie al “positivo andamento delle entrate” e alla “moderazione della spesa primaria”, come si legge nella Nota di aggiornamento al Def.
La squadra di governo che sta per arrivare a Palazzo Chigi avrà in sostanza a disposizione un “tesoretto” di 9-10 miliardi per poter fronteggiare i primi provvedimenti. Come ha affermato Daniele Franco, ministro dell’Economia uscente, “l’auspicio è che, in un contesto di graduale riduzione del deficit e del debito la ripresa avviata dopo la crisi pandemica prosegua e si consolidi, sostenuta da investimenti privati e pubblici”. In definitiva la manovra 2023 parte ipotecata in quanto sarebbero necessari circa 35-40 miliardi per indicizzare le pensioni, probabili proroghe del taglio del cuneo fiscale e per fronteggiare il caro bollette e sostenere famiglie e imprese. Intanto, da Bruxelles arriva il monito a non smantellare il Reddito di cittadinanza del valore di circa 8-9 miliardi, bensì rimodularlo mettendo a punto politiche di inserimento al lavoro più efficaci.
Un altro argomento fondamentale è il rapporto con l’Europa. “Davanti alle minacce comuni dei nostri tempi, non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali”, ha ribadito il premier uscente Mario Draghi a ridosso del Consiglio Energia straordinario, in cui il price cap è stato di certo il fulcro dell’incontro. Con lungimiranza, e avviandosi ormai a lasciare Palazzo Chigi, Draghi ha auspicato che nei prossimi Consigli europei i Paesi dell’Unione si dimostrino “compatti, determinati, solidali proprio come lo siamo stati nel sostenere l’Ucraina”.
“La crisi energetica” in particolare, ha aggiunto Draghi, “richiede da parte dell’Europa una risposta che permetta di ridurre i costi per famiglie e imprese, di limitare i guadagni eccezionali fatti da produttori e importatori, di evitare pericolose e ingiustificate distorsioni del mercato interno e di tenere ancora una volta unita l’Europa di fronte all’emergenza”. Sulla stessa lunghezza d’onda dell’unione la premier in pectore Giorgia Meloni, che ha ribadito: “Nessuno Stato membro può offrire soluzioni efficaci e a lungo termine da solo in assenza di una strategia comune, neppure quelli che appaiono meno vulnerabili sul piano finanziario”. A proposito di gas e di caro energia occorre infine “buon senso e tempestività” che dovrà caratterizzare anche il clima del Consiglio europeo informale a Praga il 7 ottobre prossimo.
Nel frattempo, l’Ue approva il regolamento del Consiglio che definisce dei tagli al consumo di elettricità, e stabilisce dei limiti agli extra-ricavi per coloro che producono elettricità da fonti a basso costo come rinnovabili, nucleare e carbone, oltre ad un contributo di solidarietà per le compagnie oil&gas. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha a sua volta presentato all’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, il nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, l’ottavo pacchetto, con il quale viene definito un tetto massimo al prezzo del petrolio di Mosca indirizzato ai Paesi terzi, un’azione in linea con quanto deciso all’interno del G7. Nuove personalità finiscono inoltre nella black list, tra le quali chi eluderà le sanzioni; definiti nuovi divieti all’importazione di prodotti russi per un valore di circa 7 miliardi di euro e all’esportazione di tecnologia civile in Russia. Ed infine i cittadini dell’Ue non potranno entrare a far parte degli organi direttivi delle imprese statali russe. Si tratta di un ennesimo pacchetto di nuove regole per fronteggiare l’avanzata militare e con il quale i 27 dovranno fornire un ulteriore segnale di compattezza e fermezza contro Mosca.
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