Dante (Film, 2022)

Pupi Avati porta a compimento il progetto della sua vita, quel film su Dante, che scrive dal 2003 e che modifica a più riprese nel corso degli anni, in attesa che la Rai accetti un lavoro di grande portata culturale. Avati sceglie la strada più complessa, quella non didascalica, di narrare la vita di Dante attraverso le parole di Giovanni Boccaccio e del suo Trattatello in laude di Dante, che ha ispirato il suo romanzo L’alta fantasia, il viaggio di Boccaccio alla scoperta di Dante, alla base della sceneggiatura.

La storia è narrata da una poetica voce fuori campo, che si alterna a immagini in presa diretta e flashback, disposte grazie a oniriche dissolvenze. Giovanni Boccaccio (Castellitto) viene incaricato dai capitani di Or San Michele di portare duecento fiorini d’oro alla figlia di Dante, monaca a Ravenna, come risarcimento simbolico per le ingiustizie subite dal poeta nel corso di una vita di esilio e sofferenze. Il viaggio porta Boccaccio a conoscere sempre di più Dante Alighieri, grazie a persone che l’hanno incontrato e che l’hanno visto morire, uomini e donne che gli parlano di un autore fonte da sempre della sua ispirazione, un vero fratello spirituale, che l’ha fatto innamorare della poesia.

Avati sceglie di narrare la vita di Dante grazie a flashback intensi e suggestivi, montati a dovere da un ottimo Zuccon (bravissimo regista horror, tra l’altro), partendo dalla morte della madre, fino alla scomparsa di Beatrice, passando per l’amicizia con Guido Cavalcanti, le nuove nozze del padre, l’innamoramento platonico per una donna impossibile e i duri giorni di un sofferto esilio. Bellissimo e commovente il finale, quando Boccaccio incontra la figlia di Dante, le confessa di considerare il sommo poeta come un padre, si vedono stelle come fossero lucciole, metafora dell’anima del grande esiliato, levarsi in cielo dal chiostro dove un albero di mele selvatiche a Dante ricordava Firenze e che dopo la sua morte ha smesso di dare frutti.

Il film è stato girato (dal 28 giugno 2021) soprattutto in Umbria, regione ricca di location che conservano intatto il sapore del Medio Evo, con alcune scene in Emilia Romagna (Ravenna e Cervia), altre parti nel Lazio (Tarquinia) e Roma. Prima nazionale all’Auditorium di via della Conciliazione in Roma, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un film evento, dunque, che non potevamo non vedere subito, appena uscito in sala, il 29 settembre.

Dante è la summa di tutto il cinema di Pupi Avati, ricco com’è di suggestioni horror (le bambole infantili, i morti per la peste, le cripte angoscianti), fantastiche, intimistiche, poetiche e sentimentali. La scelta di raccontare Dante, giovane innamorato di Beatrice, attraverso gli stupendi versi de La vita nova è originale e condivisibile, ricorda il Leopardi di Martone (Il giovane favoloso), altro film d’autore che sceglie la poesia e le immagini al posto di tante inutili parole per narrare l’esistenza di un poeta. Oltre tutto, a parte noi che abbiamo frequentato il liceo classico negli anni Settanta, non sono molti gli studenti che leggono La vita nova nel percorso scolastico ed è questa l’occasione migliore per innamorarsi di un capolavoro poetico che non ha uguali, senza nulla togliere al valore universale della Commedia.

Pupi Avati tiene fede a un progetto ventennale, non vorremmo esagerare nel dire che scrive il film della sua vita, che gli permetterà di essere ricordato per sempre, un lavoro colto e raffinato che non rinuncia al lato spettacolare e cinematografico, da far vedere nelle scuole per illustrare ai giovani la figura enigmatica e complessa di un uomo come Dante Alighieri. Avati fa capire come il poeta abbia concepito un capolavoro in condizioni di estrema precarietà, elemosinando ospitalità, fuggendo da sicari che volevano ucciderlo, da una corte all’altra, sempre con il desiderio di ritornare a casa. E per un po’ di tempo si è voluto illudere che sarebbe bastato completare l’opera più grande per essere di nuovo accolto a Firenze e proclamato poeta. Il film di Avati su Dante contiene l’amore per l’arte, la passione platonica per una donna, l’amicizia giovanile e l’amore letterario per un padre putativo, la passione di un Boccaccio che sacrifica la sua opera per far conoscere i versi di Dante, l’amore filiale, il dovere coniugale, il viaggio come momento di scoperta di sé stessi.

Ricostruzione dei luoghi perfetta, scenografie fantastiche, tecnica di regia con il consueto stile avatiano che non scopriamo certo oggi, fotografia del diligente Bastelli, da sempre collaboratore del Maestro. Sergio Castellitto è un ispirato Boccaccio, che strappa a Sperduti il ruolo di protagonista, a tratti pare di assistere a un film su Boccaccio che incidentalmente racconta Dante, finiamo per commuoverci quando l’attore romano piange leggendo una lettera del sommo poeta e usa quel foglio di carta per asciugarsi le lacrime. Alessandro Sperduti interpreta un giovane Dante, come gli chiede Avati, esprimendo un mix di vulnerabilità e dolcezza, emotività e passione, poetico innamoramento e ardore che caratterizzarono l’anima del poeta. Carlotta Gamba è la Beatrice dei libri scolastici, non è difficile ricordare il volto angelicato della donna del dolce stil novo, che tanto gentile e tanto onesta pare quando altrui saluta, dei versi del poeta. Scelta perfetta, dunque, che vale l’intero film, perché non si potevano sbagliare le fattezze di una Beatrice che si esprime con lo sguardo, non era facile né scontato, perché la Gamba è un’attrice esordiente. Interessanti gli altri volti che si vedono per pochi istanti, come Haber, Gianni Cavina (componente della factory avatiana da sempre, scomparso a fine riprese), lo storico collaboratore Pizzirani (Dante anziano), Milena Vukotic (rigattiera), Erika Blanc (moglie di Dante da vecchia), Lo Verso, Mastelloni (Bonifacio VIII), Beruschi (un cameo). Le musiche, intense e suggestive, sono composte da Lucio Gregoretti e Rocco De Rosa, il brano Danza delle sorelle è di Francesco Oliviero. Effetti speciali a tinte horror del grande Sergio Stivaletti.

Un film da vedere, che riconcilia con il cinema italiano, girato con cura formale, eleganza e poesia dall’ultimo dei nostri grandi registi del Novecento. Il cinema di Pupi Avati dovrebbe essere studiato nelle scuole per far capire ai giovani tutta la letteratura che sta alla base di storie a volte minimaliste, in altri casi fantastiche, intrise di momenti ordinari e quotidiani, ma anche surreali e leggendari, un’opera complessa e irrinunciabile nella nostra cinematografia, fatta di indimenticabili momenti evocativi.

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Regia: Pupi Avati. Soggetto: Giovanni Boccaccio. Sceneggiatura: Pupi Avati. Fotografia: Cesare Bastelli. Montaggio: Ivan Zuccon. Musica: Lucio Gregoretti. Rocco De Rosa. Costumi: Andrea Sorrentino. Trucco: Federico Laurenti, Andrea Giomaro. Effetti Speciali: Fabio Tomassetti, Daniela Tomassetti, Sergio Stivaletti. Scenografia: Laura Perini, Mattia Federici. Produzione: Antonio Avati. Case di Produzione: Duea Film, MG Produzione, Rai Cinema. Distribuzione (Italia): 01 Distribution. Genere: Biografico, Storico. Durata: 94’. Interpreti: Sergio Castellitto (Boccaccio), Alessandro Sperduti (Dante giovane), Enrico Lo Verso (Donato degli Albanzani), Carlotta Gamba (Beatrice), Alessandro Haber (Abate di Vallombrosa), Gianni Cavina (Piero Giardina), Leopoldo Mastelloni (Bonifacio VIII), Ludovica Pedetta (Gemma Donati), Romano Reggiani (Guido Cavalcanti, Paolo Graziosi (Alighiero di Bellincione), Mariano Rigillo (Meneghino Mezzani), Valeria D’Obici (Suor Beatrice), Fabrizio Pelizzi (Fazio da Micciole), Giulio Pizzirani (Dante anziano). Erika Blanc (Gemma Donati anziana), Milena Vukotic (rigattiera), Nico Toffoli (Ser Manetto Donati), Eliana Miglio, Cesare Cremonini (Lottieri), As Chianese, Morena Gentile (donna gozzuta), Augusto Zucchi, Enrico Beruschi, Leonardo Della Bianca (Francesco Alighieri), Andrea Santonastaso, Filippo Velardi (Bernardino da Polenta), Sofia Vittoria Renzi (sorella Beatrice).

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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Un Commento

  • Grazie Pupi! Il tuo Dante: Magnifico!

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