Terrorismo
L’attacco al ponte che unisce la Crimea al territorio russo è una bravata ucraina che aveva due scopi: uno strategico e l’altro psicologico. Quello strategico, colpire una via di comunicazione importante per le FFAA russe, è stato parzialmente raggiunto: il traffico è stato interrotto, ma sarà ripristinato. Quello psicologico invece è stato centrato: il ponte non è solo il simbolo dell’annessione della Crimea alla Madrepatria, ma una delle opere principali del regime, l’orgoglio di Putin. Questi ha reagito nel modo più grottesco: accusando Kiev di terrorismo. Lui, le cui forze uccidono civili ucraini a centinaia, distruggono case, scuole, ospedali, città intere! Ma la risposta non è stata solo a parole: immediatamente si è scatenata la furia selvaggia del Cremlino, con attacchi missilistici a tappeto che hanno fatto decine di morti e feriti civili e distrutto persino l’area giochi di un parco della capitale. Se questo non è terrorismo, come ha subito detto la Casa Bianca, cos’altro è?
Il fatto è che Putin è sempre più prigioniero del proprio labirinto, probabilmente anche tallonato dall’ala nazionalista estrema del regime, a cui dà voce lo scellerato Medvedev. E poiché da parte ucraina non c’è nessun segno di cedimento, siamo in una spirale pericolosa. Quelli che vorrebbero fermarla, benintenzionati come il Papa, od opportunisti come Giuseppe Conte, hanno ragione a chiedere ad alta voce dialogo e pace. Tutti la vorremmo, ma sono pericolosamente carenti quando mancano di levare il dito accusatore contro i criminali di Mosca e il loro capo.
Si avvicina l’inverno, che da quelle parti vuol dire neve e ghiaccio e rende le operazioni sul terreno molto più difficili, come hanno imparato sia Napoleone che Hitler. Però se questo rende difficili le manovre di terra, permette ai russi di lanciare, da barbari e vigliacchi, attacchi missilistici ai centri abitati dell’Ucraina.
Ancora una volta, il solo argine sta nella determinazione americana a difendere quel paese (e tutti noi) dal terrorismo asiatico di Putin e a fornire a Kiev i mezzi per sopravvivere.
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