I guai di Liz Truss
Dopo poche settimane dall’arrivo a Downing Street, la Premier inglese Liz Truss è già nei guai fino al collo. La sua prima mossa in politica economica, cioè l’abbassamento delle tasse ai più abbienti, ha provocato uno sconquasso: caduta della sterlina, turbolenza nei mercati, opposizione della Banca d’Inghilterra. Per cui ha dovuto affrettarsi a fare marcia indietro, abolendo tutte le misure prese e licenziando il suo Ministro dell’Economia, Kwasi Kwarteng, al cui posto è andato il conservatore vecchio stile Jeremy Hunt, Ministro in governi precedenti (tra l’altro, agli Esteri). Hunt ha cancellato il piano Truss e annunciato il ritorno all’ortodossia finanziaria.
Il risultato politico è che Liz Truss è in serie difficoltà con i deputati del suo Partito, alcuni dei quali cominciano a chiedere apertamente che si dimetta. I laburisti, a cui i sondaggi danno un vantaggio di 30 punti sui Tory, naturalmente chiedono elezioni subito.
Dopo la tempesta Johnson, ora c’è la tempesta Truss. Nessuno sa come andranno a finire le cose. Da un punto di vista generale, sarebbe augurabile che la Gran Bretagna mantenesse o ritrovasse una certa stabilità, dato il ruolo internazionale che continua a svolgere. I guai di Liz Truss nascono dall’ideologia: lei appartiene all’ala più a destra del partito, di stampo quasi trumpiano, convinta che i ricchi debbano pagare meno tasse. Ha cercato di mantenere le sue promesse elettorali, che l’avevano fatta scegliere dagli iscritti al partito, promesse che però prevedevano anche un aumento nelle spese per la difesa e la sanità. Ricette certe per un aumento del deficit fiscale.
Il suo esempio dovrebbe servire di lezione a Giorgia Meloni e al suo futuro governo di centrodestra: le promesse facili sono o rovinose o impossibili da mantenere e l’economia è un tema delicatissimo, da maneggiare con cura e prudenza. La tendenza all’indebitamento va frenata, checché ne dica Salvini. Il populismo, di sinistra e di destra, finisce sempre in disastri. Dalla composizione del prossimo governo, e dalle sue prime mosse economiche, capiremo se Giorgia Meloni ha compreso la lezione.
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