Che succede in Gran Bretagna?
L’economia inglese non appare in gran forma: il PIL del terzo trimestre 2022 è scivolato in territorio negativo (-0,1%) e potrebbe essere l’inizio di un periodo di recessione. L’inflazione si muove ormai intorno al 10%, mentre il debito pubblico ha raggiunto il 104% del PIL (era al 77% nel 2018).
Il 23 settembre l’ex Premier Liz Truss, per dare uno shock alla crescita inglese, ha presentato una manovra imperniata su un taglio delle tasse per 45 miliardi, il più forte taglio delle tasse dal 1972. Fra le varie misure previste nella Manovra, la riduzione dal 45% al 40% dell’aliquota sui redditi più alti, quelli oltre le 150 mila sterline, ma anche la conferma dell’aliquota al 19% sui profitti delle aziende, che il governo Johnson invece aveva già deciso di elevare al 25% dal 2023.
Dopo questo piano si è scatenato l’inferno: i mercati sono entrati in fibrillazione, con massicce vendite di titoli di Stato, che hanno coinvolto anche i fondi pensione inglesi; lo Spread ed i tassi interesse sono schizzati verso l’altro, contagiando anche i tassi interesse sui mutui di 5 milioni di famiglie inglesi. In pochi giorni la borsa ha perso il 10%, la sterlina ha perso l’8%, posizionandosi vicino alla parità con il dollaro, e la Banca Centrale d’Inghilterra è stata costretta ad intervenire con un massiccio programma di acquisto i titoli di Stato per 65 miliardi di pound.
Essenzialmente hanno concorso tre motivi. Il primo motivo è di natura economica: la manovra di “catastrophe-Truss” – così l’hanno chiamata gli inglesi – composta di 45 miliardi di tagli alle tasse e 60 miliardi di ulteriore spesa per calmierare l’emergenza energetica, è stata presentata senza alcuna copertura finanziaria specifica, di conseguenza i mercati hanno ritenuto che l’intera manovra fosse finanziata in deficit, ossia a spese di un debito pubblico già in forte accelerazione.
Il secondo motivo è di natura essenzialmente sociale: affermare l’idea ultraliberista di dare ai ricchi affinché la ricchezza arrivi anche alle classi più povere, nel momento in cui in Inghilterra si accentuano gli scioperi per ottenere rivendicazioni salariali anche minime, è socialmente insostenibile (da evidenziare, a questo proposito, che la manovra della Truss prevedeva anche la cancellazione del tetto agli stipendi dei banchieri della City).
Il terzo motivo è invece di natura più emozionale: oggi l’ultima cosa che deve fare un Paese pesantemente indebitato è perdere la fiducia dei mercati con mosse politico-economiche azzardate e insostenibili, ancora più grave se, come ha fatto la signora Truss, si sottovaluta la capacità di reazione emotiva dei mercati già stressati da uno scenario di emergenze multiple.
[NdR – Fonte Teleborsa.it che si ringrazia per la collaborazione – Andrea Ferretti è docente al Master in Scienze economiche e bancarie europee LUISS Guido Carli]
©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione