Cronache dai Palazzi
Una squadra di governo “fondata su autorevolezza e competenza”. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito con queste parole il nuovo esecutivo, ormai al completo dopo il giuramento dei viceministri (8) e dei sottosegretari (31), dei quali 26 uomini e 13 donne. “Sarà un’avventura lunga, spero, ma difficile, di sicuro, e spero entusiasmante”, ha affermato Giorgia Meloni rivolgendosi ai sottosegretari e ai viceministri appena nominati, subito dopo il loro giuramento sulla Costituzione. Dopo aver giurato “non rappresentate voi stessi e nemmeno un partito, ma la nazione”, ha sottolineato Meloni. “Siete all’altezza di questo compito, o si è ritenuto che lo foste”, ha aggiunto la premier chiudendo il giuramento a Palazzo Chigi e, attraverso la parola “ritenuto”, lasciando intravedere la soppesata trattativa con gli alleati di governo anche per le nomine dei sottosegretari e dei viceministri.
In settimana la presidente Meloni ha inoltre raggiunto Bruxelles nel suo primo viaggio all’estero. Ad accoglierla a braccia aperte la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola che ha definito la neopremier una donna “coraggiosa e determinata” e “con le idee molto chiare”. Molta la carne sul fuoco nel corso dei colloqui con i vertici Ue, Roberta Metsola, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel: il sostegno all’Ucraina e l’assistenza militare, le sanzioni contro Mosca e la ricostruzione. Ed ancora il Pnrr e il prezzo del gas. A proposito di quest’ultimo, l’Italia ha chiesto alla Commissione europea una definizione concreta di un corridoio dinamico al prezzo del gas prendendo in seria considerazione la stesura di un piano come è avvenuto per la pandemia.
La premier italiana ha confermato anche la sua idea di Ue, ossia “un’Europa confederale in cui non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma e viceversa. Abbiamo avuto un’Europa invasiva nelle piccole cose e assente nelle grandi”. E, a proposito del proprio destino politico, Meloni ha specificato: “Non sto qui per sopravvivere guardando i sondaggi. Tra 5 anni non voglio essere rieletta ad ogni costo. Se vivi nel terrore di non essere rieletta, sei destinata a non cambiare niente”. Nel frattempo, all’Italia dovrebbero arrivare circa 7,3 miliardi da Bruxelles.
Raccontando il colloquio con le istituzioni europee, la premier Giorgia Meloni ha affermato: “Non siamo dei marziani ma persone in carne ed ossa che spiegano le loro posizioni e mi pare che dall’altra parte ci fossero persone che avevano voglia di ascoltare”, specificando quindi il clima di dialogo che ha caratterizzato la missione a Bruxelles. In sostanza, molto “probabilmente parlare con le persone direttamente può aiutare a smontare una narrazione che è stata fatta sulla sottoscritta, e sul governo italiano”, ha dichiarato Meloni.
“Ho voluto organizzare qui a Bruxelles la prima visita ufficiale del governo italiano al di fuori dei confini nazionali – ha spiegato il presidente del Consiglio – per dare il segnale di un’Italia che vuole partecipare, collaborare, difendere il proprio interesse nazionale, nella dimensione europea, cercando insieme agli altri Paesi le soluzioni migliori alle grandi sfide che stiamo affrontando”.
Tra le sfide più urgenti vi è senza dubbio la crisi in Ucraina e “il dominio di conseguenze che produce, e quindi ovviamente il tema della necessità di dare il prima possibile concretezza a una soluzione europea sul tema del prezzo dell’energia, di un tetto al prezzo del gas”. Ed ovviamente “come spendere al meglio le risorse del Pnrr” e “come lavorare insieme in modo che queste risorse possano effettivamente arrivare a terra, anche ragionando sulle grandi priorità”.
Per quanto riguarda i flussi migratori, inoltre, per l’Italia “la priorità diventa quella già prevista nelle normative europee della difesa dei confini esterni”. Una posizione ribadita anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani che rispetto agli ultimi eventi nel mar Mediterraneo ha spiegato: “Abbiamo soltanto chiesto che le navi delle Ong rispettino le regole europee quando salvano qualcuno in mare e poi chiedono di attraccare nei porti più vicini. Lo abbiamo fatto in maniera ufficiale – ha sottolineato Tajani -, con grande garbo ma anche con grande fermezza”. In sostanza per il ministro degli Esteri italiano “serve una collaborazione tra tutti i Paesi europei, ma anche con i Paesi dei Balcani, per fermare l’immigrazione illegale perché rischia di diventare un problema sempre più grave per tutti quanti noi”. Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Il Viminale ha infatti ribadito che l’Italia non intende farsi carico di tutti i migranti che si trovano sulle navi delle Ong nel Mediterraneo, sottolineando la necessità di chiedere asilo agli Stati di bandiera.
La Commissione europea ha a sua volta ribadito di non essere “responsabile del coordinamento” delle azioni di salvataggio in mare ma “salvare vite in mare è un dovere morale e un obbligo legale di diritto internazionale degli Stati membri indipendentemente dalle circostanze”. Nel frattempo sono circa mille le persone sulle navi Ocean Viking, Geo Barents e Humanity 1 al largo della Sicilia, fuori dalle acque italiane, in attesa di un porto dove approdare. E nel corso dei prossimi giorni se ne aggiungeranno altre.
“Con un decreto interministeriale abbiamo imposto di fermarsi in rada”, ha affermato Piantedosi in conferenza stampa, potranno approdare solo le persone ritenute in difficoltà mentre “per gli altri la nave verrà invitata a dirigersi in acque internazionali”. In sostanza, il Viminale ribadisce che soccorrere i migranti sulle navi Ong “sia un problema che vada condiviso con i Paesi bandiera. In ossequio ai principi di diritto internazionale”.
Il caso delle tre navi Ong non è stato affrontato frontalmente in sede europea dal presidente Meloni incontrando i vertici Ue, i quali hanno a loro volta sottolineato, da parte di Giorgia Meloni, “l’intenzione di essere un partner leale e orientato a trovare soluzioni all’interno dell’Ue”. Per quanto riguarda i rapporti tra Italia e Ue, in prospettiva, negli anni che verranno, si auspica che vengano prodotti “una serie di dossier molto concreti” nel corso del breve e del lungo periodo.
Il Consiglio dei ministri ha infine varato la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Def), la cosiddetta Nadef propedeutica alla legge di Bilancio, annunciando in conferenza stampa, prima di tutto interventi per fronteggiare il caro bollette. Per il 2022 sarebbero disponibili, da subito, 9,5 miliardi, per un “totale di 30 miliardi” fino alla fine del 2023.
“Per il 2023 abbiamo fatto una scelta importante”, ha specificato la presidente Giorgia Meloni, spiegando: “Nella Nadef abbiamo previsto un indebitamento netto al 4,5% che poi va a calare fino al 3% nel 2025, e questo ci consente di liberare 22-23 miliardi che ugualmente intendiamo usare in via esclusiva per il caro energia”. In totale, con la Nadef individuiamo 30 miliardi per il caro energia fino al 2023”. Nel 2022, nello specifico, la Nadef “in forza dell’extragettito” dell’Iva e “una crescita dello 0.5% in più del Pil” consente di “liberare 9,5 miliardi” da impiegare per combattere il caro energia. “Facciamo appello al Parlamento affinché lo approvi in tempi brevi”, ha affermato la premier Meloni, invocando inoltre una “giusta e necessaria” risposta europea per affrontare la questione del caro energia. “Diversi Paesi propongono modelli come lo Sure sui quali le posizioni sono variegate e noi siamo favorevoli. E sicuramente ritengo che dovremmo usare tutte le risorse esistenti, dal Repower Ue ai Fondi di coesione non usati”, ha spiegato Giorgia Meloni. Un approccio che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha definito “prudente, realistico e sostenibile”, pur prevedendo un indebitamento maggiore rispetto al previsto. Per il ministro Giorgetti la funzione principale della Nadef è “mitigare gli effetti del caro energia” su famiglie e imprese.
Per quanto riguarda il prezzo del gas è in discesa ma “non durerà molto se non ci saranno segnali seri e concreti”, ha affermato Meloni specificando che nell’ultimo Consiglio europeo sono stati fatti passi in avanti ma “dobbiamo metterci in sicurezza: questa è la priorità”. Il 24 novembre si svolgerà un nuovo Consiglio Energia per adottare delle decisioni sulle misure contro il caro prezzi, a proposito dell’acquisto coordinato di gas in vista dell’inverno ormai alle porte e, infine, un cap dinamico al Ttf che potrà essere applicato fin da subito.
L’obiettivo deve essere rendere autonoma la nostra Nazione dal punto di vista energetico, per cui con l’emendamento sull’estrazione di gas presentato come emendamento al dl Aiuti ter, “viene autorizzata l’estrazione da giacimenti nazionali con capacità sopra a 500 milioni di metri cubi. Potenzialmente si stima una quantità di 15 miliardi di metri cubi sfruttabili nell’arco di 10 anni”, come ha spiegato il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin a ridosso dell’ultimo Cdm. In sostanza l’emendamento al decreto Aiuti ter permetterà nuove estrazioni in mare, per rendere l’Italia più indipendente sul fronte del gas e metterlo a disposizione delle aziende gasivore a prezzi calmierati.
A proposito di crescita, la Nadef prevede un incremento del Pil pari allo 0,6% nel 2023, “inferiore rispetto a quella che poteva essere la previsione più ottimistica. Il deficit si attesterà “al 4,5% rispetto al tendenziale del 3,4% creando spazio per fare un intervento che riteniamo doveroso per famiglie e imprese che ammonta a circa 23 miliardi per l’energia”, ha spiegato il ministro dell’Economia Giorgetti a ridosso dell’approvazione della Nadef. Il deficit scenderà fino al 3% nel 2025. L’esecutivo prevede anche “una discesa del debito costante fino a 141,2% nel 2025”, ha aggiunto Giorgetti. Il ministro dell’Economia ha inoltre spiegato che la spending review per i ministeri è una “misura necessaria”. I tagli per circa 800 milioni di euro nel 2023, 1,2 miliardi nel 2024 e 1,5 miliardi nel 2025, corrispondono ad una norma prevista dal Pnrr. “Siccome gli italiani fanno dei sacrifici è come una bolletta arrivata ai ministeri da pagare, per mettere questi risparmi per mitigare le bollette degli italiani. Ognuno deve fare qualche sacrificio”. Per quanto riguarda il Reddito di cittadinanza il presidente Meloni ha annunciato un incontro con i sindacati la settimana prossima.
In occasione della Giornata delle Forze Armate, il 4 Novembre, che è anche Giorno dell’Unità nazionale, da Bari il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha a sua volta ribadito che “non vogliamo e non possiamo abituarci alla guerra”. “La pace continua a gridare la sua urgenza” nonostante le enormi difficoltà nel raggiungerla: “Sono passati molti mesi senza che si intraveda uno spiraglio”, ha ammonito il capo dello Stato. Occorre perseguire “una pace giusta, fondata sul rispetto del diritto internazionale e sulla libera determinazione del popolo ucraino”, come di tutti gli altri popoli nel resto del Pianeta.
Dopo decenni di relativa stabilità (in Occidente), “ci siamo abituati alla pace”, ha affermato il presidente Mattarella, ma “la tragedia della guerra” è riapparsa ai confini dell’Europa unita, civile e democratica “a causa della sciagurata e inaccettabile aggressione che la Federazione russa ha portato contro l’Ucraina e il suo popolo”. In ogni modo, la pace rimane “l’antidoto più forte a egoismi e nazionalismi”.
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