Cronache dai Palazzi

La Manovra del 2023 approderà in Consiglio dei ministri lunedì prossimo 21 novembre ed entro fine mese dovrà raggiungere Bruxelles, mentre entro fine anno il Parlamento dovrà approvarla per evitare l’esercizio provvisorio.

Una legge di Bilancio da oltre 30 miliardi di cui circa 21 miliardi in disavanzo innalzando il rapporto tra il deficit e il Pil al 4,5 per cento, per il 2023. L’ammontare in deficit sarà impiegato in toto per concretizzare le misure contro il caro energia. In corso, inoltre, trattative per pensioni e pace fiscale. Eliminato invece dal dl Aiuti quater (9,1 miliardi per interventi contro il caro bollette) l’innalzamento del tetto del contante da mille a 5 mila euro. Secondo il Quirinale mancavano gli essenziali requisiti di necessità e urgenza per essere inserito in un decreto legge. L’esecutivo si ripropone di reinserire la misura relativa al tetto del contante nella prossima Finanziaria, tra l’altro tale misura sarebbe entrata in vigore da gennaio 2023.

La premier Meloni insiste sulla linea “realistica” in quanto la manovra deve fare i conti con la realtà dei fatti. Circa due terzi della manovra verranno assorbiti dalle misure contro il caro-energia. Prevista inoltre una “pace fiscale” anche se il ministero dell’Economia ha sottolineato che “nessun condono di carattere penale troverà posto nella manovra”. In forse invece la flat tax incrementale per i lavoratori dipendenti e si studia per un intervento sui premi di produttività: fino a 3 mila euro con aliquota al 5% (ora al 10%), oltre i 3 mila euro al 15%. Alla maggioranza il presidente del Consiglio ha ribadito che per ora non si può fare di più ma la prospettiva è l’intera legislatura quindi ci sarà tempo per concretizzare i vari obiettivi.

Per ora, a parte i 21 miliardi requisiti aumentando il deficit, le diverse misure messe nero su bianco dovranno avere una copertura reale derivante da tagli di spesa o eventuali aumenti delle entrate come si prevede attraverso la nuova tassa sugli extraprofitti delle imprese energetiche, che sarà riformulata passando dall’attuale 25% al 33%, misurando l’extraprofitto sull’utile invece che sul fatturato, con l’obiettivo di recuperare circa 5 miliardi. Da un’eventuale voluntary disclosure per il rientro dei capitali dall’estero si potrebbero inoltre ricavare un paio di miliardi, anche se una tantum. Più dura invece la partita sul Reddito di cittadinanza: è stata annunciata un’eventuale stretta, per quanto riguarda le regole per beneficiare del sussidio, attraverso la quale si potrebbe recuperare un altro miliardo. Per quanto riguarda la spending review nel 2023 i tagli nei ministeri saranno di circa 800 miliardi, e di 2,7 miliardi nel biennio successivo.

Il perimetro della legge di Bilancio sembra essere definito da due fattori: il poco tempo a disposizione del nuovo governo che, praticamente, si è appena insediato; il secondo fattore fondamentale è il caro energia e quindi l’emergenza bollette che, entrando nel vivo della stagione invernale e incontrando necessariamente una diminuzione delle riserve di gas, sono destinate a peggiore i conti in tasca dei cittadini. Da qui la decisione di destinare la “dote” di 21 miliardi di euro, ottenuta tramite il deficit aggiuntivo, esclusivamente alle misure contro il caro bollette. In totale la manovra dovrebbe prevedere un budget di circa 33 miliardi di euro se Bruxelles approverà l’uso dei fondi strutturali, altrimenti ci si fermerà ai suddetti 30 miliardi. Sono quindi solo dieci i miliardi a disposizione per attuare le diverse misure promesse in campagna elettorale.

La flat tax sarà ad esempio limitata alle partite Iva fino a 85 mila euro (ora il tetto è 65 mila), mentre per quanto riguarda le pensioni si prevede una riforma strutturale ma per ora si ipotizza Quota 41 (gli anni di contributi) e 62 anni di età per poter lasciare il lavoro; in pratica si tratterebbe di Quota 103 al posto di Quota 102 che scade il 31 dicembre. I lavoratori che potrebbero uscire dal mondo del lavoro con uno o due anni di anticipo rispetto alla soglia prevista (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne) sarebbero circa 50 mila. In definitiva Quota 103 dovrebbe essere applicata solo nel 2023 per poi realizzare successivamente una riforma più organica.

La stretta sul Reddito di cittadinanza, invece, consisterà prima di tutto in una esclusione temporanea di coloro che sono abili al lavoro e che rifiutano un impiego. Ed infine la tanto attesa riduzione del cuneo fiscale, che non sarà però di cinque punti ma si prevede una proroga dell’attuale taglio di due punti in favore dei lavoratori dipendenti con redditi fino a 35 mila euro. Dura a tale proposito la reazione di Confindustria: “Se il taglio del cuneo fiscale sarà inferiore a quello che ci attendiamo perché tutte le risorse saranno messe a disposizione per fronteggiare il caro energia saremo d’accordo, ma se invece si metterà mano a nuovi prepensionamenti saremo inflessibili. Basta prepensionamenti per fini elettorali”, ha ammonito il presidente degli industriali, Carlo Bonomi. Per Viale dell’Astronomia, inoltre, nella manovra “manca una visione sul mondo del lavoro”.

La manovra economica prevederebbe anche una “tregua fiscale” per il 2023, tantoché dovrebbero essere cancellate le cartelle esattoriali fino a 1000 euro e fino al 2015. Quelle fino ai 3mila euro (fino al 2015) saranno ridotte del 50%; sanzioni e interessi potrebbero essere annullati. Coloro che non sono riusciti a pagare in tempo negli ultimi 3 anni potranno infine procedere ad una nuova rateizzazione dei pagamenti senza incorrere in alcuna sanzione ulteriore.

Tra le riforme in ballo riemerge il tema dell’autonomia regionale per cui il ministro Roberto Calderoli ha presentato una bozza alle Regioni, sottolineando che “è stata una sede di confronto e non di scontro”, come si temeva. È stato il primo faccia a faccia tra Stato e Regioni sulle autonomie regionali differenziate uno storico cavallo di battaglia leghista incluso nel programma di governo ma che rappresenta, in ogni modo, un tema complesso e articolato.

L’opposizione, in particolare i dem, ritengono che alcune materie possono essere trasferite alle Regioni ma si rischia il proliferare delle disuguaglianze in particolare per quanto riguarda la Scuola e la Sanità. Il ministro Calderoli ha comunque ribadito che “le materie che possono essere trasferite sono quelle previste dalla Costituzione”. Per quanto riguarda la proposta, Calderoli sottolinea: “È una bozza che ricalca il lavoro dei miei predecessori. Ma tutto è da scrivere insieme”. Le più scettiche sono le Regioni del Sud ma Calderoli assicura che “nessuno subirà riduzioni dei trasferimenti. Ma la Regione che riuscisse a risparmiare sui nuovi compiti, potrà scegliere se garantire più servizi o abbassare la tassazione”. Occorre comunque chiarire in che modo cambieranno i trasferimenti in seguito alla “devoluzione” delle competenze. Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Calderoli propone di “partire dalla spesa storica per poi, in base ai costi e ai fabbisogni standard, superarla”. Molti governatori, infine, anche al Nord – ad esempio Stefano Bonaccini dell’Emilia Romagna -, ritengono che la Scuola non debba essere considerata tra le competenze che lo Stato può cedere.

Infine, la questione migratoria per fronteggiare la quale l’Italia intende muoversi all’interno della cornice dell’Unione europea. È questo il messaggio fondamentale che il ministro Matteo Piantedosi ha espresso nel corso del G7 dei ministri degli Interni, che si è svolto in Germania sotto la presidenza tedesca. Il summit era centrato sul contrasto della criminalità organizzata, il terrorismo, l’estremismo e la lotta contro le minacce ibride. In sostanza il tema dei migranti non era parte dell’agenda ufficiale ma si è imposto nel corso degli incontri bilaterali, a ridosso dei fatti degli ultimi giorni. Bilaterali che il ministro Piantedosi ha avuto con la collega tedesca Nancy Faeser e con la commissaria europea agli Affari Interni Ylva Johansson. Piantedosi ha sottolineato la “forte convergenza, sia con la ministra tedesca che con la commissaria”. Fonti del governo tedesco hanno a loro volta ribadito la volontà dell’Italia, espressa dal ministro Piantedosi, di agire all’interno del quadro delle regole dell’Ue per quanto riguarda la questione dei flussi migratori. Nel contempo, da Bruxelles, la Commissione europea assicura di lavorare a un piano d’azione sulle migrazioni anche in seguito alle tensioni tra Francia e Italia. Di tale piano se ne discuterà nel corso del Consiglio per gli Affari Interni straordinario convocato per il prossimo 25 novembre, al quale l’Italia intende partecipare attivamente portando anche un contributo “documentale”. Il nostro Paese ribadirà la proposta di creare canali d’ingresso regolari, attraverso il potenziamento di “alcune nostre grandi esperienze messe in campo da tempo in Europa, come i corridoi umanitari”. Nel contempo occorrerà “rendere più efficaci i meccanismi di rimpatrio e aumentare il contrasto dell’immigrazione illegale”. In definitiva, secondo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, condividendo “politiche comuni che risolvano alla radice i flussi migratori irregolari delle migrazioni”, gli eventi degli ultimi giorni si trasformeranno in “episodi marginali”.

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