Ricordo di “Gerry White”

La scomparsa di Gerardo Bianco non ha “fatto notizia”. Quello che la stampa chiamava, un po’ ironicamente e un poi affettuosamente “Gerry White” non era un politico di primo piano. Solo negli ultimi anni dell’agonizzante Seconda Repubblica e nella crisi della DC, aveva assunto una certa visibilità, restando però sempre un uomo semplice, nel fondo modesto, con molto senso dell’autoironia.

In quel periodo ero a Roma, al Ministero, e varie circostanze mi avevano portato a conoscerlo bene. Era un uomo colto, onesto, con un chiaro senso della transitorietà delle cose umane e delle sue proprie limitazioni. Per qualche giorno, dopo le dimissioni del Ministro Scotti, di cui ero il Capo di Gabinetto alla Farnesina, suonò il suo nome come sostituzione. Com’era naturale, lo sentii al telefono, facendogli i miei auguri. Mi disse che, in effetti, si parlava di lui per gli Esteri, ma mi confidò di non contarci troppo, perché nel velenoso gruppo che aveva ancora in mano la DC (Gava, Forlani etc.) lui non godeva di molte simpatie. Lui stesso, del resto, si chiedeva se avesse senso assumere quella carica in un periodo di evidente e traballante incertezza e in un governo chiaramente a termine. Scotti aveva fatto lo stesso ragionamento, preferendo restare deputato che Ministro, visto che la Segreteria della DC aveva decretato, contro ogni legittimità, questa incompatibilità, che in seguito è caduta. Ma al termine della nostra conversazione, “Gerry White” mi disse scherzosamente che alla fine avrebbe accettato gli Esteri se io gli avessi garantito di restare come suo Capo di Gabinetto.

Fugaci giorni! Alla Farnesina tornò, contro la volontà del Primo Ministro Amato, ma per volontà della DC, Emilio Colombo, che non era più parlamentare. E il destino per me cambiò radicalmente, come spesso succede nelle cose umane. Quando andai alla NATO, ho continuato a sentire di tanto in tanto il mio amico, per una certa disposizione d’animo che mi ha spesso portato a coltivare relazioni ormai inutili. Ora che se ne è andato, vorrei che di lui si ricordassero la modestia, l’umorismo e il buon senso, doti che non sono troppo diffuse nella classe politica.

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