Camera di Consiglio

REVISIONE ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI – In caso di coppie separate, divorziate o ex conviventi, uno dei motivi di maggiore litigiosità deriva dalla quantificazione dell’assegno di mantenimento per i figli minori, che deve essere versato, di norma, dal genitore non collocatario.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 13664/2022, è tornata sull’argomento. Nel caso in esame, la Corte doveva decidere circa la domanda da parte di una madre che si era vista dichiarare non fondata in sede di appello la domanda diretta ad incrementare l’assegno di mantenimento della figlia minore a carico dell’altro genitore, alla luce del fatto che, secondo la Corte d’Appello, le accresciute esigenze di vita della figlia avrebbero dovuto ritenersi assorbite dal versamento delle spese straordinarie già assegnate in via maggioritaria per il 70% a carico del padre, già in primo grado.

La donna, dunque, deduceva la violazione e la falsa applicazione, dell’art. 337 ter c.c. (secondo il quale ciascuno dei genitori deve provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, mentre il Giudice può stabilire la corresponsione di un assegno periodico a favore del figlio tenendo conto anche delle “attuali esigenze del figlio”, oltre ad altri parametri, tra cui il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori) sul rilievo che la Corte d’Appello aveva negato l’incremento dell’assegno di mantenimento della figlia minore, ritenendo erroneamente che le pur modificate esigenze di vita di quest’ultima in ragione della sua crescita anagrafica fossero coperte ed assorbite dalle spese straordinarie, poste per la maggior parte a carico del padre.

La madre ne usciva vittoriosa: infatti, la Cassazione evidenziava che la Corte d’Appello non aveva disconosciuto l’incremento delle esigenze di vita della minore cresciuta anagraficamente, mentre si svolgevano i procedimenti di separazione e divorzio dei genitori; inoltre, l’affermare semplicisticamente che la maggiore incidenza di esigenze di vita fosse “assorbita” dal versamento delle spese straordinarie, senza nulla aggiungere, si pone in evidente contrasto con il disposto normativo di cui all’art. 337 ter c.c.

La Corte dichiarava che risultava “evidente che le esigenze di cura, educazione, istruzione e assistenza di cui all’art. 337 ter c.c., che rientrano nella normale attività di crescita di un minore, non possano essere coperte integralmente con il sostegno delle “spese straordinarie”, sicché anche l’accrescimento delle predette esigenze, collegato alla naturale crescita anagrafica del minore, non potrà del pari essere soddisfatto solo attraverso il pagamento delle cd. spese straordinarie”.

Con la crescita del figlio, dunque, cresceranno naturalmente le spese per il suo mantenimento e l’aumento delle esigenze economiche di quest’ultimo è notoriamente legato alla crescita e non ha bisogno di specifica dimostrazione.

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