Tassa sul Carbonio alle frontiere UE

Gli sforzi messi in atto dall’UE per ridurre l’impronta di carbonio a livello europeo, così come previsto nel quadro del Green Deal europeo, e per diventare sostenibile e climaticamente neutrale entro il 2050 potrebbero essere vanificati da Paesi meno attenti alle questioni climatiche. Le imprese europee che devono rispettare le norme sulle emissioni di gas serra sarebbero soggette a una concorrenza sleale da parte di imprese poste fuori dai confini europei e quindi esentate dalle norme di legge europee. La delocalizzazione della CO2 è la pratica adottata dalle industrie con elevati livelli di emissioni di gas serra di trasferire la produzione al di fuori dell’UE al fine di evitare la più severa normativa europea sul clima. Poiché questa pratica non fa altro che spostare il problema altrove, gli eurodeputati vogliono arginare il fenomeno attraverso uno strumento di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. In Europa esiste una carbon tax in 19 Paesi. Le tassa sulle emissioni di carbonio colpisce le imprese ed ha dei costi stabiliti dalle singole capitali, molto variabili. La Finlandia ha introdotto la tassa già nel 1990 ed ora si attesta a 62 euro per ogni tonnellata emessa di CO2. Tassi più bassi si applicano in Polonia (€0,07), Ucraina (€0,25) ed Estonia (€2). Alla Svezia spetta il primato della più alta aliquota di carbon tax (€116,33 per tonnellata di emissioni), seguita da Svizzera, Liechtenstein (€85,76).

La procedura ha preso inizio a luglio 2021 quando la Commissione europea ha proposto un Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM – dall’inglese Carbon Border Adjustment Mechanism), ossia una tassa sul carbonio da applicare alle importazioni di alcuni beni provenienti da fuori dei confini dell’Unione Europea. Il CBAM fa parte di una serie di normative nell’ambito del pacchetto “Pronti per il 55%” che mira a rispettare la Legge europea sul clima attraverso una riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2032 rispetto ai livelli del 1990. Ai prodotti provenienti da paesi con leggi sulle emissioni di CO2 meno severe di quelle dell’UE viene applicata la tassa sul carbonio alle frontiere in modo da garantire che le importazioni non siano economicamente più vantaggiose rispetto all’equivalente prodotto nell’UE. Il dazio rientra nel sistema di quote di carbonio dell’UE, noto come il Sistema per lo scambio delle quote di emissioni dell’UE (ETS). La tassa insiste prevalentemente su prodotti in acciaio, cemento, alluminio, plastica e punta ad evitare il dumping, cioè minori costi di produzione in Paesi stranieri, e a spingere Paesi terzi ad applicare standard di produzione europei, verdi. L’importatore dovrà dichiarare le emissioni legate al processo produttivo e se queste superano lo standard europeo, acquisire un “certificato di emissione” al prezzo della CO2 in Ue. Se esiste una tassa carbone nel Paese esportatore, pagherà solo la differenza.

Dieci anni fa, il prezzo della CO2 nel sistema di scambio di quote di emissioni (ETS) dell’Ue si aggirava intorno ai 6 euro per tonnellata di CO2 equivalente, un valore troppo basso per innescare il tipo di riduzione delle emissioni che il sistema voleva incoraggiare. Oggi quel prezzo è salito a 97 euro per tonnellata, grazie a un intervento sul mercato deciso diversi anni fa e al Green Deal europeo, lanciato nel 2019, che prevede drastiche riduzioni delle emissioni entro il 2030 per raggiungere la neutralità climatica entro la metà del secolo. Il 16 marzo il Consiglio ha raggiunto un accordo sul regolamento relativo al meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam), anche denominata tassa sul carbonio alle frontiere o carbon border tax.

Nel giugno 2022 il Parlamento ha approvato la relazione in cui stabilisce la propria posizione in vista dei negoziati con il Consiglio. Il rapporto invoca l’estensione del CBAM a un maggior numero di prodotti, tra i quali plastica, idrogeno, ammoniaca, prodotti chimici organici e inoltre, che vengano coperte le cosiddette emissioni indirette dell’elettricità utilizzata nella produzione. Gi eurodeputati hanno chiesto che il CBAM venisse implementato più rapidamente, dal 1° gennaio 2023, con un periodo di transizione di due anni ed esteso a tutti i settori dell’ETS entro il 2032. Entro il 2030, il Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera dovrebbe interessare i settori dell’energia e quelli industriali ad alta intensità energetica, che insieme contribuiscono al 94% delle emissioni industriali dell’UE e che, secondo gli eurodeputati, ricevono ancora ingenti assegnazioni gratuite. Questi contribuiti gratuiti dovrebbero essere gradualmente eliminati entro il 2032, data in cui il CBAM dovrebbe essere arrivato a coprire completamente le industrie protette. Gli eurodeputati hanno dato il loro appoggio alla proposta della Commissione di utilizzare i proventi generati dalla vendita di certificati Meccanismo come nuova fonte di entrata per il bilancio dell’UE, sottolineando al contempo la necessità che la Commissione garantisca la piena trasparenza sull’allocazione di tali entrate.

Lo scorso 13 dicembre i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo di natura provvisoria e condizionale sul meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM); ora l’accordo deve essere confermato dagli ambasciatori degli Stati membri presso l’UE e dal Parlamento europeo e adottato da entrambe le istituzioni prima che sia definitivo. In virtù all’accordo provvisorio, il CBAM diventerà operativo a partire dall’ottobre 2023; con una prima fase iniziale che prevede un CBAM semplificato solo con obblighi di comunicazione, allo scopo di raccogliere dati. Dopo tale data il CBAM si applicherà nella sua totalità venendo introdotto progressivamente, in parallelo con l’eliminazione graduale delle quote gratuite. Questo garantirà la compatibilità del CBAM con le norme internazionali in materia di commercio, mentre l’eliminazione graduale delle quote gratuite per i settori CBAM deve ancora essere concordata nel contesto dei negoziati in corso sul sistema ETS dell’UE. Sono inoltre necessari ulteriori lavori sulle misure volte a prevenire la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio legate alle esportazioni.

Il presidente della commissione ambiente dell’europarlamento Pascal Canfin (Francia, Renew) ha dichiarato: “L’accordo raggiunto è una prima mondiale” di cui “possiamo andare fieri. Garantiremo un trattamento equo tra le nostre aziende, che pagano un prezzo del carbonio in Europa, e i loro concorrenti stranieri che non lo fanno, facendo di più per il clima e proteggendo le nostre aziende e i posti di lavoro“.

Il ministro dell’Industria e del commercio della Repubblica Ceca, Josef Sikela, ha aggiunto. “Sono molto lieto che oggi abbiamo raggiunto questo accordo. Il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere è un elemento fondamentale della nostra azione per il clima. Tale meccanismo promuove l’importazione nell’UE di merci da parte di imprese di paesi terzi che rispettano le norme elevate in materia di clima applicabili nei 27 Stati membri dell’UE. Ciò garantirà un trattamento equilibrato di tali importazioni e mira a incoraggiare i nostri partner nel mondo ad aderire agli sforzi dell’UE in materia di clima”.

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