Nomisma, Controvento 2022
E’ stata presentata la IV Edizione di Controvento, il rapporto curato da Nomisma con il Prof. Lucio Poma Responsabile Scientifico a guidare il Team Nomisma composto a Boris Popov (Coordinatore progetto), Federico Bonfante (Analista economico), Enrico Marinucci (Analista area Macro). I lavori sono stati aperti dal Presidente di Nomisma Piero Gnudi e moderati dal giornalista di Repubblica, Luca Piana. Hanno partecipato Simone Mirani (General Manager CRIF Ratings) sul tema della Sostenibilità finanziaria delle imprese Controvento. Si è tenuta, inoltre, una tavola rotonda con Paolo Poma (Managing Director & CFO Automobili Lamborghini), Sergio Dompé (Presidente Dompé Farmaceutici) e Alberto Vacchi (Presidente Gruppo IMA).
La IV Edizione di Controvento ha preso in esame un campione di 73.727 imprese (circa il 14% della manifattura italiana), € 867 mld di ricavi (circa il 70% della manifattura italiana), 2,3 mln di dipendenti (circa il 62% della manifattura italiana), € 207 mld di valore aggiunto (circa il 12% del PIL italiano). I criteri di selezione sono stati: Marginalità media (EBITDA/Ricavi), Variazione di marginalità, Tasso annuo di crescita dei Ricavi (CAGR), Incremento ricavi, Valore aggiunto/Dipendenti. Nomisma ha selezionato le imprese che in cinque anni sono riuscite stabilmente a superare determinate soglie in termini di crescita dei ricavi, dei margini operativi e del valore aggiunto per dipendente; il fatturato dev’essere cresciuto di almeno il 18,9% rispetto alla media dei cinque anni precedenti. Su oltre 73 mila imprese analizzate, hanno superato criteri così selettivi in 5.198, con risultati strabilianti. I dipendenti di questo gruppo di testa, infatti, dal 2016 al 2021 sono aumentati complessivamente del 27%, i ricavi del 74%, il margine operativo lordo del 156%. Le imprese Controvento sono il 7,1% della manifattura, ma realizzano il 21,4% dell’EBITDA e il 14% del valore aggiunto.
Una cosa particolarmente interessante che è venuta alla luce è l’accorciarsi della distanza tra le imprese Controvento e quelle non Controvento, anche queste ultime hanno performato molto bene. La parte preponderante nel gruppo delle imprese Controvento resta appannaggio delle piccole e medie imprese, quelle comprese tra 50 e 250 addetti. Lo studio affronta anche la localizzazione regionale, e balza agli occhi come la Lombardia vanti il doppio delle imprese rispetto l’Emilia-Romagna (1.493 contro 670), ma il fatturato sia abbastanza simile (26,4 mld contro 20,0 mld). La propensione settoriale a Controvento vede uscire il settore del packaging che era sempre stato presente, ma quest’anno non raggiunge uno dei parametri richiesti, resta importante la farmaceutica ed entra, ad esempio, la nautica. Le aziende Controvento sono poi state suddivise in base alla permanenza nel gruppo, ovvero Debuttanti quelle che presenti per la prima volta dentro la lista; Veterane che partecipano per la seconda; Super-Veterane che ne hanno fatto parte almeno 3 anni su 4; Star che sono entrate in Controvento tutte le edizioni. Emilia-Romagna e Veneto sono le regioni in cui prevalgono le Super-Veterane, dove quindi il tessuto è maggiormente solido.
Nomisma non diffonde i nomi delle aziende Controvento, ma caratteristiche comuni delle aziende super-performanti, sono il livello di investimenti e la solidità patrimoniale. Tra le più grandi, in termini di ricavi, ci sono eccellenze della Motor Valley come Ferrari e Lamborghini e la nicchia della Pagani, tutte veterane o super-veterane, così come le case farmaceutiche Chiesi e Dompé, gli scooter della Piaggio e gli elettrodomestici Smeg. Sempre presenti le punte del packaging Ima Group e Nuova Ompi (gruppo Stevanato), Philip Morris Manufacturing & Technologies che proprio a Bologna ha creato il polo produttivo per lo sviluppo delle sigarette elettroniche. Tra le new entry troviamo Kerakoll e le ceramiche Florim, i macchinari della Camozzi Automation e le cucine industriali Unox, il caffè Borbone, la pasta Rummo.
Lucio Poma, direttore scientifico di Nomisma ha offerto molti spunti e osservazioni: “Ci sono settori molto importanti per la nostra industria, come la farmaceutica, i macchinari per il packaging, l’alimentare, che nel 2020 non avevano subito battute d’arresto. Per questo motivo molte imprese di questi settori nel 2021 non sono riuscite a superare gli sbarramenti, semplicemente perché partivano da una base già molto alta. Non abbiamo ancora abbastanza compreso quanto sia diventata strutturale la crescita che la nostra manifattura sta vivendo e, di conseguenza, quanto stia incidendo sulla crescita dell’economia nazionale. Andando indietro di cinque anni, Controvento fotografa cicli d’investimento e di espansione che durano ormai da tempo e che stanno cambiando la struttura di fondo dell’industria. Ogni anno il numero di imprese che riescono a entrare nella selezione è sostanzialmente stabile ma, al suo interno, c’è un elevato ricambio. Significa che la platea di imprese che stanno vivendo una dinamica di crescita strutturale è più ampia di quelle che di volta in volta ce la fanno. Se non riescono un anno, a volte rientrano quello successivo, e questo indica che sono in grado di superare momenti difficili, come la pandemia o come, oggi, l’inflazione e le tensioni geopolitiche. Negli ultimi anni è cambiata la struttura delle nostre filiere. Un tempo il sistema era basato sul “divide et impera”: il capo-filiera si basava su un sistema di fornitori iper-specializzati, capaci di fare benissimo e in modo flessibile soltanto una cosa. L’innovazione ha stravolto questa impostazione, perché ora i capo-filiera hanno bisogno di fornitori in grado di sviluppare in modo coordinato ma autonomo componenti sempre più complessi. L’innovazione è più distribuita e tutte le imprese che fanno parte di una filiera sono cresciute, hanno acquisito competenze e si sono strutturate. Sono queste imprese – e quelle che non sono entrate nella selezione per poco – le fabbriche del Pil, le aziende che hanno dato un contributo decisivo alla crescita del 6,7% che l’economia nazionale ha ottenuto nel 2021 e che lo stanno dando anche quest’anno, riportando l’Italia sopra i livelli pre-pandemia. Non è solo una questione di addetti: anche i ricavi sono maggiori per le imprese selezionate, rispetto alle altre. Questo dato è coerente con una lettura dei fatti che spiega perché la manifattura italiana abbia ripreso a correre, dopo il periodo di smarrimento legato alla globalizzazione e alla delocalizzazione delle produzioni, un tempo l’innovazione era concentrata in pochi settori ad alta tecnologia, come l’automotive o l’aerospaziale, oggi sta trasformando tutte le catene produttive, anche nei comparti più tradizionali, come l’alimentare o l’agro-industria. In prospettiva le dimensioni saranno ancora più determinanti, perché con la diffusione delle tecnologie digitali e con la necessità di governare i grandi flussi di dati sono necessari investimenti che solo aziende più grandi possono permettersi“.
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