Cronache dai Palazzi

Spoils system a via XX Settembre e non solo. Il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) che svolge le funzioni e i compiti in materia di politica economico-finanziaria, di bilancio e programmazione degli investimenti pubblici – tra cui il coordinamento e la verifica della spesa pubblica, le politiche fiscali e del patrimonio – è stato sottoposto ad un’operazione di cambio delle cariche come deciso in Cdm.

Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro Giancarlo Giorgetti, ha deciso di cambiare il direttore generale del ministero dell’Economia e al posto di Alessandro Rivera è subentrato Riccardo Barbieri Hermitte, attuale capo economista del ministero dell’Economia. Confermato invece l’attuale Ragioniere dello Stato, Biagio Mazzotta. Alla Farnesina arriva infine, su proposta del ministro degli Esteri Antonio Tajani, Riccardo Guariglia, attuale ambasciatore di Madrid, che ricoprirà il ruolo di Segretario generale della Farnesina al posto di Francesco Sequi che era stato nominato dal governo Draghi nel 2021. Su proposta del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, Roberto Carpaneto è il nuovo direttore dell’Agenzia per la sicurezza di ferrovie, strade e autostrade; Benedetto Mineo è il nuovo Segretario generale del ministero delle Imprese e del made in Italy su proposta del ministro Adolfo Urso; Ettore Sala è a capo della transizione digitale del ministero della Giustizia; Stefano Scalera capo dipartimento per la competitività del ministero dell’Agricoltura; Lara D’Aprile capo dipartimento dello sviluppo sostenibile al ministero dell’Ambiente. A causa della recente scomparsa di Franco Frattini, Palazzo Chigi ha inoltre nominato il nuovo presidente del Consiglio di Stato, Luigi Maruotti. Per quanto riguarda le nuove nomine alcun braccio di ferro ma “una semplice rotazione strutturale” e “un nuovo modo di valorizzare il merito”, ha sottolineato il ministro Francesco Lollobrigida di fronte alle critiche delle opposizioni, pronte a mettere in evidenza eventuali divisioni all’interno della maggioranza.

A proposito di gestione delle risorse verranno messi in pratica una serie di risparmi anche tra le mura di Chigi; i ministri invece sono stati sollecitati affinché stilino un cronoprogramma per definire meglio l’azione del governo: “Per rispettare ancor più il Parlamento e togliere armi alle opposizioni dobbiamo fare meno decreti d’urgenza e più disegni di legge”, si afferma a Palazzo Chigi.

Su un altro piatto della bilancia la questione delle intercettazioni, sul cui tema la presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama, Giulia Bongiorno, ha proposto un’opportuna indagine conoscitiva per far luce sulla materia, e quindi poterla mettere meglio a punto. “Sulle intercettazioni ho sempre avuto una posizione assolutamente chiara e l’ho detto anche in altre legislature: guai a pensare di cancellare le intercettazioni”, ha dichiarato Bongiorno aggiungendo: “È indubitabile che siano uno strumento di ricerca della prova. In particolare, questo vale per mafia e terrorismo. Ma non ritengo che si possano cancellare le intercettazioni per reati di corruzione, che non sono affatto reati minori”.

Nel frattempo, intervenendo in Senato, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha ribadito che il governo continuerà il percorso intrapreso: “Andremo avanti sino in fondo, non vacilleremo”, ha sottolineato Nordio in quanto si tratta di una “rivoluzione copernicana sull’abuso delle intercettazioni”, ossia “far finire sui giornali, magari manipolate e selezionate, conversazione di persone totalmente estranee alle indagini”. Il ministro ha quindi ribadito dei principi come il “garantismo del diritto penale” e la “certezza della pena“, ma anche “uno sforzo per razionalizzare la giustizia penale e civile, oltre all’urgenza di far fronte al fenomeno dei suicidi in carcere che il ministro della Giustizia ha definito “un fardello di dolore che in Italia ha assunto toni di estremo allarme”. Nel contempo “contro la mafia l’azione del governo sarà forte, omogenea, duratura e incondizionata”, ha ribadito Nordio, sottolineando che “la lotta ai clan può avere un impatto buono per la nostra economia”.

Occorre però fronteggiare gli abusi. “Se non interverremo sugli abusi delle intercettazioni cadremo in una democrazia dimezzata”, ha sottolineato il ministro Nordio ribadendo: “Mai inteso toccare minimamente le intercettazioni che riguardano terrorismo, mafia e quei reati che sono satelliti nei confronti di questi fenomeni perniciosi”. Ma “l’Italia non è fatta solo di pubblici ministeri antimafia. Il Parlamento non può essere supino o acquiescente alle affermazioni dei pm”.

Non sono mancate ovviamente le critiche da parte delle opposizioni. “Non si può mettere un filtro rispetto al tipo di reato”, ha ammonito il pentastellato Stefano Patuanelli, aggiungendo che “quando si inizia un’indagine si può arrivare a scoprire che dietro c’è ben altro”. Patuanelli ha inoltre lanciato una “provocazione”: “Allora facciamo una norma che tiri fuori i politici dalle intercettazioni, così non mettiamo a repentaglio le altre indagini”.

La questione non riguarda l’utilizzo delle intercettazioni come “strumento” di ricerca della prova in sé – più che come pista investigativa – bensì il fatto che possano essere oggetto di abuso, fino all’enfatizzazione mediatica, penalizzando in questo contesto soggetti non indagati. In discussione è quindi l’eventuale invasività dello “strumento” di indagine e la debolezza delle riforme attuate fino ad oggi per arginarne gli effetti negativi. In sostanza dovrebbe essere chiaro che le intercettazioni dovrebbero essere considerate un mezzo e non un fine. E, nel contempo, soprattutto nel corso di casi investigativi particolari e di una certa rilevanza, il fine giustificherebbe i mezzi.

Dai banchi del governo, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove sottolinea: “Non depriveremo mai i magistrati del maggiore strumento di ricerca della prova nel contrasto alla criminalità organizzata e alle mafie”. Il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni, ha a sua volta ribadito che “con il presidente Giorgia Meloni la lotta alla mafia si intensifica sempre di più”.

Nel frattempo, a Palazzo Chigi è stato approvato il disegno di legge che corregge parzialmente la riforma Cartabia, gli argomenti in questione sono la procedibilità d’ufficio e l’arresto obbligatorio in caso di flagranza di reato. A proposito dei reati con l’aggravante mafiosa si torna a procedere d’ufficio.

La capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama, Licia Ronzulli, ha dichiarato che per gli azzurri “da sempre il problema sono gli abusi e, ovviamente, la pubblicazione delle intercettazioni di chi non ha nulla a che fare con le indagini”. Anche per Noi moderati “le intercettazioni sono indispensabili, specie nei reati più gravi, ma il problema si pone con la loro diffusione pilotata su argomenti che nulla hanno a che vedere con reato e indagini”, ha affermato Maurizio Lupi.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, intervenendo in una trasmissione di La7, puntualizza a sua volta che “il governo non intende toccare il sistema delle intercettazioni o rivederlo depotenziando gli strumenti di indagine, men che meno su mafia e terrorismo”. Il ddl approvato dal Cdm stabilisce inoltre che non serve la querela se esiste l’aggravante mafiosa oppure se chi commette il reato di lesioni è già soggetto a misure di prevenzione. La querela non sarà inoltre più obbligatoria per tutti quei reati che prevedono come aggravante la finalità mafiosa e di terrorismo.

In definitiva la riforma della Giustizia è, come è evidente, forse la riforma più divisiva all’interno della maggioranza e non solo, e occorrerà quindi procedere con la dovuta cautela e con raziocinio. Non è però l’unica riforma (divisiva) in campo. Altre riforme sensibili che stanno mettendo alla prova il dialogo fra le diverse forze politiche, fuori e dentro la maggioranza, sono le autonomie differenziate tra le Regioni e il presidenzialismo.

Nello specifico la Lega mira al via libera dell’Autonomia regionale differenziata entro il 2023 ma Fratelli d’Italia e Forza Italia sembrano voler procedere più lentamente, in quanto “non c’è fretta”. Le varie riforme dovranno affrontare e superare iter parlamentari oggettivamente articolati, occorre quindi procedere con razionalità tenendo a bada gli entusiasmi.

“La volontà politica è stata affermata. Il centrodestra farà tutte le riforme in programma, con un’autonomia equilibrata che possa andare bene per il nord, il centro e il sud”, ha spiegato il vicepremier Antonio Tajani. Palazzo Chigi rende noto che “si è definito il percorso tecnico e politico per arrivare, in una delle prossime sedute del Consiglio dei ministri, all’approvazione preliminare del disegno di legge sull’Autonomia ‘differenziata’”. Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, sta lavorando per mettere nero su bianco le osservazioni degli alleati, in particolar modo per poter definire il fondo perequativo tra le Regioni e i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), misure che saranno inserite nel ddl dopo una riunione tecnica che si terrà la prossima settimana. L’approvazione preliminare in Cdm dovrebbe invece arrivare il primo febbraio. A proposito di presidenzialismo, infine, si tratta di una materia da maneggiare con estrema cura e occorrerà procedere con cautela, mirando soprattutto a costruire un dialogo, il più ampio possibile, tra maggioranza e opposizione. In questo contesto, l’ipotesi di lavoro auspicabile è una Bicamerale o comunque, in sostanza, un lavoro comune fra le commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato.

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