UE, Women on Boards Directive

Ci eravamo già occupati in passato della presenza delle donne nei Cda delle società quotate in borsa, così come normato dalla legge 11 luglio 2011, n. 120, nota come Cosmo-Golfo. Questa legge ha permesso che l’Italia sia uno degli Stati membri che prevede la presenza, secondo il riparto degli amministratori, effettuato in base a un criterio di equilibrio di genere, quello meno rappresentato deve ottenere almeno 1/3 degli amministratori eletti. Nel 2021 uno studio dell’Istituto Jacque Delors ha messo in luce che solo il 30,6 per cento dei membri dei cda delle maggiori società quotate in borsa nell’Ue sono donne, con notevoli differenze tra i Paesi Ue (si passa dal 45,3 per cento della Francia all’8,5 per cento di Cipro).

L’Italia è al di sotto della media europea, trovandosi al quattordicesimo posto tra i Paesi UE nella classifica elaborata sulla base del Gender Equality Index, lo strumento sviluppato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) utilizzato per misurare il livello di parità di genere all’interno dei Paesi UE. L’UE ha voluto quindi intervenire, e il 22 novembre 2022 il Parlamento Europeo ha definitivamente approvato la “Women on Boards” Directive, introducendo la norma che prevede una rappresentanza di genere più equilibrata nei consigli di amministrazione delle società quotate. La direttiva entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’UE e dovrà essere recepita nel diritto nazionale di ogni Stato membro entro due anni.

La vicenda parte dal 14 novembre 2012 quando fu la Commissione a proporre una direttiva in tal senso, ma malgrado un generale consenso di massima, c’erano stati vari distinguo rispetto clausole di obbligo e sussidiarietà, tra chi voleva imporre l’obbligo e chi puntare su una disciplina nazionale volontaristica, il che ha bloccato, di fatto, tutto per una decina di anni. Si è dovuto attendere il 17 ottobre 2022 perché il Consiglio adottasse la versione finale del testo della direttiva; a seguito di una iniziativa del gruppo “Questioni sociali”, durante la presidenza francese. La proposta approvata a livello tecnico ha portato ad un accordo politico il 7 giugno 2022, tra il Consiglio e il Parlamento su un nuovo atto legislativo dell’UE. La nuova normativa prevede che almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi nelle società quotate sia occupato da membri del sesso sottorappresentato. Nel caso in cui gli stati scelgano di applicare le nuove norme agli amministratori con e senza incarichi esecutivi, l’obiettivo scenderebbe al 33% di tutte le posizioni da amministratore di una società quotata. Gli Stati membri pubblicheranno un elenco delle società che hanno raggiunto gli obiettivi prefissati dal Legislatore europeo; per chi non rispetta gli obiettivi entro il 30 giugno 2026, sono previste delle sanzioni specifiche a proporzionate all’azienda in questione. Le piccole e medie imprese con meno di 250 dipendenti sono escluse dalla Direttiva.

La direttiva, quindi, prevede: un livello minimo di armonizzazione dei requisiti in materia di governo societario, in quanto le decisioni di nomina dovranno basarsi su criteri oggettivi; misure integrate di salvaguardia in grado di garantire che non vi sia alcuna promozione automatica e incondizionata del sesso sottorappresentato; a parità di qualifiche, la preferenza per il candidato del sesso sottorappresentato, a meno che una valutazione obiettiva non faccia propendere per il candidato dell’altro sesso. Resta immutato il problema di sfondare il soffitto di cristallo per permettere alle di donne di accedere alla ‘vera’ cabina di comando, perché se il 31,5% è la percentuale di donne tra i membri dei consigli di amministrazione, solo l’8% di queste sono tra i presidenti dei consigli di amministrazione. La percentuale di donne CEO (chief executive officer ossia amministratore delegato) in Italia, secondo il report di EWOB (European Women on Boards) l’associazione europea per l’uguaglianza senza scopo di lucro con sede a Bruxelles, è scesa nel 2022 al 3% (nel 2021 era al 4%) il che posiziona l’Italia in fondo alla classifica assieme a Germania (3%) e Svizzera (2%) e dietro a Spagna (4%) e Portogallo (6%), contro il 26% della Norvegia, il 18% della Repubblica Ceca e il 14% della Polonia. Svezia e Danimarca sono ancora una volta le migliori nell’Indice del 2021 seguite dall’Olanda che ha scavalcato Finlandia e Francia conquistando il terzo posto.  La Slovenia è stato l’unico paese che è andato indietro rispetto ai risultati del 2020. Ci sono grandi variazioni nei punteggi di uguaglianza di genere tra i Paesi. Si va da 83,9 punti in Svezia a 52,6 punti in Grecia. L’Italia ottiene 63,8. La media europea è 68.

La correlatrice Evelyn Regner, eurodeputata austriaca, ha dichiarato: “L’adozione della direttiva ‘Donne nei consigli di amministrazione’, dieci anni dopo la sua proposta, è un importante passo avanti verso la parità di genere. Stiamo finalmente dando alle donne una possibilità equa di ricoprire posizioni di vertice nelle aziende e stiamo migliorando la governance aziendale. Le donne sono innovative, intelligenti, forti e capaci di fare molte cose. Stiamo eliminando uno dei principali ostacoli che impediscono alle donne di ottenere i posti di comando: le reti informali maschili. D’ora in poi, la competenza conterà più che mai in una procedura di selezione, così come la trasparenza”.

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