AI e apprendimento, dubbi e perplessità
“La Guerra dei Trent’anni (1618-1648) è stata una guerra religiosa tra cattolici e protestanti, con la partecipazione di vari stati europei. La guerra è iniziata come una ribellione cattolica contro l’Impero asburgico, ma è presto diventata una guerra di religione tra cattolici e protestanti. La maggior parte dei conflitti si è svolta in Germania, ma ha anche avuto ripercussioni in altre parti dell’Europa, come la Francia, l’Italia e i Paesi Bassi. Il trattato di Westfalia, firmato nel 1648, ha messo fine alla Guerra. La guerra ha portato alla nascita di una nuova era di tolleranza religiosa e ha ispirato la nascita della moderna diplomazia. I danni economici e umani sono stati enormi. Secondo alcune stime, circa otto milioni di persone sono morte”.
Quanto avete letto finora, non è un copia-incolla tratto da Wikipedia o estrapolato da una pubblicazione on line. È la risposta che ho trovato sul mio computer dopo aver digitato parlami della guerra dei Trent’anni. Neppure la fatica di aprire una pagina Google e poi passare a Wikipedia. Chiedo di sviluppare l’argomento e riesco a sapere molto di più.
Lo stesso avviene se espongo alcuni sintomi e chiedo che malattia potrebbe essere o se pongo un problema giuridico. In questi casi il sistema dopo avere dato una risposta perlomeno consiglia di rivolgersi ad uno specialista. Ma in quanti lo faranno dopo che la loro curiosità è stata soddisfatta?
L’intelligenza artificiale è una disciplina che sta rivoluzionando la nostra vita. Si tratta della creazione di sistemi che simulano le capacità cognitive e il comportamento umano. L’intelligenza artificiale è applicata in una vasta gamma di campi, come l’automazione, la salute, la gestione delle risorse umane, i sistemi di assistenza e la robotica. Si basa sull’apprendimento automatico, che utilizza algoritmi per prendere decisioni basate sui dati disponibili.
Si può usare in diverse situazioni, come la previsione del prezzo di un bene, il riconoscimento di testi o immagini, l’elaborazione del linguaggio naturale e la creazione di modelli per la previsione. Uno dei principali vantaggi dell’intelligenza artificiale è che può continua a lavorare 24 ore su 24, sette giorni su sette. Ciò significa che i processi che richiederebbero molto tempo se eseguiti manualmente possono essere completati in pochi minuti o persino secondi. Inoltre, l’intelligenza artificiale è in grado di gestire una grande quantità di dati e informazioni, che possono essere usate per prendere decisioni più rapide ed accurate. L’intelligenza artificiale ha molti potenziali benefici. Ad esempio, può aiutare le aziende a prendere decisioni più velocemente. Inoltre, può aiutare le persone a gestire meglio le proprie finanze, a identificare le minacce informatiche e a prendere decisioni più informate. E può scrivere interi libri, articoli, tesi di laurea. Senza possibilità di controllo aggiungiamo. Chi è in grado di comprendere se il testo elaborato è frutto della ricerca e dell’analisi dell’uomo o dell’attività meccanica di una macchina?
E il punto cruciale è la sua possibile applicazione al mondo della scuola oltre che a quello di molte professioni. Se già la nostra scuola era afflitta dal problema del copia incolla, al punto che la Treccani parla di una generazione, non a caso, “copy-paste”, cosa accadrà adesso che i nativi digitali possono limitarsi a digitare una domanda e avere tutte le risposte pronte sul computer? E, chiediamoci, i docenti saranno in grado di verificare bontà e attendibilità dei testi?
Già anni fa la stampa dava notizia di medici laureati senza che avessero scritto una sola parola delle loro tesi e di giornalisti che demandavano i loro articoli all’intelligenza artificiale. Adesso, da quando lo scorso novembre tutti noi possiamo scaricare sui nostri computer a casa queste soluzioni, cosa potrebbe accadere? Manfred Spitzer parla di demenza digitale, una malattia che affligge la civiltà moderna di internet. Demandare alla macchina il lavoro del nostro cervello, è un pesante segnale che ha ragione.
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