Mariagrazia Villa: coniugare Comunicazione ed Etica

Giornalista e autrice, presiede il Comitato etico del Constructive Network, la rete italiana dei comunicatori e professionisti dell’informazione che crede nel giornalismo costruttivo. Dal 2014 è docente di Etica e deontologia ed Etica e media allo IUSVE di Venezia e Verona e si occupa di communication ethics coaching nelle aziende e nelle scuole. Dal 2018, insegna Giornalismo enogastronomico all’Università di Parma. Ha pubblicato numerosi volumi – tra saggi e manuali divulgativi – sull’etica della comunicazione, il giornalismo d’impresa, la cultura enogastronomica e la food writing. Scrive articoli sulle questioni morali inerenti al mondo della comunicazione e dell’informazione per il suo blog Amletica e su News48.it, il primo magazine di giornalismo costruttivo e delle soluzioni in Italia. Stiamo parlando di Mariagrazia Villa che abbiamo intervistato.

Buongiorno Mariagrazia, eccoci qui al Fluart di Bologna a parlare di questo tuo libro, #Ethics Gym della Franco Angeli. Comunicazione ed etica, come si coniugano?

Si tratta di un libro sulla comunicazione e il titolo #Ethics Gym nasce dal fatto che l’ho pensato come una piccola palestra dell’etica con l’obiettivo di affermare che per diventare più etici nella nostra comunicazione, dovremmo allenarci.

Per etica della comunicazione cosa intendi?

L’etica applicata all’ambito comunicativo, che ci indica cosa è bene quando comunichiamo, e contemporaneamente ci spinge a metterlo in pratica.

Nel senso di fare una comunicazione corretta, efficace, o entrambe le cose?

Entrambe le cose. Normalmente ci preoccupiamo solamente che il messaggio che vogliamo veicolare arrivi a destinazione, io penso che questo sia importante, ma non sufficiente. Dovremmo imparare anche a comunicare bene, nel rispetto dell’altro, nel riconoscimento dell’altro come persona e non come oggetto da portare sulle nostre tesi. Una comunicazione dove sia presente la reciprocità, uno scambio condiviso, una comunicazione responsabile dove io e il mio interlocutore cerchiamo di salvaguardare una relazione. Io sono convinta che comunicare bene vuole dire creare uno spazio comune dove io e l’altro possiamo sentirci al sicuro e scambiarci un dono reciproco con l’intento di creare una comunicazione basata sulla fiducia.

L’insegnamento è una tua caratteristica molto forte, ma hai un ricco background professionale.

Sono docente di etica dei media e deontologia della comunicazione. Ho iniziato a fare la giornalista 30 anni fa, ho lavorato tanti anni come copywriter per il Gruppo Barilla, poi, una decina di anni fa mi fu assegnata questa cattedra presso lo IUSVE, l’Istituto universitario salesiano di Venezia, affiliato all’Università Pontificia Salesiana di Roma. Diventando docente ho mantenuto l’attività giornalistica solo all’interno della rete del “giornalismo costruttivo”, aderendo al Constructive Network; un tipo di giornalismo che non si limiti a raccontare i problemi, ma contribuisca a trovare delle soluzioni.

L’idea di scrivere questo libro nasce dalla visione che hai del mondo attuale della comunicazione?

Esatto. Anche se non fossi stata una giornalista, probabilmente me ne sarei accorta in quanto semplice lettrice, ma io sono stata dall’altra parte. Avendo lavorato tanti anni in una redazione e come free-lance, mi sono resa conto come prima dell’etica venissero interessi economici, commerciali, politici. Il libro che presento stasera è molto pratico e poco teorico, ho cercato di recuperare esercizi della filosofia greca antica, Socrate, Platone, Aristotele, già allora pensavano che le virtù morali andassero allenate. Ho pescato poi nel mondo del coaching con tutta la varietà degli esercizi che offre, potremmo quindi allenarci vicendevolmente nelle relazioni per migliorarci. Ho recuperato giochi da tavolo che ho declinato in chiave etica, ad esempio il “Gioco dell’oca” l’ho trasformato nel “Gioco dell’oca etica”.

Fantastica, ma questo mi viene da pensare serva a chi vuole migliorarsi, ma chi non è etico per natura?

Bella domanda la tua! Voglio credere che in ognuno di noi ci sia qualcosa di buono, magari basta trovare uno spiraglio e da lì ripartire. Penso che chi non è etico possa essere comunque incuriosito da questo libro. D’altronde Aristotele stesso sosteneva che ognuno di noi ha fondamentalmente delle cose buone dentro di sé, ma le deve allenare, per non farle morire. E’ un’idea che si trova anche nelle discipline orientali, dal buddismo all’induismo e al taoismo; l’uomo ha una sorta di giardino dentro di sé con semi buoni e cattivi, bisogna annaffiare quelli buoni per farli crescere, lasciando morire quelli cattivi.

Senza spoilerare tutto il libro, puoi indicare un esercizio che suggerisci a titolo esemplificativo?

Ce ne è uno che piace molto ai miei studenti, l’ho ideato io osservando la polarizzazione che pervade la comunicazione oggi: “o sei con me, o sei contro di me”. L’esercizio si chiama “datti torto”, li invito a scegliere un’affermazione in cui credono molto, nella quale si riconoscono. Gli studenti devono scegliere 3 ragioni sensate per darsi torto; questo serve ad accettare le idee altrui, è un esercizio che risulta difficile per i ragazzi, ancora di più per gli adulti.

Vuoi aggiungere qualcosa?

Posso dire che si tratta di un saggio molto pratico, ci sono tanti esercizi, ed esiste anche una parte dedicata alle aziende.

Il mondo dell’impresa come si pone rispetto la comunicazione etica? Vieni chiamata anche da loro per i tuoi seminari?

Faccio spesso formazione nelle aziende, quasi esclusivamente estere. La prima fu un’azienda dell’Arizona che ha una sede italiana, mi chiesero di fare una formazione ai loro dirigenti. A livello aziendale si pensa sempre alla comunicazione verso l’esterno, ma è molto importante la comunicazione interna, ad esempio: “come scrivi una mail a un collega”? Vedo come per la “Generazione Z” siano importanti le caratteristiche di un’azienda, se questa è green e sostenibile per loro ha un grande valore.

[NdR – Si ringrazia Dora Carapellese ufficio stampa per per assistenza e disponibilità]

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