Porto Azzurro (Docufilm, 2022)
Rai Due ci ha sorpreso a settembre scorso mandando in onda un documentario sceneggiato come se fosse un thriller, ricco di suspense (per chi non conosce o non ricorda il finale), raccontato attraverso testimonianze inedite, addirittura in prima serata, nonostante le imminenti elezioni di allora e i problemi di audience.
Il film racconta un episodio sconcertante che ho vissuto (di riflesso) in prima persona, perché accaduto molto vicino a casa mia e per averlo seguito da lontano con la televisione locale (Rete Toscana Sud). Sto parlando della rivolta di Porto Azzurro, avvenuta nel 1987, quando sei pericolosi ergastolani sequestrarono il direttore Cosimo Giordano e alcune guardie carcerarie, per tentare di evadere dal carcere dell’Isola d’Elba. Protagonista e leader indiscusso dell’operazione fu Mario Tuti, fondatore del Fronte Nazionale Rivoluzionario e condannato all’ergastolo per quattro omicidi, che dopo aver chiesto un incontro con il direttore del carcere, lo minaccia con una pistola e lo cattura insieme ad altri cinque detenuti che si fingono guardie. I rivoltosi sono Mario Ubaldo Rossi, Mario Marrocu, Gaetano Manca, Mario Cappai e Mario Tolu, tutti condannati all’ergastolo. Prendono in ostaggio cinque civili, 17 guardie e 11 detenuti. Vogliono trattare con le autorità, chiedono un’auto blindata, un elicottero e una barca per poter fuggire. Le trattative tengono con il fiato sospeso tutta l’Italia e vanno avanti per sette lunghi giorni, per giungere a un lieto fine non così scontato, grazie al direttore del carcere che convince i rivoltosi a deporre le armi in cambio dei benefici della legge Gozzini. Mario Tuti viene condannato a 14 anni di reclusione, che si aggiungono al suo ergastolo, ma nel 2013 viene ammesso al regime di semilibertà.
Il documentario è davvero ben realizzato, ripercorre l’intera vicenda tramite immagini di repertorio e testimonianze dirette, con interviste ai protagonisti dell’epoca. Mario Tuti è il vero colpo della produzione, perché rilascia una stupenda testimonianza e ripercorre quei tempi, senza dimostrare alcun pentimento, ragionando con la freddezza glaciale che l’ha sempre contraddistinto. Tra gli intervistati ricordiamo il giornalista Stefano Tamburini, che seguiva la vicenda per conto de Il Tirreno, sempre pronto a stampare un’edizione straordinaria nel caso le cose avessero subito una qualsiasi evoluzione. Ricorda Tamburini che, insieme ad altri due colleghi inviati a Porto Azzurro, a turno passavano la notte senza dormire per essere pronti a ogni evenienza. Tra gli errori più eclatanti cita l’aver coinvolto la madre di Tuti con una dichiarazione rivolta al figlio, nel tentativo (inutile) di impietosire il criminale. Rivediamo molte prime pagine del Tirreno tratte dalla collezione del tempo, con i titoli che facevano capire al lettore la palpabile situazione di suspense. Altri protagonisti del film sono l’educatore Zottola, il direttore Giordano (finalmente riabilitato), il giornalista Rai Di Giannantonio, il magistrato Antonietta Fiorillo, il secondino Buono, il comandante Mario Palazzo, il sindaco di Porto Azzurro Papi, l’educatrice Rossella Giazzi.
La vicenda viene raccontata ora dopo ora, giorno dopo giorno, con tutte le possibili varianti che avrebbero potuto far precipitare gli eventi, sottolineando come venne presa la decisione giusta di non tentare un’azione di forza, perché avrebbe provocato una carneficina. Tutte le possibili soluzioni vengono passate al vaglio, persino quella dell’elicottero da far arrivare ai rivoltosi per salvare gli ostaggi, proposta dal sindaco di Porto Azzurro, che raccolse duemila firme, e dalla moglie del direttore del carcere. Infine, tutto prese una buona piega grazie alla proposta dei benefici della legge Gozzini, con la promessa di misure alternative al carcere, anche se il principale fautore della soluzione pacifica e incruenta si vide rimuovere dall’incarico e processare per gravi mancanze. Serviva un responsabile da dare in pasto all’opinione pubblica! Per fortuna che nella docufiction è lui a raccontare la storia e può finalmente riabilitarsi di fronte agli spettatori per una vicenda che l’ha segnato per tutta la vita.
Il documentario è prodotto da Stand By Me in collaborazione con Rai Documentari e inaugura la serie L’Italia criminale: quando la cronaca fa la storia, una collana di sette documentari in onda su Rai 2 dedicati ad altrettanti episodi della storia criminale italiana degli ultimi decenni. Se l’avete perso, potete rimediare, perché è reperibile su RaiPlay.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]