La visita di Biden a Kiev
Ci sono immagini che valgono più di un lungo discorso; quella del Presidente USA Biden che cammina accanto a Zelensky per il centro di Kiev mentre suonano le sirene di allarme, dice più di mille parole sull’appoggio che gli Stati Uniti intendono continuare a fornire all’Ucraina, non solo con gesti ma in modo concreto. E dimostra anche un certo coraggio, fisico e politico, da parte di un ottantenne che talvolta viene descritto come quasi senile.
Punto importante se Biden, com’è nelle previsioni, intende ricandidarsi alla Casa Bianca nel 2024, quando dovrà affrontare, oltre a un partito repubblicano sempre più a destra, i dubbi sulla sua capacità di governare nel corso di un mandato che terminerebbe nel 2028, cioè quando Joe Biden avrà 86 anni, che sono, lo so per esperienza, davvero molti.
Ma l’importanza del suo viaggio a Kiev, che per certi versi ricorda quello di Kennedy a Berlino poco dopo la costruzione del Muro di infame memoria, sta nel ricordarci che l’America resta il pilastro della sicurezza europea e nostra. È la quarta volta che gli Stati Uniti vengono a salvare l’Europa dai suoi demoni: nel 1917, nel 1941, nella Guerra Fredda, ora in Ucraina.
Naturalmente, una visita, per quanto simbolica, non risolve il problema della guerra. La soluzione sta nella vittoria delle armi, ed è per questo che ogni esitazione, ogni meschino calcolo di opportunisti come Giuseppe Conte o filo putiniani come Orban, appare per quello che è: cecità o peggio.
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