L’IRA di Biden, semplice protezionismo mascherato?
I contenuti e gli effetti del contestatissimo Inflation Reduction Act di Joe Biden, la legge protezionistica varata dagli USA (ufficialmente per favorire la transizione ambientale), assumono una portata alla quale la risposta europea deve trovare ancora un punto di compromesso.
Cosa è l’IRA? Si tratta di un programma dell’amministrazione Biden che stanzia ben 370 miliardi di dollari di sussidi pubblici per favorire la transizione ambientale negli Stati Uniti. A titolo di esempio, a livello di aziende, questi sussidi sostengono la produzione e l’utilizzo delle tecnologie green più avanzate, mentre a livello di privati sostengono ad esempio l’acquisto di veicoli elettrici e l’efficientamento energetico delle abitazioni.
Il punto delicato è che il programma ha un DNA decisamente protezionistico, tutto teso ad esaltare il made in USA, non nell’ambito di una sana competizione, ma grazie a sussidi monstre in grado di alterare la libera concorrenza tra i Paesi. Le agevolazioni dell’IRA, ad esempio, scattano solo sugli acquisti di beni prodotti e/o assemblati negli Stati Uniti o su prodotti che contengano componenti Made in USA. Tanto per capirci, il consumatore texano riceverà questi sussidi a fronte dell’acquisto di una Tesla, ma non a fronte all’acquisto di una BMW green costruita in Germania. Di conseguenza, da una parte si limita l’export di tecnologia green verso gli Stati Uniti e dall’altra la calamita del sussidio attira, non solo i siti produttivi delle aziende europee, ma anche gli investimenti ed il know europeo legato alle tecnologie green più avanzate, aprendo dei vuoti pericolosi nelle filiere europee.
La risposta europea – Il 1° febbraio scorso la signora von der Leyen ha presentato un documento di indirizzo, volto a favorire la transizione ecologica in Europa ed a contrastare l’IRA. Il punto focale del documento, poi ripreso nelle conclusioni del recente Consiglio Europeo, prevede l’ampliamento della possibilità, per diversi Paesi europei, di concedere sussidi pubblici alle imprese operanti nei settori della transizione verde e prevede anche la velocizzazione dell’iter autorizzativo.
Due considerazioni – La prima considerazione è che contrastare l’IRA di Biden, allentando a dismisura le maglie degli aiuti di Stato, rischia di creare un ulteriore gap tra Paesi con ampia capacità di spesa come la Germania e paesi con forti vincoli di bilancio come l’Italia. A questo proposito il presidente di Confindustria Bonomi ci ricorda che, nel 2022, su 540 miliardi di aiuti di Stato approvati, il 50% era a favore della Germania il 30% era a favore della Francia, solo il 5% a favore dell’Italia. A questo proposito la posizione del nostro governo favorevole ad una politica di aiuti mirati, temporanei e proporzionati è stata giustamente recepita nelle conclusioni del recente vertice europeo.
La seconda considerazione è che, allora, una risposta efficace alla politica protezionistica USA passa per un mix composto da: la continuazione di un negoziato con gli USA per ridurre l’impatto protezionistico dell’IRA; una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei fondi comunitari da parte dei diversi Paesi; la creazione di un fondo sovrano che, emettendo debito comune europeo, protegga la competitività del nostro tessuto industriale. La partita è appena iniziata e il prossimo round è fissato a Bruxelles il 23 e il 24 marzo.
[NdR – Fonte Teleborsa.it che si ringrazia per la collaborazione – Andrea Ferretti è docente al Master in Scienze economiche e bancarie europee LUISS Guido Carli]
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