Emilio Salgari, fantasia senza confini
Scrivere è viaggiare senza bagaglio. Se questa frase risponde al vero, e probabilmente sì, il più grande viaggiatore di tutti i tempi è stato senza dubbio Emilio Salgari. Oltre ottanta libri e decine di racconti lo hanno portato in ogni angolo del mondo e in quasi tutte le epoche: dalla lussureggiante India alla misteriosa Malesia; dalle praterie del Far West al deserto africano fino agli oceani popolate da balene.
Chi ci ha fatto conoscere? Pirati e corsari dai caraibi, indiani dall’Assam e Thugs dalla foce del Gange. Tigrotti dalla Malesia che difendono le loro terre e pellerossa che combattono gli scorridori della prateria e il generale Custer. Sandokan e Emilio di Ventimiglia, detto il Corsaro Nero; Minnehaha, la scotennatrice, e Yanez de Gomera; Carmaux con l’inseparabile Van Stiller e Tremal-naik e il fido Kammamuri.
Quanti ricordi e sogni per generazioni di ragazzi che, rifuggendo i noiosi Promessi sposi, sognavano leggendo storie di cavalcate sulle frontiere delle riserve indiane e assalti ai galeoni spagnoli fino alla città di Maracaibo.
Emilio Salgari voleva fare il Capitano di marina ma, per nostra fortuna, si dedicò al giornalismo e poi divenne uno degli scrittori d’avventura più importanti del panorama letterario italiano.
Non aveva fatto i viaggi che ha raccontato, è sempre rimasto in Italia, ma ha descritto alla perfezione ambienti, luoghi, persone, momenti storici inserendo anche personaggi realmente vissuti come James Brook e, verosimilmente, lo stesso Sandokan, anche se la storia sarebbe sostanzialmente diversa rispetto a quella che è stata trasposta in un celebre sceneggiato degli anni Settanta. Kabir Bedi e Carol Andrè nei panni della Tigre della Malesia e La perla di Labuan che si ripeterono nei ruoli del Corsaro Nero e di Honorata Van Gould, la regina dei Caraibi. Si potrebbe continuare con un elenco di nomi, luoghi, personaggi che, da solo, prenderebbe troppo spazio.
Salgari ha vissuto a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, un’epoca in cui i traffici si intensificano, i viaggi diventano più rapidi e le comunicazioni più veloci, fatti che lo influenzarono e sono una chiave per leggere il suo tempo. Andava di moda l’esoterismo, e, ancora, si effettuavano esplorazioni in un’Africa ancora da scoprire. Salgari era ancora un bambino quando l’esploratore Stanley pronunciò la frase “Doctor Livingstone I suppose!”. Chissà che anche questa non abbia dato una spinta alla meravigliosa fantasia nutrita con atlanti e dizionari non avendo a disposizione Internet.
Lavorava ad un ritmo frenetico, i ritmi imposti dai contratti sottoscritti con gli editori imponevano di scrivere almeno tre pagine al giorno: e le scriveva a mano, non esisteva neppure la penna a sfera e il sistema del copia incolla, forse, avrebbe potuto immaginarlo per un racconto di fantascienza. Sembra fumasse centinaia di sigarette al giorno, come Yanez, accompagnandole da bicchieri di marsala; non certo una dieta ideale.
I critici non furono molto magnanimi con lui, la moglie venne ricoverata in manicomio e i figli, a cui dette nomi degni della sua immaginazione (Fatima, Nadir, Romero e Omar) non ebbero un’esistenza facile. L’unica sua soddisfazione fu, forse, la Croce di Gran Cavaliere conferitagli dalla Regina Margherita di Savoia.
Morì suicida, a neppure cinquant’anni, nel modo in cui avrebbe potuto farlo uno dei protagonisti dei suoi romanzi, tagliandosi il collo con un rasoio. Quanto ci avrebbe fatto viaggiare ancora?
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