Cronache dai Palazzi
Nuova crisi diplomatica tra Palazzo Chigi e l’Eliseo. “La signora Meloni, a capo di un governo di estrema destra scelto dagli amici della signora Le Pen, è incapace di risolvere i problemi migratori sui quali è stata eletta”, ha affermato il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, aggiungendo: “Meloni è come Le Pen, si fa eleggere dicendo ‘vedrete’ e poi quel che vediamo è che l’immigrazione non si ferma anzi si amplifica”. Un duro attacco a freddo poche ore prima che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, partisse per Parigi per una visita programmata ma poi subito annullata a ridosso dell’inconveniente. Le parole di Darmanin hanno suscitato sdegno non solo all’interno di Palazzo Chigi ma anche da parte delle opposizioni, a Roma come a Parigi.
La ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, che avrebbe accolto il ministro Tajani al Quai d’Orsay, ha preso le distanze dal suo collega dell’Interno e scrivendo su Twitter ha sottolineato di aver parlato con il “collega” Tajani, ribadendo che “la relazione tra Italia e Francia è basata sul reciproco rispetto tra i nostri Paesi e tra i loro dirigenti”, e confidando nel fatto di poter accogliere il ministro degli Esteri italiano presto a Parigi. Tajani, a sua volta, ha sottolineato che ciò che ha detto il ministro Darmanin “è davvero inaudito” e tra l’altro “tutto a freddo”. “Io dovevo andare a Parigi, per un vertice preparato da settimane, che si sarebbe concluso con una conferenza stampa congiunta con la ministra degli Esteri Catherine Colonna”, ha ammonito il ministro Tajani ricordando il Trattato del Quirinale e ribadendo che si è trattato di “un fulmine a ciel sereno”. Inoltre “siamo un grande Paese, democratico, fondatore dell’Unione europea, con millenni di storia. Pretendiamo rispetto, che è lo stesso rispetto che nutriamo nei confronti dei nostri alleati. Pretendiamo che vengano rispettate la nostra storia, il nostro prestigio, la nostra dignità”, ha affermato Tajani.
A proposito di immigrazione, la premier Giorgia Meloni incontra a Palazzo Chigi il colonnello libico Khalifa Haftar. Un incontro di due ore durante il quale è stata affrontata la questione della crescita del fenomeno migratorio verso il nostro Paese, ma anche di elezioni in Libia, con Roma che ribadisce il proprio sostegno all’azione dell’Onu affinché in Libia si voti entro il 2023. La stabilizzazione della Libia e dell’intero Nord Africa risulta essenziale anche rispetto ai flussi migratori.
Nel frattempo, il decreto Cutro è legge. Montecitorio lo ha approvato in via definitiva dopo che mercoledì aveva ottenuto la fiducia: 179 sì, 111 no, 3 astenuti. Si tratta di una norma che regola il fenomeno migratorio in maniera più restrittiva, con pene più dure per gli scafisti e misure più rigide per i richiedenti asilo, ciò che rappresenta il cuore del provvedimento. Le pene per gli scafisti potranno arrivare fino a trent’anni di carcere con l’instaurazione di un nuovo genere di reato. I flussi dei migranti saranno inoltre determinati su base triennale, e non più biennale, e le quote stabilite in base alla richiesta di lavoro. Stretta anche per quanto riguarda la protezione speciale, in particolare sull’accoglienza dei richiedenti protezione nel Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) e nel caso in cui ci siano minori stranieri non accompagnati che, dal 2015 al 2022, sono passati da poco più di mille a circa 12 mila.
A proposito di inasprimenti, il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni, spiega che il testo del nuovo decreto prevede anche “la revoca dell’accoglienza per i migranti che commettono danneggiamenti e violenze nei centri, l’arresto differito nelle 48 ore per i migranti che commettono violenza su cose e persone, più facilità e velocità di rimpatrio ed espulsione con allungamento del trattenimento nei Cpr. Per le opposizioni, tra cui Laura Boldrini del Pd, “il decreto crea più immigrazione irregolare, mina il diritto di asilo previsto dalla Costituzione e smantella il servizio di accoglienza”.
Nel complesso un rapporto del ministero dell’Interno che registra i dati degli sbarchi aggiornati giornalmente, segna un incremento considerevole degli sbarchi sulle coste italiane, circa il quadruplo di un anno fa con oltre 42 mila arrivi registrati negli ultimi 4 mesi. La gestione dei migranti rappresenta una questione cruciale dell’oggi e del futuro prossimo ed è alla base del conflitto tra Italia e Francia.
Fin dal mese di ottobre, a ridosso dell’esito elettorale nel nostro Paese, la ministra francese per gli Affari europei, Laurence Boone, esprimendosi a proposito della vittoria di Giorgia Meloni, aveva dichiarato: “Vogliamo lavorare con Roma, ma vigileremo attentamente sul rispetto dei valori e delle regole dello Stato di diritto”. Dichiarazioni provocatorie che provocarono conseguenti reazioni non solo da parte di Palazzo Chigi ma suscitarono anche l’irritazione del Colle: “L’Italia sa badare a se stessa, nel rispetto della sua Costituzione e dei valori dell’Unione europea”, ammonì il presidente Sergio Mattarella e, di conseguenza, il presidente francese Emmanuel Macron dichiarò di “avere piena fiducia in Mattarella”. Circa un mese dopo Italia e Francia si ritornarono di nuovo ai ferri corti a causa della gestione dei 230 migranti soccorsi in mare dalla nave Humanity 1 della Ong Ocean Viking, in quanto il governo italiano non autorizzò lo sbarco sulle coste italiane chiedendo che avvenisse nel vicino porto di Tolone. In quell’occasione, nello specifico, il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, definì il comportamento dell’Italia “non da Stato europeo responsabile”, giudicando “non professionali” e “inumane” le autorità italiane che avevano negato lo sbarco ai migranti della Ocean Viking. Alla fine, “per ragioni umanitarie e in via del tutto eccezionale”, la Francia consentì che i migranti sbarcassero sulle proprie coste annunciando però nel contempo la sospensione del ricollocamento di 3.500 rifugiati.
A proposito di re regole europee sui ricollocamenti, nello specifico l’intesa approvata dal Consiglio europeo a giugno 2022 stabilisce un principio di solidarietà in base al quale alcuni Paesi (12 avevano sottoscritto l’accordo) si impegnano a ricollocare – ossia ospitare ed esaminare le richieste di asilo, rispettando la clausola che la procedura spetti al Paese di approdo – una parte dei rifugiati che ogni anno giungono sulle coste di Italia, Grecia, Spagna, Malta e Cipro. I dati relativi agli approdi nel 2022 registrano circa 3.500 migranti ricollocati dall’Italia. Infine, secondo il Regolamento di Dublino ogni domanda di asilo (o protezione internazionale) deve essere esaminata da uno Stato membro, in particolare la competenza viene attribuita allo “Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all’ingresso e al soggiorno del richiedente”. Tranne delle eccezioni lo Stato competente a esaminare la domanda dovrà anche essere quello in cui l’interessato dovrà risiedere dopo aver ottenuto la protezione.
Andando oltre l’impasse che si è ricreata con l’Eliseo, e aspettando, sia Meloni sia Tajani, una nuova data per recarsi a Parigi – a giugno la premier si recherà anche negli Stati Uniti – l’esecutivo apre la strada alle riforme istituzionali e per martedì è atteso un primo confronto in Parlamento.
Nel frattempo, scende sotto la soglia dei 2 milioni il numero dei disoccupati in Italia nel mese di marzo (1.980.000), e il tasso di disoccupazione scende dell’0,1% che corrisponde al 7,8%. Gli occupati sono oltre 23 milioni, quasi 300 mila in più rispetto al mese di marzo 2022 (+1,3%), con un tasso di occupazione al 60,9%. Nel dettaglio aumentano i dipendenti permanenti (+2,4%) con 367 mila nuovi occupati e gli autonomi (+0,3%), mentre diminuiscono i lavoratori a tempo determinato (-2,7%). Nell’arco di 12 mesi nella fascia 35-49 anni viene comunque registrato un calo degli occupati pari a 161 mila unità (-1,8%). La presidente del Consiglio Meloni ha definito i dati Istat “molto incoraggianti e frutto del clima di fiducia percepito dalle imprese in questi primi sei mesi di governo”. La premier ha assicurato che il governo è pronto a “ripagare la fiducia continuando a dare risposte concrete per far ripartire l’economia nazionale”. Occorre comunque non sottovalutare vari “elementi di criticità”, l’Ufficio studi di Confcommercio ne rileva due in particolare: l’occupazione femminile, che in Italia “continua a risultare distante da quanto registrato negli altri Paesi europei”, e il lavoro autonomo che “continua a mostrare elementi di difficoltà”.
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