Italia delle Regioni
“La Repubblica si fonda su basi di autonomia, pluralismo unità e indivisibilità: tutti valori iscritti nella nostra Carta costituzionale. Così la differenziazione su base regionale e locale è chiaramente un valore inscritto nel codice genetico del principio autonomistico e nel concetto di autonomia territoriale, da intendersi come uno spazio di autodeterminazione dei territori” dichiara Massimiliano Fedriga, nel corso dell’Audizione del 25 maggio scorso per l’esame dei progetti di legge sull’autonomia differenziata (S 615 e 273) in Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica.
“L’esercizio della differenziazione e la responsabilità della cooperazione – spiega Fedriga – sono entrambe espressione tanto della nozione di autonomia, quanto di quella di unità e indivisibilità della Repubblica. Non si tratta, come è evidente, di applicare un modello astratto, ma di provvedere ad una organizzazione dei poteri pubblici adeguata a governare efficacemente una società complessa come è quella attuale, poiché la situazione attuale e le sfide future richiederanno un approccio “evoluto” ai temi della governance per la complessità delle politiche pubbliche da realizzare.
Pandemia, contingenze geopolitiche e l’evoluzione degli scenari internazionali hanno resa chiara la necessità delle riforme istituzionali e quindi di rafforzare il regionalismo e le sedi della leale collaborazione istituzionale. Proprio per questo motivo, i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, lo scorso 6 dicembre, dinanzi al Presidente della Repubblica, hanno sottoscritto l’intesa ai sensi dell’articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, al fine di rafforzare la collaborazione in tutte le competenze e le funzioni da esercitarsi negli ambiti di comune interesse, conferendo piena espressione istituzionale alla Conferenza delle Regioni e riconoscendone il ruolo fondamentale per l’interlocuzione con il Governo, con il Parlamento e le istituzioni dell’Unione Europea.
Nella prospettiva di un rinnovato patto fra Regioni, Stato e autonomie credo – prosegue Fedriga – che debba essere collocato il percorso dell’autonomia differenziata, poiché è proprio il modello delineato dall’articolo 116 della Costituzione che valorizza le diversità e, dunque, l’autonomia e l’autogoverno regionale e locale, con il necessario bilanciamento di un proporzionato ed efficace uso dei poteri statali di coordinamento, di garanzia dei diritti di tutti i cittadini e di tutela e attuazione degli interessi strategici del Paese. Questa prospettiva ha trovato una convergenza unanime nel documento approvato lo scorso 14 dicembre dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e trasmesso al Governo.
In quel documento è stata posta come condizione imprescindibile la questione della necessaria predeterminazione dei livelli essenziali delle prestazioni, Un’attività assolutamente propedeutica all’avvio di qualsivoglia processo di nuova regolamentazione delle competenze regionali, tale da garantire i diritti civili e sociali in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, nell’ottica di un pieno superamento dei divari territoriali.
Occorre che i Lep – sottolinea Fedriga – siano determinati in favore di tutte le Regioni, indipendentemente dall’eventuale richiesta di differenziazione. Il Disegno di Legge presentato dal Governo, recependo le istanze regionali, disciplina l’assegnazione di una maggiore autonomia delle Regioni “subordinandola” alla definizione e al finanziamento dei LEP, che sono pertanto un punto di passaggio “obbligato” per uno sviluppo armonico del modello di autonomia. Il DDL inoltre prevede il pieno coinvolgimento del Parlamento nella determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, a salvaguardia del principio di unità e indivisibilità del Paese.
Sul finanziamento dei Lep, le Regioni hanno da sempre sottolineato l’esigenza della certezza delle risorse disponibili in ciascun territorio per l’esercizio delle relative funzioni amministrative. E’ imprescindibile che il conseguimento dell’autonomia differenziata da parte di alcune Regioni non pregiudichi l’ammontare delle risorse da destinare alle altre. L’auspicio, dunque, è quello di una piena applicazione dell’art. 119 Cost. e non già il ritorno alla finanza derivata (sistema dei trasferimenti).
Concludendo – sottolinea Fedriga – la finalità dell’autonomia differenziata è di migliorare le condizioni di cittadini e imprese nelle Regioni interessate, senza peggiorare quelle delle altre Regioni, favorendo anche il superamento dei vincoli che impediscono il pieno soddisfacimento dei diritti a livello territoriale e la valorizzazione delle potenzialità proprie delle autonomie territoriali. Si tratta di un obiettivo importante e sfidante per l’intero Paese che, come Regioni, ci impegniamo a conseguire lavorando tutti insieme in questa direzione”.
Legge sugli interporti. Il Sindaco di Civitavecchia Ernesto Tedesco è stato audito dalla commissione Trasporti della Camera, nell’ambito della discussione di una proposta di legge per una nuova disciplina quadro. “Si valorizzi il ruolo di pianificazione e controllo dell’Ente Locale sul territorio dove insistono le infrastrutture”. I Comuni vanno dunque coinvolti nella gestione del sistema, serve valorizzare il ruolo locale.
“I Comuni portuali hanno un ruolo essenziale e devono essere coinvolti nello sviluppo del sistema portuale in modo effettivo, e non solo per il tramite delle Autorità di sistema portuale (AdSP). Uno degli obiettivi principali da raggiungere con questa riforma è stabilire principi di massima semplificazione delle procedure per la realizzazione di tali infrastrutture, nonché della valorizzazione del ruolo di pianificazione e controllo dell’Ente Locale sul cui territorio le stesse insistono”. Lo ha sottolineato il Sindaco di Civitavecchia Ernesto Tedesco che, in qualità di delegato Anci alla Portualità, ha rappresentato l’Associazione in un’audizione davanti la commissione Trasporti della Camera, nell’ambito della discussione di una proposta di legge che prevede una nuova disciplina quadro in materia di interporti.
Tedesco, dopo aver ricordato come gli interporti impattano sui territori sotto diversi aspetti (economico, ambientale, sociale), ha evidenziato che la pianificazione urbanistica delle Città deve necessariamente essere collegata a quella infrastrutturale degli interporti e viceversa. Come indicato anche dai regolamenti Ue, l’integrazione dei porti nelle catene di trasporto e logistiche è necessaria per contribuire alla crescita e a un utilizzo e funzionamento più efficienti della rete transeuropea di trasporto e del mercato interno.
Entrando nel merito della proposta di legge, il sindaco di Civitavecchia ha osservato che il previsto “Piano generale per l’intermodalità”, di cui ha auspicato l’approvazione in Conferenza Unificata, manca della definizione dei contenuti, delle finalità e degli strumenti per l’intermodalità, apparendo come un programma che elenca le opere strategiche di prevalente rilevanza nazionale. A suo parere, inoltre, “le risorse annuali attualmente previste nel provvedimento, pari a 10 mln di euro, per il triennio 2023-2025, finalizzate allo sviluppo, potenziamento e la realizzazione degli interporti appaiono esigue rispetto agli obiettivi previsti ed andrebbero integrate”.
Quanto poi ai parametri per l’individuazione di nuovi interporti, secondo Anci “vanno considerati altri elementi non trascurabili, fra cui: la posizione geografica, l’eventuale appartenenza ad una ZES (Zona Economica Speciale); i sistemi produttivi potenzialmente serviti (imprenditoriale, agricolo, stoccaggio materiali); la possibilità di interconnessione funzionale ed operativa con il sistema portuale. Mentre, anche ai fini una semplificazione amministrativa, sarebbe opportuno che l’interporto stesso sia inserito in una ZES”.
Infine, con riferimento alla prevista istituzione del Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica, Tedesco ha “sollecitato una verifica sui compiti dello stesso rispetto a quelli delle AdSP e chiesto che venga inoltre prevista una rappresentanza dell’ANCI al suo interno”.
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