Camera di Consiglio

SEPARAZIONE, DIVORZIO E CALUNNIA – Molto spesso, in caso di separazioni o divorzi litigiosi, le parti possono usare un linguaggio molto colorito: tuttavia è bene fare attenzione a quale debba essere l’impianto difensivo e dove, invece, si rischia di commettere reato.

Il caso in esame trae origine, infatti, a una controversia in sede penale in cui l’ex moglie querelava l’ex marito, costituendosi parte civile, assumendo che quest’ultimo, nei propri scritti difensivi in sede di separazione, l’avesse descritta come una madre incapace, offendendo il suo onore ed il suo decoro.

La Corte d’Appello confermava la pronuncia in Primo Grado, ossia l’assoluzione dell’ex marito: secondo la Corte non sussisteva in uno scritto difensivo dell’uomo l’intento accusatorio nei confronti della ex moglie, che era sua controparte nella controversia di separazione, poiché l’obiettivo dell’atto era evidenziare l’inidoneità della donna, quale genitore, a prendersi cura del figlio minorenne.

La donna, tuttavia, ricorreva per Cassazione evidenziando che quanto l’esposizione infedele dei fatti operata dall’ex marito avrebbe integrato, a suo dire, il reato di calunnia, poiché era stata accusata dallo stesso del reato di abbandono di minori, con consapevolezza della sua innocenza.

La Suprema Corte, tuttavia, non accoglieva il ricorso, evidenziando come i Giudici di merito avessero del tutto giustificatamente applicato la scriminante prevista dall’art. 598 del codice penale nei confronti dell’ex marito (trattasi di scriminante relativa alle offese eventualmente contenute in scritti presentati o discorsi pronunciati dalle parti o dai loro difensori in procedimenti innanzi alla autorità giudiziaria).

Ricordava la Suprema Corte che “in tema di delitti contro l’onore, perché possa ricorrere la scriminante prevista dall’art. 598 c.p. […] è necessario che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto ed immediato, l’oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l’accoglimento della domanda proposta”.

Infatti, è pacifico che la scriminante di cui al predetto articolo non si applica nel caso in cui l’esposizione infedele viene espressa con la consapevolezza dell’innocenza dell’accusato integri un fatto costitutivo di illecito penale (nel caso di specie, calunnia).

Tuttavia, dall’esame degli scritti difensivi dell’ex marito la Suprema Corte evidenziava come le espressioni utilizzate dal medesimo riguardavano in modo diretto ed immediato la controversia in tema di separazione che intercorreva tra le parti: e tali espressioni erano state utilizzate per sostenere la domanda di addebito della separazione alla donna e la richiesta di affidamento in via esclusiva del figlio minore al padre (proprio in ragione della ritenuta incapacità della madre di prendersene cura in modo adeguato, poiché quest’ultima avrebbe anteposto le proprie esigenze a quelle di assistenza del figlio minore, che sarebbe stato trascurato e non “abbandonato”). Veniva, dunque, rigettato il ricorso.

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