Cronache dai Palazzi

Si acuiscono le tensioni sul Mes, il governo italiano è in difficoltà di fronte alla ratifica del trattato noto come fondo salva Stati, già adottato dagli altri Paesi dell’Eurozona. A proposito di convalida del Meccanismo europeo di stabilità, i partiti di maggioranza hanno optato per il non voto in commissione Esteri, i pentastellati e i Verdi di sinistra hanno scelto l’astensione mentre Pd e Iv-Azione hanno votato sì.

Il testo con la proposta di ratifica votata in settimana arriverà in commissione Bilancio per essere esaminata e tornerà nei prossimi giorni in commissione Esteri in cui sarà votato il mandato al relatore. Il passaggio successivo è quello indicato dal calendario dei lavori a Montecitorio, dove il provvedimento è atteso in Aula per il 30 giugno. Per quanto riguarda le posizioni all’interno della maggioranza, Salvini specifica che il documento favorevole al Mes, frutto del Mef del ministro Giorgetti, non rappresenta un dissidio interno al Carroccio.

Il leader della Lega e la premier Meloni si sono più volte dichiarati contrari al fondo europeo salvastati ritenendo che “non è uno strumento utile per il Paese”. In definitiva però “sul Mes decide il Parlamento. Se arriverà la discussione in Parlamento, lì si voterà”, ha affermato il vicepremier Salvini, specificando che “quella del ministero dell’Economia è un’opinione tecnica”. Salvini ha ribadito inoltre di essere in “piena sintonia” con il ministro Giorgetti. L’opposizione a sua volta contesta la disertazione della maggioranza in quanto “hanno deciso di non decidere”.

Nel frattempo le istituzioni europee attendono delle risposte e seguono con “attenzione” il non lineare percorso di ratifica del Mes in corso nel nostro Paese, l’unico Stato a non averlo ancora ratificato. Il governo italiano, di concerto con i membri dell’Eurogruppo, ha definito i passi da compiere per far sì che la riforma del fondo salva Stati entri in vigore prima della fine del 2023. La pressione sul governo italiano è quindi costante e Palazzo Chigi sta valutando, a sua volta, l’eventualità di presentare un pacchetto di emendamenti per sottolineare la necessità di modificare lo strumento del Mes. L’esecutivo mirerebbe a rinviare il voto a dopo l’estate guadagnando tempo con un’audizione del ministro Giorgetti e ulteriori interventi da parte delle commissioni parlamentari. Il voto italiano sul fondo salva Stati è previsto venerdì della prossima settimana ma il governo non esclude per l’appunto un possibile rinvio in quanto proprio quel giorno si terrà anche il Consiglio europeo dei leader a Bruxelles, dunque la ratifica potrebbe essere rinviata.

Durante il vertice di Lussemburgo della scorsa settimana il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe e il tedesco Christian Linder hanno manifestato una certa apertura per poter ridiscutere le funzioni del Meccanismo europeo di stabilità ma solo dopo la ratifica da parte dell’Italia. “Oggi non esiste una maggioranza in Parlamento per ratificare le modifiche al Trattato del Mes. E dobbiamo stare attenti perché se il voto fallisse, non potremmo ripeterlo per sei mesi”, ha ammonito il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti rivolgendosi ai suoi colleghi europei.

Ma in cosa consiste la riforma del Mes? La riforma definisce il Meccanismo europeo di stabilità come una sorta di paracadute finale (backstop) del fondo unico di risoluzione delle banche, in sostanza un bacino di credito di 68 miliardi a cui i Paesi potranno accedere qualora i fondi nazionali per le risoluzioni bancarie non siano sufficienti. Tutto ciò per prevenire fallimenti catastrofici nel caso in cui sopraggiungono crisi bancarie. La riforma del Mes, come preannunciato, deve entrare in vigore nel 2024 e nel 2018 i leader europei decisero di incrementare le competenze del Meccanismo. Dopo alcuni anni di trattative, il 27 gennaio 2021 i rappresentanti di tutti gli Stati hanno firmano gli accordi che modificano il trattato dando il via alle procedure di ratifica ma affinché le nuove funzioni del Mes entrino in vigore tutti i Paesi devono ratificarlo e, nello specifico, ratificare il Mes non vuol dire doverlo usarlo automaticamente. Come spiega anche la Banca d’Italia, non c’è automatismo tra richiesta di assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito. Ai Paesi che ne hanno usufruito sono state comunque richieste riforme importanti, sulla base di una condizionalità politica strettamente connessa ad un programma di aggiustamento macroeconomico fondato su un’analisi della sostenibilità del debito pubblico elaborata dalla Commissione, di concerto con il Fondo monetario internazionale (Fmi) e la Banca centrale europea (Bce).

Su un altro fronte ma sempre all’interno di un quadro economico e di sviluppo del Paese, con 96 sì, 55 no e 10 astenuti, Palazzo Madama ha approvato la fiducia posta dal governo a proposito del decreto Lavoro, il provvedimento che Palazzo Chigi ha licenziato lo scorso primo maggio in virtù del quale dal primo gennaio 2024 il Reddito di cittadinanza verrà sostituito dall’Adi, l’assegno di inclusione, e i percettori potranno eventualmente rifiutare un’offerta di lavoro a tempo determinato se distante 80 chilometri dalla propria residenza, ma solo se genitori di figli under 14. In sostanza potranno beneficiare dell’assegno di inclusione i nuclei famigliari con a carico minori, disabili, anziani con un’età superiore ai 60 anni ed ancora soggetti svantaggiati inseriti in programmi di cura e di assistenza. Si prevedono infine programmi di formazione personalizzati per riqualificarsi professionalmente.

Nuove regole inoltre per i contratti a termine che potranno essere effettuati senza le causali, come previsto per le proroghe, ma solo per un massimo di 12 mesi. Per i contratti di apprendistato, invece, salta il tetto del 20% ma solo per alcune categorie: lavoratori in mobilità, disoccupati, svantaggiati; un ulteriore taglio del cuneo fiscale, anche se solo da luglio a dicembre 2023, si tradurrà in 100 euro in più in busta paga per i redditi fino a 35 mila euro.

Ed ancora, agevolazioni contributive per le aziende che assumono under 30 o lavoratori fino a 35 anni di età al Sud. Prorogato lo smart working fino al 31 dicembre 2023 per i dipendenti di aziende private che siano lavoratori definiti fragili o con figli sotto i 14 anni di età, mentre nella Pubblica amministrazione solo per i lavoratori fragili e fino al 30 settembre 2023.

Tale provvedimento dovrà essere convertito in legge il prossimo 3 luglio per non rischiare di cadere nel nulla; si ipotizza per questo un passaggio lampo a Montecitorio, alquanto formale, con un via libera senza modifiche. La maggioranza comunque grida vittoria e la relatrice Paola Mancini di Fratelli d’Italia considera il decreto Lavoro “il primo passo per creare un sistema di norme moderne che tutelino i lavoratori e garantiscano i datori di lavoro e per questo tese a ridurre il divario tra domanda e offerta di lavoro”. L’opposizione lo definisce invece “decreto precarietà”.

In sostanza un “provvedimento pessimo che aumenta la precarietà per i lavoratori e punisce i poveri”, ha dichiarato Francesco Boccia del Pd sottolineando: “Il principio in cui crede la maggioranza è che la povertà sia una colpa e che chi è povero lo è perché non vuole lavorare, la realtà è ben diversa”.

In definitiva sul fisco e per quanto riguarda il rapporto con gli imprenditori il governo mira ad “invertire il paradigma”. Nel campo della giustizia il ministro Nordio ha avanzato una “giustizia conciliativa” e in tema di evasione la premier Giorgia Meloni afferma: “Vogliamo un fisco alleato di chi fa impresa, non un fisco nemico, quasi vessatorio, che parte dal principio di colpevolezza”. In sostanza “non è che se alcune migliaia evadono il fisco, complico la vita a tutti gli imprenditori”, aggiunge il vicepremier Salvini.

Il “nuovo paradigma” permette di riprendere il tema della giustizia fiscale ribadito anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Tutti concorrano alla spesa pubblica in ragione della capacità contributiva”. “Non si può partire da un principio di colpevolezza in cui tocca a imprese e persone per bene l’onere di dimostrare di essere tali”, ha sottolineato la presidente del Consiglio di fronte all’Assemblea dell’Ance, Associazione nazionale costruttori edili. “Noi abbiamo ribaltato questo paradigma nel codice degli appalti e intendiamo farlo anche in tante altre riforme strategiche che portiamo avanti”, ha affermato la premier Meloni puntualizzando che il codice degli appalti è “basato sulla fiducia” e punta a “sciogliere nodi nevralgici”, insieme alla categoria. Per quanto riguarda il nodo del Superbonus, invece, ai costruttori Meloni promette di dipanare la matassa “nei limiti che la normativa europea delinea”. Si tratta di “un problema che abbiamo ereditato” a causa di “una politica approssimativa”, ha puntualizzato Meloni.

Nel contesto evasione la Guardia di Finanza registra infine un aumento sia degli evasori individuati, che sarebbero quasi nove mila (8.924), oltre tremila in più rispetto all’ultima rilevazione, sia un incremento del valore della frode fiscale che passa da 2,2 a 4,8 miliardi. Le frodi ai danni delle risorse dell’Unione europea si quantificherebbero in 491 milioni e quelle relative ai finanziamenti nazionali, alla spesa previdenziale e assistenziale, in 852 milioni.

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