Trent’anni dalla Battaglia del Pastificio

Ammettiamolo. Sulla situazione della Somalia, ex Colonia del regno d’Italia, se fossimo interrogati a scuola probabilmente molti di noi prenderebbero un’insufficienza. Forse perché non è argomento da prima pagina sui maggiori quotidiani o perché parlarne non aumenterebbe il numero di like e commenti sui nostri social. O forse perché non conosciamo bene la geografia dell’Ogaden e temiamo di fare brutta figura non conoscendo le vere differenze tra l’attuale Repubblica Federale di Somalia e la Repubblica Democratica Somala nata 1969 con il Colpo di Stato del generale Siad Barre e venuta meno nel 1991 a causa della Guerra Civile Somala che si stenta a credere sia terminata nel 2012.

Argomento che, forse, anche qualche esperto di geopolitica avrebbe qualche difficoltà a far comprendere districandosi tra le sigle di organizzazioni e movimenti che hanno giocato ruoli più o meno da protagonisti su uno scenario, comunque, di non semplice lettura.

In questa ignoranza, tuttavia, dovremmo cercare di non dimenticare tre nomi che, purtroppo, sono associati a una medaglia alla memoria. Andrea Millevoi, sottotenente, Pasquale Baccaro, Caporale di leva e Stefano Paolicchi, sergente. I primi due avevano 21 anni, il terzo trenta, e sono state le vittime di quella che è stata la prima battaglia che vide impiegati i militari dell’Esercito Italiano dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il nome dello scontro deriva dal fatto che è avvenuto non distante da un pastificio della Barilla dismesso. Forse una delle poche industrie che esistevano su un territorio martoriato.

Il 2 luglio 1993, durante lo svolgimento dell’Operazione Canguro 11, pianificata dal comando “ITALFOR”, le forze italiane stavano effettuando una ricerca di armi nel distretto di Haliwaa, a nord di Mogadiscio e alcuni obiettivi erano localizzati nei pressi del pastificio, nei pressi del quale era stato allestito un posto di blocco.

Era in pieno corso la Guerra civile tra i cosiddetti signori della guerra per il controllo della Somalia, in particolare nel sud, mentre il territorio settentrionale dell’ex Somaliland britannico annunciò la propria secessione. I caschi blu dell’ONU della missione Restore Hope giunsero nel Paese nel 1992 e lo lasciarono nel 1995 ancora diviso tra molte fazioni.

Alcuni blindati italiani erano fermi davanti alle barricate erette dai miliziani somali e furono immobilizzati con razzi anticarro mentre le strade circostanti vennero bloccate con altre barricate. In uno dei blindati venne colpito Baccaro.

Fu quindi deciso l’intervento di soccorso di una colonna equipaggiata con carri armati e di elicotteri. In questa fase il sergente Paolicchi fu ferito mortalmente. Tra gli uomini della colonna di soccorso, il Sottotenente Millevoi, comandante di un plotone venne ucciso a colpi d’arma da fuoco mentre si sporgeva dal suo automezzo per controllare la zona. I miliziani si fecero scudo di civili intervenuti e solo l’arrivo dei mezzi corazzati di soccorso consentì ai soldati sotto tiro di ritirarsi. Oltre ai tre caduti si registrarono ventidue feriti oltre ad un numero imprecisato di morti e feriti tra i miliziani e i civili somali.

Sulle ragioni degli scontri non si può affermare vi sia una chiarezza assoluta. Alcune ricostruzioni, mai supportate da fonti ufficiali, sostengono che sarebbero dovuti alla presenza sul luogo del generale Mohammed Farah Aidid, uno dei principali signori della guerra somali e ritenuto un grosso ostacolo al raggiungimento di un accordo di pace.

Altre ipotesi inducono a far ritenere che gli scontri sarebbero scoppiati su iniziativa di agenti provocatori, con l’obiettivo di indurre il contingente italiano, fino ad allora rimasto estraneo a fatti di sangue, a ricorrere estensivamente all’uso della forza e sembra siano più attendibili. In ogni caso, a distanza di trent’anni, resta la certezza solo sul nome delle vittime.

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