9 luglio 1978, un socialista al Quirinale
Esattamente quarantacinque anni fa, il 9 luglio 1978, Sandro Pertini prestò giuramento come settimo Presidente della Repubblica Italiana. La sua elezione non fu semplice ed è forse lo specchio di un momento storico estremamente complesso e probabilmente ancora di non chiara comprensione anche a causa dei pregiudizi difficili da rimuovere sulle possibili chiavi di lettura specialmente a livello ideologico.
L’Italia aveva appena vissuto due momenti drammatici: il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse e le dimissioni del Presidente Giovanni Leone. Leone si dimise in seguito alle accuse di aver ricevuto tangenti nello Scandalo Lockheed. Anche se non furono presentate prove definitive contro di lui, Leone decise di dimettersi per preservare l’immagine e la dignità della carica presidenziale ed i fatti gli dettero ragione solo molti anni dopo e le tardive scuse dei dirigenti del Partito Radicale, tra i principali registi della manovra contro un presidente forse non carismatico ma sicuramente all’altezza della carica, non furono certo sufficienti a ridargli la dignità che Pannella ed Emma Bonino avevano contribuito a togliergli. La vicenda Moro è un ricordo non sopito in chi, ancorché giovanissimo, visse quei momenti che misero a dura prova la tenuta della democrazia. Le istituzioni seppero reggere e poi reagire.
In questo difficile quadro politico, in cui il Partito Comunista sembrava poter far cadere l’egemonia della Democrazia Cristiana, l’elezione di un socialista poteva sembrare un azzardo. Pertini, già presidente della Camera per due legislature, era stato durante il periodo del sequestro Moro, un sostenitore della linea dura contro i brigatisti a differenza dell’allora astro nascente del partito Bettino Craxi che era a favore di una trattativa.
Durante i primi scrutini, ogni partito – in attesa di convergere su un unico candidato – indicò quello cosiddetto di bandiera: Guido Gonella per i democristiani, Giorgio Amendola i comunisti e Pietro Nenni per i socialisti. Venne indicato anche come possibile candidato al Colle il leader repubblicano Ugo La Malfa fino a quando, dopo quindici scrutini andati a vuoto, il segretario della DC, Benigno Zaccagnini, cedette alle pressioni più dell’opinione pubblica che non a quelle del segretario socialista ed accettò la proposta di Craxi di candidare Pertini. Al sedicesimo scrutinio, il sette luglio, anche con i voti di repubblicani, liberali e socialdemocratici, Pertini venne eletto con un’ampia maggioranza.
La sua candidatura era emersa alcuni giorni prima; Craxi la caldeggiava in quanto “figura eminente della democrazia repubblicana, la cui vita politica si è sempre identificata con lotte per la libertà e per la emancipazione sociale delle classi lavoratrici del Paese”. Ma fu lo stesso Pertini a rallentare in quanto non voleva porsi come candidato solo delle sinistre ma chiese di essere espressione dell’intero Arco Costituzionale.
Nel suo discorso alle Camere inaugurò quel suo stile semplice e sobrio, ma che veniva dalle sue profonde radici socialiste e dalle battaglie combattute durante il Fascismo come leader dei movimenti di resistenza dopo essere stato in carcere, esiliato e poi al confino.
Pertini, la cui immagine è legata forse più alla vittoria dell’Italia ai Mondiali dell’82 e ai suoi costanti richiami alla Resistenza, non mancò nel suo discorso di menzionare Leone e, dopo aver reso omaggio alla magistratura e alle forze armate, e dopo aver citato genericamente i suoi predecessori, lo salutò facendone il nome e ricordando che, adesso, il senatore Leone viveva in “amara solitudine”.
L’immagine di Leone che, da solo con il suo entourage familiare lascia il Quirinale per fare spazio a Pertini e al suo messaggio, che termina dichiarando di voler essere Il Presidente della Repubblica di tutti gli italiani, è forse una scena che rappresenta la fine degli Anni Settanta e l’avvio di un percorso diverso. Pertini non possiamo dire abbia caratterizzato gli anni Ottanta, ma fu il primo Presidente non democristiano e contribuì ad un radicale cambiamento della scena politica.
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