Cronache dai Palazzi

Un appello drammatico insieme ai capi di Stato di Croazia, Grecia, Malta, Portogallo e Slovenia per sostenere iniziative comuni a favore del clima e dell’emergenza climatica, che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella annovera fra le “buone cause” alle quali ha sempre dedicato una particolare attenzione. In questo contesto, nei giorni scorsi il capo dello Stato ha definito “sorprendenti”, in sostanza inammissibili, le discussioni dei negazionisti sulla fondatezza dei pericoli. “La crisi climatica ha raggiunto dimensioni esplosive, tanto si parla ormai di ‘stato di emergenza climatica’ – come spiega l’Appello -. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha definito questa crisi uno stato di ‘ebollizione globale’. I suoi effetti sono visibili soprattutto nella nostra regione, il Mediterraneo, che è gravemente colpito e a rischio immediato non soltanto di scarsità d’acqua ed elettricità, ma anche di inondazioni, ondate di calore, incendi e desertificazione. I fenomeni naturali estremi stanno distruggendo l’ecosistema e minacciando la nostra vita quotidiana, il nostro stile di vita”. I presidenti firmatari lanciano un ultimatum: “Non c’è più tempo da perdere, non c’è più tempo per scendere a compromessi per ragioni politiche o economiche. È imperativo agire e prendere iniziative urgenti ed efficaci. Tutti i Paesi del Mediterraneo devono coordinarsi e reagire, impegnarsi in uno sforzo collettivo per arrestare e invertire gli effetti della crisi climatica”. I sei capi di Stato non esercitano un potere esecutivo ma sono certamente dei fondamentali punti di riferimento, delle autorità morali e, in quanto tali, mirano a indirizzare l’azione dei governi per “agire in questa direzione e adottare politiche concrete volte a questo sforzo”.

Nelle stesse ore, a Lisbona dove è in corso la Giornata mondiale della Gioventù, Papa Francesco si è pronunciato anch’egli sull’emergenza climatica rivolgendosi ai giovani presenti: “Voi siete la generazione che può vincere la sfida del clima: avete gli strumenti scientifici e tecnologici più avanzati”, ha affermato il Pontefice. Come hanno ribadito i sei capi di Stato – Sergio Mattarella, Italia; Zoran Milanović, Croazia; Katerina Sakellaropoulou, Grecia; George Vella, Malta; Marcelo Rebelo de Sousa, Portogallo; Nataša Pirc Musar, Slovenia – firmando l’Appello per il Mediterraneo, è fondamentale “sensibilizzare l’opinione pubblica, educare e inspirare in tutti l’etica della responsabilità ambientale. Non solo per il presente, ma anche per il futuro dei nostri figli e delle generazioni che verranno”.

La cancellazione del Reddito di cittadinanza, il sostegno anti-povertà ideato dal governo Cinque Stelle-Lega, ha invece spaccato l’Aula di Montecitorio. Durante il question time il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha a sua volta difeso l’operato dell’esecutivo: “Questo governo impiega ogni ora del suo tempo per ridurre il disagio su cui qualcuno soffia per costruire dissenso”. Ed inoltre ha aggiunto: “Ci sono 112 mila nuclei familiari che percepiscono il Reddito di cittadinanza e che risultano attivabili sul Patto del Lavoro, dal primo settembre potranno usufruire delle misure di politiche attive per la formazione lavoro”. Respingendo le accuse, infine, Calderone spiega: “Non c’è incertezza normativa né abbandono dei nuclei familiari che lo percepivano né dei territori”.

“C’è rabbia e confusione sociale, state lasciando assistenti sociali, Comuni da soli e siete gli unici responsabili. State spaccando consapevolmente il Paese”, ha attaccato il leader dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte. Il M5S ha inoltre depositato alla Camera una mozione per ripristinare “con necessità e urgenza” l’erogazione del Reddito di cittadinanza per le 169 mila famiglie che hanno ricevuto l’avvertimento della sospensione. Anche i dem chiedono a Palazzo Chigi un passo indietro proponendo un decreto immediato per permettere a Regioni e Comuni di organizzarsi e magari ridurre l’impatto delle sospensioni.

Proteste anche da parte dei sindacati. La Cgil chiede una proroga della misura per tutti almeno fino alla fine dell’anno, confermando “la mobilitazione per non lasciare soli coloro che stanno peggio e per cambiare le politiche sbagliate dell’esecutivo”. La Uil chiede di ripristinare le misure abolite, mentre Luigi Sbarra della Cisl auspica “tanta responsabilità: Governo, Regioni e Comuni devono collaborare per assicurare una gestione adeguata di questa transizione”.

Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, dal primo gennaio 2024 lo Stato risparmierà circa 2,5 miliardi con la sospensione del Reddito di cittadinanza. In compenso potranno beneficiare della nuova misura di sostegno circa 50 mila nuclei familiari stranieri, finora esclusi, in virtù della riduzione da 10 a 5 anni del requisito della residenza. Il nuovo Assegno necessiterà di circa 6,1 miliardi di euro ogni anno, e tra gli ex percettori del reddito ci sono alcuni, ad esempio nuclei familiari con disabili, che potranno addirittura beneficiare di un aumento. A costoro saranno infatti destinati 200 milioni in più.

Dalla sua istituzione fino allo scorso mese di giugno per il Reddito sono stati sborsati circa 31,5 miliardi di euro, e la ministra Calderone sottolinea che “non ha funzionato e dopo oltre 3 anni di operatività le critiche convergono sulla sua inefficacia come misura di politica attiva”. Nell’arco di quattro anni sarebbero inoltre circa 35 mila i cittadini che hanno ricevuto in maniera indebita il Reddito di cittadinanza, per un ammontare complessivo di circa 506 milioni di euro.

“La risposta alla povertà è il lavoro”, ha affermato Calderone in Senato. I risultati registrati fino ad ora non sono però entusiasmanti: secondo l’Anpal, a fine giugno, solo il 28,4% di tutti i beneficiari del Reddito, titolari della Naspi e altri ex disoccupati avevano trovato un lavoro. Inoltre dei 257 mila titolari della misura di sostegno iscritti al programma Gol per la formazione al lavoro, solo 108 mila sono stati coinvolti in misure attive. Infine dei 145 mila presi in carico dai centri per l’impiego entro fine 2022, sempre a fine giugno, solo 20 mila, appena il 14%, hanno trovato un’attività.

È arrivata in porto invece la delega fiscale, “una pagina che resterà nella storia della nostra Italia”, ha affermato il relatore della riforma Alberto Gusmeroli (Lega), rimarcando che si va verso un fisco più semplice e meno esoso. L’Aula della Camera ha approvato in via definitiva, in terza lettura, con 184 sì, 85 no e nessun astenuto il Ddl delega per la riforma fiscale, l’ultimo provvedimento esaminato da Montecitorio prima della pausa estiva per poi riaprire i lavori il 5 settembre.

Il governo dovrà esercitare la delega entro ventiquattro mesi dall’entrata in vigore della legge. Il provvedimento è composto da 23 articoli distribuiti in cinque titoli e, tra gli altri, affronta temi come la certezza del diritto, le riforme dello statuto del contribuente e dei singoli tributi, dei procedimenti tributari e del contenzioso.

La premier Giorgia Meloni si è dichiarata “molto soddisfatta dell’approvazione della delega fiscale. Una riforma strutturale e organica, che incarna una chiara visione di sviluppo e crescita e che l’Italia aspettava da 50 anni. Meno tasse su famiglie e imprese, un fisco più giusto e più equo, più soldi in busta paga e tasse più basse per chi assume e investe, procedimenti più semplici e veloci. Sono alcuni dei principi di un provvedimento storico che rivoluzionerà il rapporto tra fisco, cittadini e imprese”. Il governo lavorerà per attuare il Ddl delega con i decreti attuativi.

Hanno votato a favore tutti i gruppi di maggioranza, contrarie le opposizioni (Pd, M5S, Avs e +Europa) tranne Azione-Iv. “Una pagina positiva perché malgrado le differenze di posizione ci ha visto tutti contribuire al risultato finale”. Rispetto alla delega Draghi “questa è nata dall’ascolto, una differenza non da poco”, ha affermato soddisfatto Gusmeroli, relatore della riforma e presidente della commissione Attività produttive della Camera.

Nuove norme per il federalismo fiscale regionale, anche per fronteggiare l’evasione fiscale attribuendo alle Regioni le somme a titolo di compartecipazione regionale all’Iva; graduale superamento dell’Irap e riduzione dell’Ires per le imprese, oltre alla misura ordinaria dell’aliquota, pari al 24%, viene disposta la riduzione dell’aliquota stessa sulla parte di reddito destinata agli investimenti, a nuove assunzioni o schemi stabili di partecipazione dei dipendenti agli utili. L’Iva, invece, verrà ridefinita sulla base di presupposti che rendano l’imposta più aderente alla normativa Ue. Si ipotizza anche Iva zero per alcuni prodotti di prima necessità. Stop al superbollo per le auto con potenza superiore a 185 chilowatt.

Ridotti da 4 a 3 gli scaglioni Irpef con l’obiettivo di arrivare ad una aliquota unica; applicata la no tax area; incentivi per nuove assunzioni; tassazione agevolata su straordinari, tredicesima e premi di produttività. Rateizzazione del maxi acconto di novembre da gennaio a giugno dell’anno successivo e la progressiva riduzione della ritenuta d’acconto sono altre misure che “renderanno finalmente il nostro sistema fiscale meno nemico”. Vogliamo, ha sottolineato inoltre Gusmeroli, “che nessun italiano subisca una patrimoniale”.

Secondo il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, l’obiettivo è “addolcire la curva delle aliquote, incominciando da tre aliquote, per poi arrivare gradualmente verso la flat tax, senza abbandonare la logica della progressività, che si può ottenere anche con il meccanismo delle deduzioni e delle detrazioni”.

Leo ha inoltre ribadito che il governo “non abbassa la guardia della lotta all’evasione”, ricordando strumenti importanti come la fatturazione elettronica ed altri che rendono noti i dati fiscali di possibili evasori tra cui il concordato preventivo biennale e la ‘cooperative compliance’. “Il concordato preventivo biennale non è un regalo agli evasori, tutt’altro. Si basa sulla tecnologia, sull’intelligenza artificiale, sull’interoperabilità delle banche dati, sull’analisi predittiva”, ha affermato il viceministro Leo. Poi non verranno più applicate sanzioni penali tributarie, in particolare quelle connesse a dichiarazioni infedeli e per i contribuenti che aderiscono all’adempimento collaborativo, che dimostrano “comportamenti collaborativi” o comunicano “preventivamente” i rischi fiscali. Stop inoltre al pignoramento automatico sul conto corrente mentre un emendamento approvato dalla commissione Finanze del Senato prevede il rafforzamento dei regimi premiali per i contributi virtuosi.

Occorre rivedere il sistema delle sanzioni, “ce lo dice la Corte Costituzionale secondo la quale le sanzioni devono essere proporzionali”, ha specificato Di Leo sottolineando: “Non possiamo assistere ad un meccanismo di sanzioni che vanno dal 120 al 240% quando invece negli altri Paesi dell’Unione europea ci si attesta al 60%”. Con la delega fiscale si mira anche a favorire “l’ascensore sociale venendo incontro ai giovani, alle famiglie e ai disabili”. E “non abbiamo dimenticato il mondo del lavoro dipendente”, ha puntualizzato Leo intervenendo in Aula alla Camera.

Per la segretaria del Pd, Elly Schlein, “la delega contiene mirabolanti promesse di riduzioni fiscali che renderebbero insostenibile, se realizzati, il nostro sistema di welfare. Si tradurranno invece in regali sostanziali per alcuni e piccoli sconti per altri. Come sempre avviene quando la bussola non è un fisco giusto, ma la distribuzione di privilegi corporativi”. Per il capogruppo dem a Montecitorio, Virginio Merola, “non c’è traccia di una volontà di una lotta seria all’evasione e all’elusione fiscale. Non è prevista alcuna riforma del catasto, ancora di recente sollecitata dalla commissione Ue; e, infine, non prevede un’effettiva autonomia impositiva per gli enti locali, con una logica centralistica che troviamo abbinata ad una proposta di autonomia differenziata che divide il Paese e non aiuta il Mezzogiorno”. In sostanza per Merola “questa delega al governo non va nella direzione di sanare le ingiustizie”. Luigi Marattin, deputato di Azione-Italia viva ha invece spiegato: “Il nostro voto favorevole è dovuto al fatto che questa delega ricalca in toto il lavoro parlamentare fatto nella scorsa legislatura, poi confluito nella delega Draghi”. Condivisi “i principi di riforma dell’Irpef, della tax expenditure, dell’Iva, di abolizione e sostituzione dell’Irap, di tassazione dei redditi finanziari, la semplificazione dell’Ires”. Per Azione-Italia Viva la flat tax incrementale non convince, e propone di sostituirla con “la detassazione dei premi di produttività”. Az-Iv mette inoltre in evidenza “il buonsenso” a proposito di federalismo fiscale e per quanto riguarda il meccanismo accertamento/riscossione, confermando il voto favorevole anche dopo il passaggio a Palazzo Madama. Della Vedova di +Europa ha invece ribadito il no della propria formazione alla delega fiscale “perché se è stato tolto il principio della flat tax incrementale, resta comunque scolpito nel marmo il principio che la riforma dell’Irpef vada fatta per la transizione verso l’aliquota unica”. Per altri versi “si va verso l’introduzione della flat tax, senza però dirci con quale aliquota, con quali meccanismi di detrazioni si pensi di poter garantire la progressività, senza dirci quanto costerebbe e con quali risorse finanziarla”.

Per quanto riguarda il salario minimo, infine, se ne riparlerà in autunno. “Porteremo avanti questa battaglia nelle piazze” ha annunciato Elly Schlein, sottolineando: “La questione del salario minimo è enorme e non può essere sospesa, rinviata, la povertà non va in vacanza e divide il Paese, ruba il futuro, deprime la crescita. Quella che ci troviamo a discutere non è una semplice sospensiva, ma è la rappresentazione plastica della fuga della maggioranza”.

La Camera ha congelato il provvedimento rinviandolo a fine settembre e il governo intende approfondire la misura. “È riduttivo pensare che i problemi del lavoro si risolvano con il salario minimo. Occorre una riflessione organica sugli strumenti a disposizione per fornire una tutela efficace ai lavoratori e la giusta flessibilità alle imprese”, afferma il sottosegretario Federico Freni ribadendo che “la contrattazione collettiva rappresenta un pilastro del nostro mercato del lavoro” e auspicando, nel contempo, una “razionalizzazione del numero dei contratti e una velocizzazione dei tempi di rinnovo”.

Pd e M5S hanno introdotto il salario minimo nei loro programmi elettorali per le Politiche 2022 fissandolo in 9 euro all’ora. Mentre FdI, Forza Italia e Lega non perseguono la strada del salario minimo per legge. In sostanza, per la maggioranza a fissare un limite per i tetti retributivi deve essere la contrattazione collettiva e non una norma.

Dopo la pausa estiva, alla ripresa di settembre, le priorità di Palazzo Chigi saranno l’economia e le riforme costituzionali. Occorrerà in particolare lavorare sulla legge di Bilancio per la quale le risorse non sono molte e non possono essere sprecate. È essenziale migliorare le condizioni nel mondo del lavoro, in particolare con la detassazione e quindi con la riduzione del cuneo fiscale per cui l’obiettivo è metterlo “a sistema”.

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