Nino Ferrer

Chissà se i più giovani hanno mai sentito il nome di Nino Ferrer. Oggi sono esattamente venticinque anni da quando pose fine alla sua vita. A chi è nato qualche anno prima potranno tornare però subito in mente alcuni suoi brani e sarà piacevole passare qualche momento su YouTube per riascoltare Agata, Viva la campagna e Donna Rosa, solo per citare alcuni tra i suoi successi più popolari in italiano. Ma la sua fortuna era nata anni prima, nella Francia che dette origine a quel fenomeno poi importato anche in Italia che sono i cantautori.

George Brassens, Charles Trenet, Juliette Greco che cantava le poesie di Prévert, Aznavour e Ives Montand erano solo alcuni tra i più noti e Ferrer si formò alla loro stessa scuola. Nino Ferrer, un nome che evoca melodie coinvolgenti e ritmi incalzanti, ma dietro la sua brillante carriera musicale si celava una profonda tristezza.

Il suo vero nome era Agostino Arturo Maria Ferrari. Nato il 15 agosto 1934 a Genova, Italia, Ferrer si trasferì in Francia da giovane e fu fortemente influenzato dalla musica blues e rhythm and blues. La sua carriera musicale ebbe inizio negli anni ’60, quando pubblicò alcuni singoli di successo come “Mirza” e “Les Cornichons”, che lo fecero diventare una figura popolare nella scena musicale francese.

Ebbe un’infanzia e un’adolescenza problematiche; dopo il trasferimento in Francia non padroneggiò mai bene la lingua, mantenendo un accento italiano che lo rese vittima di scherno al quale reagì violentemente e, forse, anche questo influenzò non poco il suo carattere sempre schivo. Cambiò numerosi istituti, nonostante i limitati mezzi economici della famiglia, fino a quando esplose la sua passione per la musica ed il jazz in particolare, ascoltandolo alla radio.

Da lì i primi strumenti fino a quando, con un compagno di studi e un suo cugino, formarono un trio denominato Dixie Cats che si dedicava a suonare il jazz di New Orleans e vinse nel 1956 un concorso musicale.

Nel frattempo, spinto dai genitori, si era laureato alla Sorbona in lettere e filosofia e si dedicò a scavi archeologici e scoprì una passione per la pittura. Fu durante un viaggio in Caledonia che, verosimilmente, maturò la decisione di dedicarsi alla musica per fortuna del proprio pubblico.

Gli anni Sessanta proseguirono con un buon successo in Francia e Ferrer si dimostrò versatile toccando più generi ma sempre mantenendo le distanze dallo stile leggero che imperversava su molte scene e creò anche testi dal contenuto profondo. Infatti, oltre a canzoni orecchiabili quali il tango di Agata e Donna Rosa, scritta da Pippo Baudo e cantata per l’omonimo musicarello, Nino Ferrer con testi all’apparenza leggeri affrontò temi delicati come la guerra, l’ambiente e il razzismo. Sono infatti sue Il Re d’Inghilterra, un’ironia contro la guerra, Viva la campagna, dovesi esalta la vita agreste, all’aria aperta, opposta allo stress cittadino e, non ultima, Vorrei la pelle nera dove, esaltando le capacità canore degli artisti di colore, si trattava un tema che, proprio in quegli anni, era al centro del dibattito sociale.

Nei primi anni Settanta ebbe un buon successo in Italia, dove aveva iniziato a vivere, e si avvicinò anche al progressive rock, collaborando con artisti italiani tra i quali Santino Rocchetti. Registrò il LP Rats and Rolls, una testimonianza di questa apertura musicale dell’artista. Tuttavia, Rats and Rolls non ebbe successo anche a causa di una scarsa promozione e Ferrer, che sembra trovasse ostruzione anche da parte della Chiesa, fece ritorno in Francia.

Negli anni successivi seguirono alcuni successi e apprezzamenti, specialmente da parte della critica, ma anche insuccessi e fallimenti che lo portarono a distaccarsi dall’industria musicale e al ritiro in una tenuta dove si dedicò principalmente all’altra sua passione, la pittura.

Nel giugno del 1998 morì la madre e, da quel giorno, sembrò che Ferrer si avviasse verso un suicidio annunciato. Le fece davvero il 13 agosto, con un colpo di fucile, a due giorni dal suo sessantaquattresimo compleanno.

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