Cronache dai Palazzi
L’Europa non rappresenta un sogno ma ad essa corrisponde “un invito ad operare”. Il capo dello Stato Sergio Mattarella ricorda così, con queste parole e con questa pragmatica intenzione, Altiero Spinelli, il protagonista del manifesto di Ventotene “Per un’Europa libera e unita”. Da Torre Pellice, un luogo che ha contribuito alla causa della libertà e dell’Europa. Un luogo da cui, non a caso, derivano anche “le origini dello stemma della Repubblica Italiana”, disegnato dall’artista valdese Paolo Paschetto nato a Torre Pellice.
Lo stemma, approvato dall’Assemblea Costituente nella seduta del 31 gennaio 1948, “unisce la stella, la ruota dentata, i rami di ulivo e di quercia, simboli della volontà di pace della nazione, della forza e dignità del popolo italiano, del valore del lavoro nella vita della nostra democrazia”. La stella, in particolare, “rappresenta la continuità con il Risorgimento e, ancora oggi, indica l’appartenenza alle Forze Armate e quindi il loro legame di lealtà alla Repubblica”, ha spiegato il presidente Mattarella.
A Torre Pellice Altiero Spinelli ha formulato il suo primo discorso pubblico in cui era racchiuso il progetto embrionale di “una coscienza europea”. Luoghi che sono stati triste teatro della Resistenza, in cui le persone hanno combattuto seriamente per la libertà sacrificando se stessi: “La lotta di Liberazione, poi la Repubblica e la Costituzione, corroborano la riconquistata unità nazionale, la libertà e la piena partecipazione democratica, con il voto finalmente riconosciuto alle donne”.
Ed è proprio in questo frangente della storia che si sostanzia il concetto di Patria, non semplicemente depositaria di “una storia comune” bensì la Patria rileva “la capacità di costruire il futuro del nostro popolo, di una comunità responsabile, espressione autentica dei valori dei cittadini del nostro Paese”.
In quegli anni emerse anche l’idea degli “Stati Uniti d’Europa”, coniata per la prima volta nel 1944 da Mario Alberto Rollier che formulò inoltre lo “Schema di Costituzione dell’Unione federale europea”, auspicando “un’apposita Convenzione per dotare l’Europa federale di un proprio Statuto”. L’idea “di dar vita a una vera e propria Costituzione d’Europa” appartiene anche ai giorni nostri, ma si tratta ancora di un progetto, per ora naufragato a causa dell’opposizione referendaria di Francia e Olanda.
Anche nel messaggio inviato al Forum Ambrosetti di Cernobbio, il capo dello Stato ha ribadito che “l’Europa è il quadro entro il quale si costruisce il nostro avvenire, con le lacune che accompagnano il processo di integrazione europea, fattore che trasforma e plasma anche il nostro modello sociale. Pace e sicurezza, così come crescita e benessere dei popoli, passano attraverso la capacità dell’Unione europea di rappresentare un fattore di stabilità e attrazione per chi crede nei valori della libertà, dell’indipendenza, della democrazia”.
Nello specifico, ricordando Alcide De Gasperi – tra i Padri fondatori della nostra Repubblica e tra gli artefici del progetto di “integrazione europea” – a Torre Pellice il presidente Mattarella ha sottolineato che “la principale virtù della democrazia è la pazienza. Bisogna attendere alle cose con tenacia e vigilanza, con la coscienza che le cose debbano sempre maturarsi”. In questo contesto “l’unità europea è l’ambizione di completare uno storico percorso di innegabile successo”, ha affermato il capo dello Stato sottolineando che “sprovvista delle sue autentiche ambizioni, l’Europa non avrebbe ragione di esistere”. Tra le ambizioni fondamentali vi è ovviamente il conseguimento della pace in tempi di guerra e il suo “consolidamento per la giustizia tra le nazioni e fra i popoli” in tempi di pace. Ciò in cui risiede, in definitiva, “la permanente attualità dell’invito ad operare di Spinelli”, da tener presente quindi anche oggi.
“Operare” per la pace, per la libertà, per la democrazia, per la parità dei diritti, per l’eguaglianza fra i popoli e per il loro benessere rappresenta “un dovere” in ogni epoca. Nel frangente attuale il conflitto tra Russia e Ucraina ha purtroppo materializzato nuovamente la guerra, riportando in auge il tema pragmatico della pace anche nel Vecchio Continente: una “sfida di fronte alla quale si trovano oggi i popoli europei”.
La presunzione di voler “disegnare gli equilibri” con le guerre ha prodotto le “nefandezze del Novecento”, caratterizzato da due grandi conflitti mondiali. Entrambi si sono conclusi con la speranza dell’esercizio di una pace duratura e la nascita di organismi deputati a tale scopo: la nascita della Società delle Nazioni dopo la Grande Guerra; l’emergere delle Nazioni Unite e i primi passi verso l’integrazione europea dopo la Seconda guerra mondiale. In entrambe le situazioni si aspirava a porre fine alla guerra come “mezzo di risoluzione delle controversie”, come enunciato anche dall’articolo 11 della nostra Carta costituzionale. In questa prospettiva l’Italia “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli” e, per l’appunto, “promuove e favorisce le organizzazioni internazionali” che mirano a favorire “la pace e la giustizia fra le Nazioni” (Art.11 Cost.)
Sul versante europeo, un’Europa unita, ed eventualmente una Difesa comune, sono ritenuti fattori fondamentali fin dai tempi del Movimento Federalista Europeo. Sul foglio “L’Unità europea”, voce del Movimento, pubblicato clandestinamente in Piemonte nel maggio del 1943, si leggeva: “Alla fine di questa guerra l’unificazione d’Europa rappresenterà un compito possibile ed essenziale. La divisione in Stati nazionali dell’Europa è oggi il nemico più grave della impostazione e soluzione umana dei nostri problemi: la minaccia esterna, fantastica o reale, turba tutti i processi e apre la via a tutte le forze reazionarie, all’assurda marcia verso l’assurdo, verso la guerra, degli ultimi settant’anni”.
In queste parole è rappresentata l’Unione in embrione; fin da allora si respirava la necessità di superare le contrapposizioni nazionali per poter realizzare un’Europa unita e più forte, più compatta anche di fronte ad eventuali nemici esterni, di vario genere.
Non si tratta esclusivamente di difendersi militarmente; la pandemia, ad esempio, ha rappresentato una sfida sul fronte sanitario; per quanto riguarda l’economia, invece, occorre fronteggiare l’avanzata del gigante cinese (o eventualmente altri) estremamente invasivo e competitivo, sempre pronto a conquistare nuove fette di mercato.
L’Unione europea non può in sostanza essere ridotta all’interno di “una mera cornice di collaborazione economica, tuttora fatta propria da alcuni Stati membri”. Di fronte alle sfide “sempre più complesse” del nostro tempo “va quindi sempre più rafforzata la capacità dell’Unione di essere un interlocutore politico globale”, ha affermato il capo dello Stato nel suo intervento a Cernobbio. Crisi finanziarie globali, caratteri geopolitici inediti, crisi climatica, l’esperienza della pandemia e la stessa guerra provocata dall’aggressione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa hanno messo a dura prova l’Europa e la sua unione, le divisioni sono all’ordine del giorno all’interno delle istituzioni europee e sui tavoli decisionali. La democrazia liberale si nutre comunque del confronto che, seppur conflittuale, non è mai scontro bensì un ingrediente essenziale per il progresso civile, sociale, umano e politico di una comunità.
In definitiva, “nessun Paese del Continente – neppure i maggiori per dimensione e reddito – può pensare a un futuro separato da quello degli altri: sarebbe una fuga dalla realtà e, prima ancora di un’illusione, un atto controproducente”, ha ammonito il capo dello Stato. In ogni modo “l’Europa è il quadro entro il quale si costruisce il nostro avvenire”, nonostante “le lacune che accompagnano il processo di integrazione europea”. Un’Unione europea più stabile e attenta a “pace e sicurezza”, “crescita e benessere dei popoli” è di certo più attrattiva “per chi crede nei valori della libertà, dell’indipendenza, della democrazia”. In questo contesto l’Ue deve rafforzarsi in quanto interlocutore globale e i Trattati europei vanno migliorati. “Non possiamo che augurarci che la prossima Legislatura europea porti una nuova energia, anche grazie all’impulso del Parlamento europeo e del mandato popolare che gli verrà rinnovato”, ha affermato il presidente Mattarella. “La storia presenta sempre il conto delle occasioni perdute”.
In definitiva, l’Unione europea è tuttora “un’impresa in salita, dove alle difficoltà e alle visioni anguste si devono contrapporre fattori ideali e politici”. Citando di nuovo De Gasperi, occorre pazienza “di fronte alle lentezze dell’uomo”, e l’Unione europea – nella pratica “l’unità europea” – continua ad incarnare, tuttora oggi, “l’ambizione di completare uno storico percorso di innegabile successo”. Un progetto in continuo divenire, mai completo, e sempre moderno.
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