Cronache dai Palazzi
Forte “delusione” a via XX Settembre e a Palazzo Chigi per la decisione della Banca centrale europea. L’aumento del costo del denaro raffredderebbe ulteriormente un’economia già in crisi con il rischio di spingersi sempre più in basso. Tutto ciò complica i conti dello Stato, ma anche di famiglie e imprese.
Francoforte, inoltre, si aspetta una revisione della tassa sugli extraprofitti, ancora da definire. Il governo italiano, a sua volta, continua a definirlo un provvedimento “giusto”, un deterrente per evitare eccessivi inasprimenti del credito e un ulteriore allargamento della forbice tra tassi attivi e passivi.
Secondo la presidente della Bce, Christine Lagarde, “la natura retroattiva dell’imposta può alimentare la percezione di un quadro fiscale e legale incerto, nonché suscitare falsi contenziosi”. In sostanza la Bce esorta il governo italiano a realizzare “un’analisi approfondita” delle conseguenze della tassa sugli extraprofitti, “al fine di valutare se la sua applicazione ponga rischi per la stabilità finanziaria” per “la tenuta del settore bancario” e se provochi “distorsioni del mercato”. Francoforte avverte che la tassa sugli extraprofitti potrebbe minare la fiducia degli investitori nel settore creditizio italiano; gli extra-costi nella raccolta bancaria potrebbero inoltre gravare su famiglie e imprese attraverso un’ulteriore crescita dei tassi dei prestiti superiore a quella registrata in altri Paesi europei.
Dopo la rivolta dell’Abi e il forte richiamo della Bce, Palazzo Chigi ha ben chiaro che occorre rivedere la tassa sugli extraprofitti: “Se ci sono correttivi si possono fare, ma non intendo fare marcia indietro”, ha comunque dichiarato la premier Giorgia Meloni. Le nuove regole saranno riviste in Parlamento, magari apportando “modifiche chirurgiche” anche per evitare il rischio di incostituzionalità.
Intervenendo all’Assemblea di Confindustria il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sottolineato il sottile legame tra economia e democrazia, tra l’altro proprio nella Giornata internazionale della democrazia. Il capo dello Stato ha partecipato all’Assemblea degli industriali – non solo con discorso come negli anni passati – in primo luogo per ricordare i valori costituzionali nell’anno in cui si celebra il settantacinquesimo anniversario della Costituzione italiana. “Siamo tra coloro che credono che, in un ordinamento come il nostro, che correttamente ambisce a una maggiore stabilità di governo, il capo dello Stato debba continuare ad essere il garante della Costituzione”, ha affermato il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Rivolgendosi direttamente al presidente Mattarella, Bonomi ha aggiunto: “Siamo certi che Lei continuerà a far sentire la sua voce ferma e ispirata a tutela dei principi della nostra Democrazia, a sostegno delle scelte internazionali fatte liberamente dall’Italia, per l’osservanza e per l’attuazione dei diritti dei cittadini, a partire dai più fragili”. In sostanza “senza democrazia non possono esserci né mercato, né impresa, né lavoro, né progresso economico e sociale”.
Il capo dello Stato ha a sua volta messo in evidenza il “grande valore” del mondo dell’industria italiana “così centrale nella vita del Paese e così prezioso nell’ambito dell’Unione europea”, che “con il suo impegno e con il suo lavoro” contribuisce al “rafforzamento della Repubblica e delle sue istituzioni”. In definitiva “la Costituzione esprime anche l’anima delle imprese italiane”.
L’impresa rappresenta essa stessa uno “spazio democratico in cui i valori del bene comune e della responsabilità sociale devono manifestarsi nella loro concretezza così come è accaduto nei mesi durissimi della pandemia”. Occorre mirare ad un mercato del lavoro “inclusivo”, in particolare per giovani e donne, rendendo “effettivo” il diritto al lavoro, Tutto ciò “induce alla consapevolezza che i luoghi di vita, le persone, i cittadini che li animano, sono parte, irrinunciabile, del progetto di coesione sociale, di libertà, di diritti e di democrazia della Repubblica”.
“La democrazia si incarna nei mille luoghi e di studio”, ha sottolineato il capo dello Stato. Ed ancora “nel lavoro e nella riflessione dei corpi sociali intermedi della Repubblica. Nel riconoscimento dei diritti sociali. Nella libertà d’intraprendere dei cittadini”. Perché ciò che muove il progresso è “‘il capitale sociale’ di cui un Paese dispone. Un capitale che non possiamo impoverire”. Molti giovani cercano ad esempio lavoro all’estero a fronte di salari troppo bassi nel nostro Paese.
In questo contesto, occorre difendere e rispettare valori costituzionalmente rilevanti come il rispetto della dignità umana e il dovere di solidarietà; la tutela del lavoro (Art.35); le condizioni di lavoro, tra cui “una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità” del proprio lavoro e “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (Art.36); la donna lavoratrice (Art 37); la sicurezza sul lavoro (Art.38).
“Democrazia è rispetto delle regole a partire da quelle sul lavoro” e il “principio fondamentale” della democrazia è “evitare la concentrazione del potere, a garanzia della libertà di tutti”. Un principio valido all’interno delle istituzioni ma anche all’interno del mondo dell’impresa, in cui sviluppare una sana concorrenza in un mercato fondamentalmente libero e in cui non si affermano dei monopoli. Il principio della nostra Costituzione non è concentrare la ricchezza ma diffonderla. “Al centro della Costituzione vi sono, difatti, i diritti della persona umana non quelli del presunto ‘homo oeconomicus’”, ha ammonito il capo dello Stato. Occorre “evadere dal dirigismo economico e dal protezionismo tipico delle esperienze autoritarie. Significa trasferire sul terreno dell’economia il principio di libertà”.
A proposito di tutela e difesa dei più deboli Viale dell’Astronomia ritiene comunque “che la mera introduzione di un salario minimo legale, non accompagnata da un insieme di misure volte a valorizzare la rappresentanza, non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero, né la piaga del dumping contrattuale, né darebbe maggiore forza alla contrattazione collettiva”. Carlo Bonomi sottolinea: “La Costituzione ci obbliga a riconoscere al lavoratore un salario giusto” e tale funzione “è affidata alla contrattazione”. Inoltre, l’industria “negli ultimi vent’anni ha avuto dinamiche retributive di gran lunga superiori al resto dell’economia”. In uno scenario di certo complesso e alquanto problematico non bisogna comunque trascurare la “forza delle istituzioni”, la “solidità delle proprie imprese”, il “valore dell’iniziativa e dell’innovazione nel mondo che cambia velocemente”.
Concetti, come ha sottolineato il presidente Mattarella, alla base del messaggio di Luigi Einaudi – primo presidente della Repubblica eletto – del 31 marzo del 1947, contenuto nelle Considerazioni finali da Governatore della Banca d’Italia, poche settimane prima di assumere l’incarico di Ministro del Bilancio del governo De Gasperi. Sulla situazione economica di allora Einaudi affermava: “È necessario che gli italiani non credano di dover la salvezza a nessun altro fuorché sé stessi”. Nell’epoca attuale, invece, potremmo dire: “A noi stessi e agli altri popoli con i quali abbiamo deciso di raccoglierci nell’Unione europea”, spiega il capo dello Stato sottolineando il dovere dell’impegno “necessario” per affrontare le difficoltà, operando una “adeguata e coraggiosa ricerca di soluzioni” ed evitando nel contempo di “cedere alle paure” o alla “tentazione di cavalcarle”. Occorre “agire con razionalità e concretezza” e “guardare e progettare il futuro” nel mondo delle istituzioni così come all’interno delle imprese, contribuendo in questo modo alla crescita del Paese.
A proposito di crescita, in ambito europeo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha affidato all’ex presidente della Bce, Mario Draghi, la realizzazione di un rapporto sul futuro della competitività europea, auspicando che l’Europa torni protagonista. A fronte delle sfide nel mondo del lavoro, l’inflazione e l’ambiente commerciale, una riflessione risulta necessaria. L’incarico affidato a Draghi arriva, nello specifico, a ridosso di un suo articolo sull’Economist in cui Mario Draghi ha lanciato l’allarme sulle sorti dell’Europa avvisando che l’Unione non può tornare alle regole del passato, auspicando quindi una riforma del Patto di stabilità, l’unione monetaria e fiscale, all’insegna di una maggiore integrazione europea. “Le strategie che hanno garantito la prosperità e la sicurezza dell’Europa in passato – la dipendenza dall’America per la sicurezza, dalla Cina per le esportazioni e dalla Russia per l’energia – sono diventate insufficienti, incerte o inaccettabili”, spiega Mario Draghi nel suo articolo sull’Economist, aggiungendo che “la creazione di un’unione più stretta si rivelerà alla fine l’unico modo per garantire la sicurezza e la prosperità che i cittadini europei desiderano”. A proposito di “un’unione più stretta” come è noto non tutti i Paesi membri sono d’accordo. L’allargamento ai Paesi dei Balcani e all’Ucraina senza aver prima provveduto alle riforme potrebbe inoltre rivelarsi controproducente.
Sull’Economist Mario Draghi sottolinea comunque la necessità di “nuove regole e più sovranità condivisa” per l’Ue. Fattori indispensabili per competere a livello internazionale e per poter affrontare le sfide e la crisi in atto adottando risposte rapide. In sostanza la vecchia Unione “non c’è più” e tornare al vecchio Patto di Stabilità “sarebbe il risultato peggiore possibile”. A questo punto, in attesa del report dell’ex presidente della Bce, i Paesi membri potrebbero rallentare i tempi del negoziato sul Patto.
Mario Draghi dopo aver ricevuto carta bianca dalla presidente von der Leyen si è impegnato a redigere il rapporto in vista della prossima legislatura europea tanto attesa e che si preannuncia decisiva. In definitiva, la tesi di Mario Draghi è che da soli i Paesi dell’Unione non riescono a reggere le sfide globali e, senza un potenziamento delle regole e delle istituzioni comunitarie, l’Europa potrebbe condannarsi all’emarginazione diventando marginale nel mercato globale e nello scenario globale, politico ed economico. Ridefinire le regole di bilancio, un Patto di Stabilità al passo con le esigenze del momento presente, potrebbe garantire finanze più credibili e permetterebbe di fronteggiare al meglio gli imprevisti. È necessario che l’intera Europa e le istituzioni europee si rendano conto del cambiamento epocale in atto, in particolare dopo la pandemia e con un conflitto ai confini ancora acceso.
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