Enzo Jannacci – Vengo anch’io (2023)
Giorgio Verdelli (Napoli, 1959) mette a segno un altro dei suoi colpi da maestro con Enzo Jannacci – Vengo anch’io, purtroppo distribuito per soli tre giorni (11-13 settembre) in 165 sale cinematografiche.
Lo schema di riferimento è identico al buon lavoro fatto su Paolo Conte, una serie di immagini prelevate dai programmi televisivi e dalle apparizioni in pubblico del grande cantautore, interviste a chi l’ha conosciuto (Conte, Vecchioni, Paolo Rossi, Bisio, Guccini, Abatantuono, Lundini, Vasco Rossi, persino Gabbani), brani inediti, il tutto accompagnato dal racconto appassionato e commosso del figlio Paolo. Il documentario non ha un difetto, perché non segue la strada della biografia didascalica, visto il personaggio preferisce il registro stralunato e scorretto, quasi surreale, che ben racconta un simile autore.
Lo spettatore resta affascinato dalle immagini tratte da Il poeta e il contadino – successo televisivo con Cochi e Renato, Andreasi e Boldi – dal racconto di un’amicizia intensa con Giorgio Gaber e Dario Fo, dagli anni del Derby di Milano (poi diventato Zelig) e del primo cabaret televisivo. Vediamo persino un’intervista inedita che Jannacci rilasciò a Verdelli nel 2005, alternata alla voce del figlio Paolo nel compito di narratore, così come viene fuori la passione per la musica e per la medicina, la doppia cifra stilistica e vitale di un personaggio unico nel panorama canoro italiano. Verdelli non trascura Jannacci attore (era una cosa che sapeva far bene ma ad Enzo non piaceva) con immagini tratte da L’udienza di Ferreri; né il compositore di straordinarie colonne sonore (Romanzo popolare e la struggente Vincenzina e la fabbrica).
Sono 97 minuti di documentario che scorrono bene come una fiction, nei quali apprendiamo dalla voce di Dori Ghezzi che Via del Campo di Fabrizio De André nasce da un’intuizione musicale di Jannacci che per anni non ha voluto comparire come autore. Paolo Conte ci racconta la grande amicizia che lo legava a Jannacci e assistiamo alle diverse versioni delle canzoni scritte insieme, piccoli capolavori come Bartali, adattati dal più grande cantautore italiano (la definizione è di Vecchioni ma anche di Conte) alla sua cifra surreale. Notevole la testimonianza di Vasco Rossi, una scoperta di Jannacci, che lui stesso considera un Maestro, con una lettera scritta da Enzo al cantante rock nei primi tempi della sua carriera, quando non veniva compreso. Vecchioni ricorda anche la grande importanza culturale di Jannacci come milanese doc, alla scoperta del patrimonio musicale meneghino, con le prime canzoni dedicate al mondo dei diversi, degli ultimi, dei barboni. Alcuni brani come Lettera da lontano (scritta con il figlio Paolo) si sono sentiti poco, altri sono persino inediti, alcuni sono pezzi storici (da Vengo anch’io a Se me lo dicevi prima).
Produzione Sudovest e Indigo Film, in associazione con Gianfranco Romano, distribuito nelle sale Medusa. Se l’avete perso lo recupererete presto in televisione. Imperdibile, se amate Jannacci.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]