Cronache dai Palazzi
Il governo italiano cerca alleati in Europa sulla questione immigrazione, e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella firma il decreto-legge migranti approvato dal Consiglio dei ministri il 27 settembre. Si tratta di un provvedimento con disposizioni urgenti in materia di immigrazione e protezione internazionale, nonché per il supporto alle politiche di sicurezza e la funzionalità del Ministero dell’Interno. Il provvedimento contiene la stretta sui minori con esami più specifici per accertare l’età e l’aumento delle espulsioni. Ora partirà l’esame della Camera.
Di fatto la premier Giorgia Meloni ha evitato l’accerchiamento europeo con la consapevolezza di dover negoziare con i Ventisette, evitando quindi ogni forma di scontro. Sottolineando “siamo tutt’altro che isolati in questa trattativa”, la premier Meloni ha di fatto messo in evidenza il timore seminato nel corso di vari mesi: di un’Italia che per quanto riguarda la questione immigrazione rischiava l’isolamento o comunque la mancanza di sostegno da parte degli altri Paesi dell’Ue, con l’aggravante di essere costantemente incalzata dalle opposizioni sul fronte interno.
“La percezione e gli intenti dell’Europa sulla migrazione stanno evolvendo verso una linea più pragmatica e di legalità”, ha sottolineato Meloni. Uno scenario complesso reso ancor più contorto dalla campagna elettorale per le Europee del 2024. A proposito di migranti, inoltre, Palazzo Chigi subisce pressioni non solo da parte delle istituzioni europee ma anche da parte sia degli alleati sia dalle opposizioni. In ogni modo non è possibile risolvere le questioni escludendo i canali diplomatici e le istituzioni continentali. Attaccare tali capisaldi può essere un boomerang per il nostro Paese.
A proposito di dialogo e di accordi, nei giorni scorsi a Granada, in Spagna, si è riunita la Comunità politica europea nel Consiglio europeo informale. Oltre all’Italia hanno partecipato Gran Bretagna, Albania, Francia, Olanda e presidenza dell’Ue; assente il cancelliere tedesco Olaf Scholz – che ha incontrato Meloni in un bilaterale successivo – e lo spagnolo, nonché padrone di casa, Pedro Sánchez. L’incontro, voluto dal premier britannico Rishi Sunak, ha portato alla stesura di un documento programmatico in 8 punti, facendo convergere i Paesi partecipanti soprattutto su un principio: gli accordi bilaterali con gli Stati di provenienza della migrazione illegale sono necessari ma non sufficienti; essi rappresentano una fase 1 ma occorre passare ad una fase 2 in cui realizzare azioni concrete, come lo screening in tempo reale sui flussi dei migranti attraverso la tecnologia satellitare e una mappatura delle imbarcazioni esistenti, in particolare riferendosi alla Libia e alla Tunisia. In questo contesto risulta essenziale la condivisione delle informazioni tra i Servizi dei diversi Paesi, che avrebbe come step immediatamente successivo lo smantellamento del traffico di esseri umani e quindi della logistica ad esso connessa – come avvenuto di recente nella Manica – per l’appunto in riferimento a Tunisia e Libia, di concerto con le autorità locali. La Guardia costiera dei suddetti Paesi nordafricani svolge per l’appunto il proprio compito nelle acque territoriali cercando di arrestare la traversata dei barchini di fortuna.
L’approccio al problema prevede quindi fasi successive e il leit motiv è: “dalla diagnosi alla cura”, nonostante il “veto duro” da parte di Polonia e Ungheria sul nuovo Patto per la migrazione e l’asilo. Dopo il vertice di Granada la premier Meloni si è dichiarata comunque “soddisfatta” per “un testo che va molto più incontro alle esigenze dell’Italia, abbiamo dimostrato che siamo tutt’altro che isolati in questa trattativa”, ha sottolineato la premier ribadendo l’importanza della dimensione esterna per cui “bisogna correre di più”, e della quale si è per l’appunto occupato il vertice con Francia e Gran Bretagna, mettendo inoltre nero su bianco delle azioni concrete. Il leader ungherese Viktor Orbán ha a sua volta ribadito, anche alla stampa, il proprio no di fronte a qualsiasi accordo sull’accoglienza dei migranti. Nel vertice di Granada oltre che di immigrazione si è discusso inoltre di allargamento dell’Unione, di Ucraina e di Intelligenza artificiale. Si tratta di un asse politico-culturale avviato nel 2022, dopo l’invasione russa in Ucraina, quando su proposta del presidente francese Emmanuel Macron è stata istituita la Cpe, una piattaforma europea alla quale partecipano 44 Paesi (anche extra-Ue) oltre al presidente del Consiglio europeo e alla presidente della Commissione. L’obiettivo della Cpe è promuovere il dialogo politico e la cooperazione, e rafforzare la sicurezza e la stabilità dell’Europa.
Il regolamento per la gestione della crisi ha preceduto il vertice di Granada. Il regolamento è uno dei tasselli fondamentali del Patto per la migrazione e stabilisce delle regole nel caso in cui un Paese europeo sia sotto pressione a causa di un aumento di sbarchi e di arrivi al di sopra del normale, e a causa di situazioni prodotte dalla strumentalizzazione dei migranti da parte di Paesi terzi. Il regolamento prevede un meccanismo di solidarietà obbligatorio e quindi i ricollocamenti dei migranti e un’equa ripartizione delle responsabilità tra i Paesi Ue. “Le operazioni di aiuto umanitario, secondo gli standard europei, non dovrebbero essere considerate come strumentalizzazione dei migranti quando non vi è l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro”, si afferma.
Germania e Italia hanno chiaramente posizioni diverse sulle Ong, ma è stato raggiunto un equilibrio con la “soddisfazione” di Palazzo Chigi. “L’accordo è un successo per l’Italia”, ha affermato il vicepremier e ministro degli Esteri Antoni Tajani, e Meloni ha sottolineato: “Scholz è d’accordo sulla strategia italiana in Tunisia”. Per il cancelliere tedesco è “una svolta storica” e il regolamento “limiterà efficacemente la migrazione irregolare in Europa e alleggerirà durevolmente Stati come la Germania”; la ministra degli Esteri Annalena Baerbock ha a sua volta messo in evidenza che Berlino “ha lottato duramente con Bruxelles per garantire che gli standard umanitari minimi non venissero indeboliti”. La ministra tedesca ha inoltre sottolineato: “Gli ultimi giorni e le ultime ore hanno dimostrato quanto sia importante lottare fino all’ultimo minuto per gli interessi tedeschi ed europei. È importante che i negoziati con il Parlamento europeo sul sistema europeo di asilo possano ora proseguire rapidamente”. Il governo tedesco mirerebbe a bloccare i finanziamenti delle Ong per il soccorso dei migranti nel Mediterraneo per il prossimo anno, soprattutto in seguito alle ultime vicende. Nel bilancio del 2023 il ministero degli Esteri tedesco aveva stanziato circa due milioni di euro per queste organizzazioni. Nel bilancio del 2024 la nota sui due milioni sembra non esserci, e non sarebbe una svista. “Con Meloni ci siamo compresi, siamo pragmatici, non lavoriamo gli uni contro gli altri”, ha affermato Scholz sottolineando che per quanto riguarda i finanziamenti alle Ong ha deciso il Bundestag. Per la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, l’accordo rappresenta “un vero punto di svolta che consente di portare avanti i negoziati con Parlamento e Consiglio”.
Di fatto l’accordo raggiunto a Bruxelles sul regolamento delle crisi del Patto Ue sui migranti rende più vicino il varo della riforma sull’asilo da parte del Parlamento europeo. In occasione della revisione del bilancio pluriennale la Commissione europea proporrebbe, inoltre, un incremento di 15 miliardi per fronteggiare le migrazioni. In questo contesto la premier Meloni ha puntualizzato: “Concordo sulle nuove risorse se andranno no al capitolo migranti ma all’Africa, ad una partnership complessiva”. In sostanza si tratta di portare avanti il modello tunisino, come in sostanza è emerso a Granada. “Non permetteremo ai contrabbandieri di decidere chi entra nell’Ue”, si legge nella dichiarazione di Charles Michel allegata a quella di Granada.
Da Porto, in occasione della XVIII Riunione informale dei Capi di Stato del Gruppo Arraiolos, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ribadito le questione fondamentale dei flussi migratori sottolineando l’importanza dell’accordo raggiunto nel contempo a Bruxelles, senza trascurare la situazione ucraina, sia dal punto di vista del conflitto sia per quanto riguarda un’eventuale partecipazione all’Ue – come anche per la Moldavia e quando ci saranno le condizioni per la Georgia – “con la convinzione che questo sia un effetto della consapevolezza che la crescente adesione all’Unione europea sia un fattore di stabilizzazione della comunità internazionale, che in questi decenni ha funzionato con grande importanza”, ha affermato il presidente Mattarella. Un’Unione europea che il prossimo anno (2024), ormai tra qualche mese, si rinnoverà grazie al voto: “Questo grande esercizio democratico deve ricadere su una struttura di Unione europea che abbia un’effettiva capacità di efficienza, di veloce decisione, di una capacità di efficacia di azione in questo mondo che sta cambiando”. Si tratta di “un obiettivo ambizioso”, ha sottolineato il capo dello Stato, “per cui serve un grande impegno, una grande collaborazione reciproca”. In fondo “agire attraverso difficoltà e crisi” è “lo stile dell’Europa”.
Sul fronte interno, via libera definitivo per il decreto Asset, il provvedimento che secondo l’esecutivo dovrebbe rafforzare le misure a tutela dei consumatori in materia di trasporto aereo e taxi. Il decreto passa a Montecitorio con 155 voti favorevoli, 108 voti contrari e due astenuti. La tassa sugli extraprofitti risulta cambiata rispetto alla stesura iniziale. La modifica permette agli istituti di credito la possibilità di non versare l’imposta e accantonare un importo pari a 2,5 volte il valore della tassa, per destinarlo al rafforzamento del patrimonio. Modificato anche il tetto massimo dell’imposta dallo 0,1% del totale dell’attivo allo 0,26% dell’importo ponderato. I tassisti invece hanno proclamato uno sciopero per il 10 ottobre quando fermeranno le loro auto per 24 ore. Alla base della protesta vi è la possibilità per i sindaci di rilasciare fino al 20% di nuove licenze, cancellando o comunque limitando la programmazione territoriale. Le città interessate sarebbero una sessantina, comprese le città metropolitane. Con tale norma il governo mira a risolvere la carenza del servizio tentando di risolvere la difficoltà di reperire un taxi nelle principali città italiane. Il decreto prevede nuove norme anche rispetto alla doppia guida e sulle licenze temporanee. I sindaci non sono del tutto d’accordo in quanto, grazie al decreto, il denaro che deriverebbe dal rilascio delle nuove licenze andrebbe esclusivamente ai tassisti e non più ai comuni. Non a caso Roma e Firenze, ad esempio, ipotizzano di utilizzare la vecchia procedura ordinaria per la concessione delle licenze.
Altro nodo al pettine è la questione del salario minimo, per cui il Quirinale ha nominato otto esperti in seno al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Il Cnel ha a sua volta approvato – nonostante il no della Cgil e l’astensione della Uil – un documento di istruttoria tecnica sul salario minimo che, di fatto, esclude l’ipotesi di introdurlo per legge, favorendo invece il rafforzamento della contrattazione. Il documento finale del Cnel – atteso dopo le riunioni dei prossimi giorni come l’assemblea del Consiglio del 12 ottobre – dovrebbe confermare che la soluzione per risolvere il problema delle retribuzioni troppo esigue è un “un piano nazionale” per rafforzare per l’appunto la contrattazione.
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