Cronache dai Palazzi
Della manovra sono solo “bozze”, per di più “da ritenersi non attendibili”, rassicura il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il testo della legge di Bilancio non è ancora arrivato in Parlamento – la prossima settimana è atteso a Palazzo Madama – ma si riapre la spaccatura all’interno della maggioranza, ad esempio per quanto riguarda le pensioni. Per il leader della Lega, Matteo Salvini “Quota 104 deve sparire”. Quota 104, ossia andare in pensione con 41 anni di contributi e 63 anni di età – non più 62 come in “Quota 103” – genererebbe un risparmio ma se servono ulteriori risorse Salvini suggerisce di ricavarle “dagli extraprofitti delle banche”. In definitiva la maggioranza, per ora, sembra essersi accordata su Quota 103 con il tetto: 62 anni di età e 41 di contributi.
L’uscita anticipata dal mondo del lavoro viene contestata anche dai sindacati. La Cgil e la Uil, in particolare, insistono sullo sciopero o, meglio, una serie di scioperi di 8 ore e manifestazioni territoriali a partire dal 17 novembre. Il motivo: “Il governo fa cassa sulle pensioni invece di superare la Fornero”, come ha affermato anche il leader dei Cinquestelle Giuseppe Conte mentre Carlo Calenda di Azione chiede che “la maggioranza si scusi” con l’autrice della riforma; il centrodestra non sembra renderla migliore. A proposito di pensioni la manovra prevede inoltre una penalizzazione in quanto la quota di pensione calcolata con il sistema retributivo – in sostanza per i contributi versati prima del 1996 – verrà ridotta e sostituita con il calcolo contributivo, tanto più se il lavoratore ha un’età inferiore a 67 anni. L’Ape sociale, invece, resterà in vigore fino alla fine del 2024 ma inasprendo i requisiti. L’Ape sociale rappresenta una forma di accompagnamento alla pensione per certe categorie (disoccupati, invalidi, caregivers, addetti a mansioni gravose) che possono lasciare prima il lavoro ricevendo, fino al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento, un assegno ponte per un massimo di 1.500 euro al mese, cumulabili con 5 mila euro annui di reddito da lavoro. Nel 2023 per poter usufruire dell’Ape sociale occorre avere almeno 63 anni e aver maturato 36 anni di contributi (30 per i disoccupati). La bozza di legge di Bilancio per il 2024 prevede un aumento di 5 mesi per quanto riguarda l’età, quindi 63 anni e 5 mesi.
Rinnovata inoltre Opzione donna ma con una stretta dei requisiti. Già un anno fa la misura ha subìto un ridimensionamento in quanto è stata limitata a poche categorie: invalide, caregivers, lavoratrici licenziate o di aziende in crisi. Nel 2023 potranno accedere al canale di prepensionamento Opzione donna coloro che entro il 31 dicembre 2022 hanno raggiunto 35 anni di contributi e 60 anni di età, che diventano 59 con un figlio e 58 con due o più figli. Dal 2024 l’età minima sale a 61 anni, inalterate le altre condizioni così come il calcolo di tutto l’assegno con il contributivo.
La nuova legge di Bilancio prevede inoltre per i giovani che hanno cominciato a lavorare dopo il 1995, e che ricadono interamente nel sistema contributivo, la possibilità di riscattare in forma agevolata fino a 5 anni di contributi, con un meccanismo simile al riscatto degli anni universitari. La misura verrà applicata “in via sperimentale” nel biennio 2024-25.
Stretta anche per coloro che hanno usufruito del Superbonus: tre gli interventi fiscali che impattano sugli immobili che sono stati ristrutturati con le agevolazioni del 110%. Se rivenduti entro cinque anni prima della fine dei lavori, occorrerà tener conto dell’incremento di valore che deriva dai lavori legati al Superbonus e la plusvalenza verrà tassata separatamente. Tutto invariato nel momento in cui il credito fiscale risulta in detrazione o se gli immobili sono stati acquistati per successione.
Contrari ai tagli anche i sindaci: “Chiediamo di essere convocati perché se ci tagliano 250 milioni, diventa difficile gestire un Comune”, ha affermato il presidente dell’Anci Antonio Decaro.
Dibattito all’interno della maggioranza anche per quanto riguarda il pignoramento agli evasori, nello specifico a proposito della possibilità di pignorare i conti correnti di costoro. “Pignoramento dei conti correnti? Privo di fondamento”, afferma Salvini, e la premier Meloni ci tiene a smentire anche attraverso i social, opponendosi al prelievo forzoso sui conti correnti: “Non se ne parla, questa norma non passa”. Rimane il fatto che la norma che consentirebbe all’Agenzia della Riscossione di rendere più rapido il pignoramento dei conti correnti rappresenta uno dei bias della nuova legge di Bilancio, nonostante non sia ancora il testo definitivo, nonostante manchino solo dieci giorni dal via libera del governo in Parlamento. Nella delega per la riforma fiscale l’esecutivo aveva previsto pignoramenti “automatici” ma la maggioranza ribadisce di aver proposto semplicemente una “informatizzazione” delle procedure. Palazzo Chigi intervenendo con una nota informale ha definito “priva di fondamento” la notizia che l’Agenzia delle Entrate potrebbe accedere direttamente ai conti correnti, sottolineando che la norma consente esclusivamente di “efficientare strumenti informatici esistenti” nel “rispetto dei diritti del contribuente e della sua privacy”. In sostanza si potranno recuperare somme da coloro che non si sono opposti e non hanno avuto sospensioni giudiziali.
Il punto fermo della manovra rimane il taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef, per cui saranno messi a disposizione 14 miliardi per 14 milioni di lavoratori; altri 11,6 miliardi di euro per il ponte sullo Stretto. All’articolo 56 è stato inserito il comma 1 (che mancava nella bozza precedente) per cui per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina la norma autorizza “la spesa complessiva di 11.630 milioni di euro”, 780 milioni nel 2024 e cifre superiori al miliardo negli anni successivi fino al 2031; infine 260 milioni nel 2032. Nel testo viene inoltre sottolineato che, entro il 30 giugno di ogni anno, il ministero delle Infrastrutture dovrà presentare un’informativa “sulle iniziative intraprese ai fini del reperimento di ulteriori risorse a copertura dei costi di realizzazione dell’opera”.
Sul fronte europeo la premier Meloni ha incontrato la resistenza rigorista delle istituzioni Ue, che ricordano all’Italia le regole di bilancio e la necessità di rispettare il Patto di Stabilità, nella pratica dei fatti mai scomparso e che nel 2024 torna a tutti gli effetti.
Per quanto riguarda il Mes, invece, “penso che dobbiamo stare alla posizione che la maggioranza ha espresso”, ha dichiarato Meloni, aggiungendo: “Continuo a ritenere che, indipendentemente da cosa si pensi sullo strumento in sé, non sia utile per nessuno porre la questione adesso”. Lo ha affermato la premier al margine del Consiglio europeo di fronte ai microfoni dei cronisti. “Quando abbiamo chiaro il quadro faremo le valutazioni più pertinenti”, ha puntualizzato Meloni, e a proposito di un eventuale nuovo rinvio della discussione in Aula ha sottolineato: “Lo dirà il Parlamento, non sta a me deciderlo”. In definitiva il Mes “non è stato oggetto di questo dibattito”, ha affermato Meloni riferendosi al dibattito avvenuto all’interno del Consiglio europeo; inoltre “non si può affrontare il tema di questo strumento se non si conosce la cornice”. Il Mes “richiama ai vecchi parametri del Patto di Stabilità” e discuterne in questo momento sembrerebbe inutile.
Per quanto riguarda invece il nuovo Patto di Stabilità e crescita, il capo del governo ha spiegato che nelle conclusioni del vertice “c’è il riferimento a chiudere le nuove regole sulla governance entro la fine dell’anno”. Inoltre “anche questo non era scontato – ha puntualizzato Meloni – non è facile la trattativa”. Per di più “le posizioni di partenza sono divergenti, ma penso che anche grazie al contributo italiano qualche passo avanti è stato fatto”, ha aggiunto la premier. Rivolgendosi alla manovra Meloni ha infine sconsigliato “di rincorrere le bozze, perché di bozze ce ne sono tante”, e ha puntualizzato che il governo italiano sta “lavorando bene” ed è “in dirittura di arrivo”. Infine “non è stata prevista alcuna norma per il prelievo dei conti correnti, non è prevista dalla legge di Bilancio”. Fatto sta che nel 2024 l’Agenzia delle Entrate potrebbe contare su una procedura semplificata per accedere ai conti correnti dei debitori per procedere, eventualmente, al pignoramento delle somme da riscuotere. La bozza della manovra, inoltre, esclude dalla nuova procedura le somme inferiori a mille, “per esigenze di massima tutela del debitore”; ma Palazzo Chigi avverte che la norma non passerà nemmeno in questa forma.
In definitiva Meloni riassume: “Al netto del fatto che è già previsto che l’Agenzia delle Entrate possa pignorare i conti correnti, lo ha fatto il precedente governo, nella legge di Bilancio l’unica cosa che è scritta è che bisogna implementare la lotta all’evasione ma non è prevista alcuna norma che consente di prelevare i soldi dai conti correnti”, ha spiegato la premier con l’obiettivo di sgombrare il campo dalle polemiche.
Non si può negare che, per quanto riguarda la manovra in dirittura di arrivo in Parlamento, “ci sono allo stato attuale problemi particolari da superare”. A proposito di tempi “nelle prossime ore, weekend permettendo, sarà inviata al Parlamento: il nostro obiettivo è di dare un segnale di compattezza anche approvandola in tempi rapidi”, ha spiegato il presidente del Consiglio parlando della manovra a Bruxelles. Meloni ha inoltre ribadito che la regola “zero emendamenti” sul testo in maggioranza “è una buona idea perché l’elemento che qualifica la capacità della maggioranza di fare il suo lavoro è la tempistica con cui decide. Se diamo un segnale che lavoriamo velocemente, rispettando i tempi di una Repubblica parlamentare, facciamo una cosa fatta bene”.
La manovra economica 2024 del valore di 24 miliardi è stata varata dal governo il 16 ottobre e il 24 è stata diffusa la prima bozza sui contenuti, divisi in due sezioni e 13 titoli oltre al decreto sulla delega fiscale. Affinché diventi legge di Bilancio, il testo della manovra dovrà essere inviato prima alla Commissione europea per una valutazione e poi alla Camera e al Senato per essere approvata in maniera definitiva. Come tutti gli anni l’iter parlamentare deve concludersi entro il 31 dicembre altrimenti scatterebbe l’esercizio provvisorio, per cui la spesa pubblica verrebbe gestita in base ai dati storici relativi ai precedenti esercizi finanziari.
Sul fronte della sicurezza il governo italiano ritiene urgente fermare i flussi migratori irregolari ribadendo la sospensione di Schengen, in primo luogo, riguardo alla rotta balcanica, che rappresenta “una potenziale fonte di rischio”. In definitiva “esiste un legame tra terrorismo e immigrazione, conseguenza anche delle politiche migratorie del passato”, ha ammonito la premier Meloni in Parlamento prima di recarsi a Bruxelles. Il Consiglio europeo, invece, per quanto riguarda il capitolo immigrazione ha ribadito, in maniera compatta, che occorre seguire “una logica di pacchetto”. La priorità è lavorare sui confini esterni e sugli accordi con i Paesi di transito, predisponendo nuove risorse a sostegno del capitolo.
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