Cronache dai Palazzi
Manovra blindata dalla maggioranza e modifiche ridotte al minimo. Le “correzioni” dei partiti molto probabilmente verranno prese in considerazioni con ordini del giorno. Una cabina di regia ad hoc deciderà che forma dare a tali “correzioni”, potrebbe essere un maxi emendamento governativo oppure una correzione a firma dei relatori. Il margine di manovra sarà comunque ridotto, anche per concludere l’iter della manovra entro i termini previsti, se non prima di tali termini. “Nel migliore dei mondi possibil vorremo chiudere la finanziaria alla Camera entro il 15-20 dicembre”, ha dichiarato il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani.
Il governo potrebbe intervenire ad esempio per correggere la norma che prevede il ricalcolo della pensione per diversi dipendenti pubblici, tra cui i medici i quali hanno confermato lo sciopero per il 18 dicembre. Molti medici, avendo i requisiti, potrebbero essere spinti ad anticipare la pensione proprio a causa del ricalcolo.
Si ipotizza anche la reintroduzione del bonus psicologo: introdotto nel 2021 e in scadenza quest’anno, nel 2024 potrebbe essere prorogato. Un bonus che può arrivare a 600 euro per i redditi Isee inferiori ai 15 mila euro, non superare i 400 euro l’anno per i redditi tra i 15 e i 30 mila euro e raggiungere un massimo di 200 euro per coloro che hanno un Isee tra 30 e 50 mila euro. La proroga per il Superbonus al 110% per i condomini sembra essere invece molto improbabile, ma si ipotizza uno stato di avanzamento dei lavori straordinario a fine anno, per poter saldare le spese fatte fino al 31 dicembre. Si prevede infine la modifica della percentuale della cedolare secca sugli affitti brevi che la manovra di bilancio porterebbe al 26%. Nelle ipotesi della maggioranza la nuova aliquota potrebbe interessare solo coloro che affittano due o più unità immobiliari. Per gli altri resterebbe al 21% mentre è previsto un Codice identificativo per tutti.
Nonostante le prerogative di Palazzo Chigi le opposizioni annunciano “un corposo pacchetto di emendamenti” con l’idea di “riattivare, raddoppiare e triplicare, a seconda dei casi, le aliquote dei crediti d’imposta, Transizione 4.0 per gli investimenti delle imprese”. Si potrebbe inoltre riaprire la partita sul salario minimo, per cui il centrodestra intenderebbe presentare un emendamento alla proposta di legge delle opposizioni in discussione alla Camera.
Per quanto riguarda la situazione economica l’Istat segna al ribasso l’inflazione, all’1,7% nel mese di ottobre 2023 e quindi uno 0,1% in meno rispetto alla stima iniziale. I prezzi tornano ai livelli di luglio 2021 (1,9%).
Per l’Ue, grazie agli investimenti finanziati dal Pnrr, nel 2024 il Pil italiano registrerà una crescita (0.9%) ma ancor di più nel 2025 (1.2%). “L’attuazione del Pnrr è fondamentale per sostenere la crescita” e per “evitare rischi di recessione”, ha ribadito il commissario Ue Gentiloni. La Commissione ha a sua volta calcolato “un impatto potenziale di uno 0,5% di crescita all’anno proveniente dagli investimenti, senza contare le riforme del Pnrr”.
Nel complesso, a livello europeo aumenta il numero dei Paesi con un deficit al di sopra del 3% del Pil: nel 2022 erano 10 e salgono a 12 nel 2023. “C’è un evidente rallentamento dell’economia europea e, in questo quadro anche dell’economia italiana, che tuttavia non è in recessione, a differenza di altri Paesi europei”, ha spiegato Gentiloni a margine della presentazione delle previsioni macroeconomiche di autunno. In particolare per l’Italia Bruxelles prevede che il deficit costantemente elevato comporti un aumento del rapporto debito pubblico/Pil nel 2024 (140,6%) e nel 2025 (140,9%), con una lieve flessione al ribasso nel 2023 (139,8%). Quindi Bruxelles mette in guardia il Bel Paese che, pur non essendo a rischio recessione, deve fare attenzione al debito.
Tuttavia le previsioni della Commissione europea non rispecchiano quelle di Palazzo Chigi per tre motivi fondamentali: il costo degli interessi sul debito; il prolungamento della misura sul cuneo fiscale e l’incremento nel valore dei salari pubblici.
A proposito di conti che devono tornare, in questi giorni il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con i suoi colleghi europei ha affrontato la “riforma della governance di bilancio”, ossia le nuove regole europee di finanza pubblica per quanto riguarda il debito, il deficit ed eventuali deviazioni tollerabili nell’ambito della spesa pubblica. Nell’ultima proposta di “landing zone” (“zona di atterraggio”) emerge che certe spese o certe forme di debito possono essere maggiormente tollerate da Bruxelles. “Come soluzione transitoria, le spese nazionali affrontate in progetti, legate ai prestiti del Fondo di ripresa e resilienza (in sostanza il Pnrr, ndr), nel 2025 e nel 2026 saranno prese in considerazione quando un Stato membro richiede un’eccezione alla salvaguardia che prevede di non rimandare” il calo del debito, “sempre che ciò non metta in pericolo la sostenibilità dei conti nel medio periodo”.
In base alle nuove regole il debito pubblico dovrebbe scendere nel corso di periodi piuttosto lunghi, fino a sette anni, più o meno regolarmente, senza confinare il calcolo alla fine del periodo. Le spese legate alla Difesa ad esempio, dato “l’aumento degli investimenti nella Difesa in confronto alla media degli ultimi quattro anni”, è decisamente un fattore di cui tener conto in senso favorevole al governo coinvolto, quando si tratta di valutare un deficit eccessivo e quindi decidere di mettere un Paese sotto procedura. Una richiesta italiana e di vari Paesi d’Europa centro-orientale.
Per quanto riguarda la questione migranti, in particolare a proposito dell’accordo tra Italia e Albania, la commissaria agli Affari interni, la svedese Ylva Johansson, ha chiarito: “La valutazione preliminare del nostro servizio giuridico dell’accordo tra Italia e Albania è al di fuori del diritto comunitario”. In sostanza la commissaria Johansson ha spiegato che “il diritto dell’Ue non è applicabile al di fuori del territorio dell’Ue. Ma i migranti dovrebbero essere esaminati secondo la legge italiana e sotto le autorità italiane”. Nella pratica “sono le stesse regole ma, giuridicamente parlando, non è il diritto Ue ma quello italiano che rispetta quello europeo”. Nel caso in cui vengono effettuati dei soccorsi al di fuori delle acque territoriali italiane e quindi europee, in questo caso specifico, l’accordo è “fuori” dal diritto di asilo comunitario. Un salvataggio in acque europee comporterebbe l’applicazione del diritto di asilo dell’Ue. L’accordo continua comunque a creare tensioni anche sul territorio nazionale, in particolare all’interno delle opposizioni, le quali chiedono che “le prerogative del Parlamento siano compiutamente rispettate”. Il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani ha a sua volta sottolineato che “l’accordo Italia-Albania non è un trattato e sono i trattati a dover passare per il Parlamento”.
Nel suo viaggio a Zagabria la premier Meloni ha fatto il punto anche con il primo ministro croato Andrej Plenkovic, per rafforzare il partenariato strategico tra i due Paesi con l’obiettivo di contenere i flussi migratori in maniera sempre più efficace. A Zagabria erano presenti anche il maltese Robert Abela, il polacco Mateusz Morawiecki e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che durante il vertice di Granada invitò i 27 capi di Stato e di governo a dialogare per poter strutturare l’Agenda strategica 2024-2029, mettendo nero su bianco un nuovo modello di intervento anche a proposito di flussi migratori.
La premier Meloni ha ovviamente tenuto il punto per quanto riguarda l’accordo tra Roma e Tirana, nonostante polemiche e perplessità provenienti da più parti (anche da parte di Tirana). Giorgia Meloni di fatto ritiene che l’accordo italo-albanese sia “un modello per il futuro”, forte del sostegno del tedesco Olaf Scholz e anche il governo croato sostiene la necessità di porre attenzione alla “dimensione esterna della migrazione”, con particolare riferimento alla rotta balcanica occidentale. In effetti la recente introduzione di nuovi controlli non ha placato l’afflusso dei migranti che, al contrario, risultano aumentati del 3% rispetto allo scorso anno. Ciò chiarisce perché sia una questione di “prioritario interesse” per i vari leader riuniti. A Zagabria Meloni ha in definitiva rilanciato le sue priorità: migrazioni, investimenti e allargamento dell’Unione europea con l’auspicio che diventi “un gigante politico e non burocratico”.
La questione legata ai flussi migratori risulta essere di sicuro urgente anche nel dibattito interno, tantoché per il governo italiano l’Ue dovrebbe adottare il nuovo patto di Asilo e migrazione prima delle Elezioni europee di giugno, rafforzando nel contempo l’impegno economico “per prevenire le partenze irregolari, rafforzare le frontiere esterne, combattere i trafficanti, migliorare il sistema dei rimpatri e ampliare i canali di migrazione illegale”.
Palazzo Chigi tende a diffondere il format del memorandum d’intesa nonostante il mancato successo con la Tunisia. Il governo italiano spinge affinché la Commissione europea reiteri l’esperimento tunisino in altri Paesi del continente africano, ad esempio Egitto, Costa d’Avorio, Guinea, Senegal, Gambia e Mauritania. Per la Croazia, nello specifico, nel 2022 l’Italia è stata il primo partner commerciale, registrando un interscambio pari a 8,2 miliardi di euro e un saldo positivo pari a 2,7 miliardi.
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