Italia delle Regioni
Il presidente IFEL e il vicepresidente vicario dell’Associazione dei Comuni Italiani Anci sono intervenuti alla presentazione del 24° Rapporto IFEL (Istituto per la Finanza e l’Economia Locale) che fotografa lo stato dei servizi sociosanitari territoriali.
“Questo rapporto ha il merito di tracciare una strada da intraprendere: solo dalla piena collaborazione tra tutti i livelli istituzionali, governo, regioni ed enti locali, possono svilupparsi linee strategiche adeguate a costruire una vera integrazione sociosanitaria sul territorio. È questo l’unico modo che abbiamo per non disperdere le risorse anche del Pnrr e per dare la migliore risposta possibile ai bisogni dei cittadini”. Lo ha sottolineato Alessandro Canelli, sindaco di Novara, delegato Anci alla Finanza locale e presidente di IFEL intervenendo alla presentazione del Rapporto 2024 ‘Federsanità e Ifel’ sui servizi sociosanitari dei Comuni italiani”, svoltasi presso la Sala Capitolare del Senato, alla presenza del ministro della Sanità Orazio Schillaci e del vicepresidente vicario di Anci Roberto Pella.
“La fotografia che emerge dal rapporto mette in luce un forte divario territoriale nel paese, una situazione che – ha notato Canelli – è legata a due condizioni oggettive: la mancanza di un parametro oggettivo come i Lea Livelli essenziali di assistenza nel settore sociale, e il fatto che le amministrazioni comunali debbano affrontare le spese per il sociale facendo leva sui bilanci di cui dispongono. E se da un lato esistono differenze legate alle caratteristiche del Comune, se è urbano piuttosto che in area marginale, dall’altro negli ultimi anni si è registrata l’esplosione della spesa sociale a carico dei Comuni. Basti pensare ai costi per la gestione dei minori oppure all’assistenza scolastica per alunni colpiti da disabilità”. Tutto questo a fronte, “di una dinamica delle entrate sostanzialmente ferma”, ha rimarcato il delegato Anci alla Finanza locale”.
Su questo scenario l’attuazione del Pnrr può sicuramente avere un impatto positivo. “Il piano nazionale ha tra i suoi obiettivi centrali la costruzione di un nuovo modello sanitario, ma questo rappresenta solo la parte hardware, la vera sfida sta nel trovare un software adeguato, vale a dire professionalità in numero congruo ed opportunamente formate. Nei prossimi anni avremo bisogno di almeno 100mila infermieri per innalzare il livello qualitativo dell’assistenza”, ha ricordato. Per questo motivo, secondo il presidente IFEL, bisogna puntare anche sulla collaborazione strategica con Federsanità: “Stiamo lavorando ad una serie di progetti per redigere protocolli utili alla definizione esatta dei compiti che i singoli operatori dovranno avere nel modello sanitario”, ha spiegato.
Da parte sua il vicepresidente vicario di Anci Roberto Pella, nel porgere i saluti del presidente Antonio Decaro, ha innanzitutto riconosciuto come “con il ministro Schillaci si stia sviluppando un buon rapporto di collaborazione istituzionale, sia nel confronto coi Comuni che nel riconoscimento del ruolo strategico dei sindaci sul terreno della prevenzione e della salute. Il merito di questo rapporto – ha proseguito – è quello di andare verso la piena consapevolezza della funzione essenziale delle amministrazioni locali nella costruzione di un nuovo modello sanitario”. Da questo punto di vista “sono due gli aspetti importanti evidenziati dal rapporto: da un lato la forte integrazione tra sanità e salute sociale e dall’altro le numerose esperienze territoriali realizzate in questi anni, soprattutto dopo la crisi pandemica”. Su tutto resta la sfida legata all’attuazione del Pnrr. “Questa opportunità deve essere sfruttata a pieno, e in quest’ottica diventa fondamentale una definizione adeguata dei Lep, nel quadro dell’attuazione della riforma federale su cui ci stiamo confrontando con il ministro Calderoli. Altrettanto importante sono l’attribuzione di risorse adeguate da assegnare ai Comuni, così come la definizione dei compiti di coordinamento delle amministrazioni locali per quanto i riguarda i servizi verso le fasce deboli e svantaggiate”, ha concluso Pella.
Il rapporto presentato ha evidenziato come la spesa dei comuni per i servizi sociali è aumentata nel 2020 in modo significativo per fronteggiare i nuovi bisogni assistenziali derivanti dall’emergenza sanitaria esplosa con il Covid-19 e per la conseguente crisi economica e sociale, raggiungendo i 7,85 miliardi di euro, il 4,3% in più rispetto al 2019. Dal 2013 al 2020 è stato registrato un aumento dell 95% della spesa dei comuni per i servizi sociali nell’area «povertà, disagio adulti e senza dimora» (effetto Covid: +73% solo nel passaggio dal 2019 al 2020).
Nel 2020 la spesa dei comuni per i servizi sociali per abitante è pari a 132 euro (era di 114 euro pro capite nel 2013) con differenze molto ampie a livello di ripartizione geografica: nel Mezzogiorno è pari a 87 euro, circa la metà del dato registrato al Nord (161 euro). Il 36% di questa spesa è utilizzata per interventi e servizi, il 32% viene assorbita dalle strutture, mentre la restante parte (31%) è costituita dai trasferimenti in denaro. La spesa sociale dei comuni è destinata prevalentemente ai minori e alle famiglie con figli (37%), alle persone con disabilità (25%) e agli anziani (16%), ossia ai residenti che abbiano compiuto almeno 65 anni di età.
©Futuro Europa® Riproduzione autorizzata citando la fonte. Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione