Cronache dai Palazzi

Patto di Stabilità in bilico. “Non escludo nessuna scelta. Credo si debba fare una valutazione su ciò che è meglio per l’Italia sapendo che, se non si trova un accordo, torniamo ai precedenti parametri. Io farò tutto quello che posso”. Queste le parole di Giorgia Meloni nell’Aula di Palazzo Madama prima di volare a Bruxelles per il vertice sui Balcani e il Consiglio europeo. Giudicando negativamente la riforma del Patto di Stabilità il senatore Mario Monti ha suggerito alla premier Meloni di porre il veto in sede europea e la premier ha risposto alla sollecitazione.

A Bruxelles è andato comunque in scena il Consiglio europeo sancendo anche l’entrata nell’Unione di Ucraina e Moldavia, anche se per ora si tratta semplicemente di un successo simbolico sul piano politico per Kiev in quanto per l’ingresso effettivo si dovranno attendere degli anni. Sembra comunque che il futuro dell’Ucraina sarà in Europa. È stato concesso lo stato di candidato anche alla Georgia. Continuano inoltre, da anni, i negoziati con la Bosnia-Erzegovina che deve ancora raggiungere il necessario grado di conformità ai criteri di adesione. Quindi è improbabile che l’Ucraina possa accedere prima di altri. La Commissione dovrà riferire entro marzo per poi poter prendere una decisione.

Per quanto riguarda il Patto di Stabilità e crescita esso consiste nell’insieme delle regole che disciplinano il bilancio dei Paesi Ue per l’appartenenza all’unione economica e monetaria; siglato nel 1997 il Patto è stato arricchito di vari regolamenti nel corso degli anni. Sospeso nel marzo 2020 a causa della crisi economica provocata dalla pandemia, tornerà in vigore dal primo gennaio del 2024.

I ministri dell’Economia dei vari Paesi membri stanno elaborando una riforma del Patto di Stabilità a partire da una proposta della Commissione europea del 26 aprile scorso, con l’obiettivo di evitare che la riduzione del debito pubblico nei diversi Paesi porti a una contrazione degli investimenti e della crescita.

Per i parametri di Maastricht il rapporto deficit/Pil non deve superare il 3% e il rapporto debito pubblico/Pil deve essere al di sotto del 60%. Per il vecchio Patto di Stabilità i Paesi che eccedono il 60% devono ridurre di 1/20 all’anno il rapporto debito pubblico/Pil. Gli Stati membri hanno comunque deciso di riformarlo per rendere il meccanismo più facile da applicare. I Paesi Ue con un rapporto debito/Pil superiore al 60% concorderanno un piano di risanamento con la Commissione europea tenendo conto della spesa pubblica netta, sulla base dell’analisi di sostenibilità condotta da Bruxelles. Il piano ha una durata di 4 anni ma in caso di riforme e investimenti potrà essere esteso a 7 anni.

Per la Commissione Ue è ancora valida la regola automatica, già in vigore, per cui i Paesi che superano il 3% di deficit devono provvedere ad un rientro annuo pari allo 0,5% del Pil. Secondo le nuove regole, per salvaguardare il debito i Paesi con un rapporto debito/Pil superiore al 90%, ad esempio l’Italia, dovranno ridurre il debito di 1% all’anno, mentre i Paesi al di sotto della suddetta soglia dello 0,5% annuo. Per quanto riguarda la salvaguardia del deficit, invece, i Paesi Ue non dovranno limitarsi a un rapporto deficit/Pil che non superi il 3%, bensì i Paesi con un debito pubblico tra il 60% e il 90% del Pil dovranno scendere al di sotto della soglia del 2%, mentre i Paesi sopra al 90% all’1,5% (come nel caso dell’Italia).

La Commissione europea valutando la procedura per deficit eccessivo potrà “adeguare il parametro di riferimento” dell’aggiustamento strutturale pari allo 0,5% del Pil “tra il 2025 e il 2027, tenendo conto dell’aumento dei pagamenti di interessi, quando uno Stato membro si impegna ad attuare una serie di riforme rilevanti e investimenti”.

L’accordo comunque non è stato ancora raggiunto. “Non posso dire di sì ad un patto se poi non posso rispettarlo”, ha dichiarato la premier Meloni a ridosso del Consiglio europeo, non ritenendo “utile” per il nostro Paese la proposta in corso. I diversi Paesi europei continueranno di conseguenza a negoziare la durata della flessibilità, se di due o di tre anni. È previsto anche un Ecofin straordinario – la riunione dei ministri finanziari dei 27 – per il 20 dicembre.

In definitiva “non si può chiudere così un accordo che condiziona l’Italia per i prossimi anni”, ha sottolineato il titolare del Mef e se il 20 dicembre il ministro Giorgetti si opporrà l’accordo slitterà automaticamente a gennaio, quando è previsto un altro vertice straordinario. Calcolando che i tempi per la ratifica finale scadono ad aprile, quando è prevista l’ultima plenaria dell’Eurocamera, i tempi per ratificare il nuovo Patto sono a dir poco stretti. Occorrerà inoltre comprendere se nella ratifica della Nadef di aprile i singoli Paesi dovranno attenersi alle vecchie regole o alle linee guida della Commissione fondate sui principi della nuova governance economica. Sul Bilancio la premier Meloni chiede di usare i Fondi di Coesione che non sono mai stati realmente spesi senza la quota del cofinanziamento nazionale, dato che non abbiamo molte risorse da investire. A proposito di Patto un’altra sfida è scorporare dal rientro del deficit la quota di interessi che gravano sui capitali dei nostri investimenti.

Sul fronte interno si discute invece di manovra e molto probabilmente il Parlamento tornerà in Aula anche tra Natale e Capodanno, per una corsa contro il tempo, per approvare il testo della nuova legge di Bilancio che in Commissione è stato sommerso da 2.500 emendamenti delle opposizioni. Uno degli emendamenti del governo segna a sua volta un passo indietro per quanto riguarda il taglio delle pensioni di medici, infermieri, maestri, dipendenti degli enti locali e degli uffici giudiziari. Il taglio non interesserà chi va in pensione a 67 anni (età per pensione di vecchiaia) e si agirà in maniera graduale sulle pensioni anticipate.

Prima del 31 dicembre ci si aspetta il voto di fiducia alla Camera. “La fiducia non è una novità, è sempre stata messa negli anni scorsi”, ha affermato il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, aggiungendo: “Abbiamo garantito un dibattito approfondito”. La Camera ha inoltre approvato in maniera definitiva il decreto legge Anticipi. Tra le novità nuovi termini per la rottamazione quater delle cartelle esattoriali in quanto chi non ha pagato entro il 30 novembre potrà pagare entro lunedì 18 dicembre. Il testo stanzia inoltre 2 miliardi per l’indennità di vacanza contrattuale nel pubblico impiego, stabilisce l’adeguamento delle pensioni al costo della vita e definisce il Codice identificativo nazionale (Cin) sugli affitti brevi.

In vista del Natale e della fine di “questo 2023”, allargando i confini al mondo globale, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha incontrato il Corpo diplomatico al Quirinale. “Lo stato del mondo sul finire di questo 2023 ci impone di superare la superficiale sottovalutazione con cui si assiste al moltiplicarsi delle crisi e dei drammi umani che comportano”. Il Capo dello Stato ha ricordato in primo luogo le condizioni dei bambini nel mondo, in riferimento ad un rapporto dell’Unicef pubblicato di recente, “i cui numeri inchiodano alle responsabilità della comunità internazionale, dimostrando inequivocabilmente le insufficienze palesate dalla sua azione”, ha ammonito il Presidente della Repubblica.

Nel corso degli ultimi due anni di guerra il rapporto dell’Unicef rileva che “6,4 milioni di bambini ucraini sono risultati bisognosi di assistenza umanitaria. In Siria sono più di 13.000 i bambini che hanno perso la vita o sono stati feriti nel lungo conflitto interno, quasi altrettante sono le piccole vittime in Yemen. Ad Haiti la stragrande maggioranza di bambini vive sotto il controllo dei gruppi armati e rischia ogni giorno la morte, il ferimento, il reclutamento”. A questi “teatri” di guerra si aggiunge “la ferocia di Hamas contro i bambini inermi. Neppure i neonati sono stati risparmiati”, ha sottolineato il Capo dello Stato ricordando con dolore “le oltre 5.000 piccole vittime innocenti nella striscia di Gaza”, e ammonendo: “Una comunità internazionale che non riesce a proteggere i suoi figli, che non è in grado di recare aiuto umanitario neanche ai fanciulli, appare inumana”. In sostanza i conflitti non condurranno mai ad “un ordine più rispettoso e più giusto” del mondo.

Viviamo di fatto “una guerra mondiale a pezzi”, ha affermato il presidente Mattarella citando le parole di Papa Francesco, e aggiungendo che “‘una guerra mondiale a pezzi’ porta a un mondo a pezzi. Si innalzano muri, si attenta alla libertà di navigazione e di approdo. Per evitare di essere trasformata in conflitti di più ampie proporzioni, deve spingere a ricercare un fattore comune da cui riprendere le fila di un confronto che consenta una proficua riforma strutturale del multilateralismo”.

Occorre, di fatto, procedere verso la realizzazione di “regole e istituzioni più rispondenti” agli ideali di pace. “È la pari dignità tra tutti i soggetti internazionali il principio su cui impostare i rapporti tra gli Stati. Con un cambio di paradigma, che sposti definitivamente l’accento dalla competizione alla cooperazione. Il modello non può essere quello delle conferenze internazionali che si limitino, di volta in volta, a fotografare contingenti rapporti di forza”, ha sottolineato il Capo dello Stato.

L’augurio per il nuovo anno da parte del Colle consiste nell’auspicare un accrescimento della “consapevolezza” di dover necessariamente “imperniare i rapporti internazionali sul rispetto degli Stati, dei popoli, delle persone. Su cooperazione, solidarietà, condivisione di responsabilità”. Ed ancora, “inclusione” e “accettazione delle differenze”.

“Va confermata la volontà di dialogo”. Di fatto “la ricerca del dialogo” sarà anche un “elemento portante” della presidenza italiana del prossimo G7 nel 2024, “nel rispetto del diritto internazionale” e senza trascurare “le strutture di sicurezza” nate “per perseguire la pace attraverso il multilateralismo”.

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