Mafioso (Film, 1962)

Mafioso di Alberto Lattuada è per me una vera e propria scoperta, uno dei pochi film degli anni Sessanta che non avevo mai visto, oppure l’avevo fatto in anni troppo giovanili per comprenderlo appieno.

Commedia nera, persino dramma nella parte finale, con un Sordi in gran forma nei panni di un siciliano che lavora a Milano, ha sposato una donna nordica (Norma Bengell), torna in vacanza con moglie e figli nel paese natale ed è costretto a commettere un omicidio, per riconoscenza verso il padrino locale. Nessuna concessione alla facile comicità, ma tanto realismo, direi quasi neorealismo per la certosina attenzione alla realtà sicula del periodo storico, mostrando un personaggio immorale e una terra piegata ai desiderata mafiosi. La Sicilia viene fuori con tutte le sue contraddizioni dei primi anni Sessanta, tradizioni forti e problemi storici duri da estirpare: un mafioso che comanda il paese con i picciotti e la famiglia al suo servizio, un politico che prende ordini dal padrino prima di tornare a Roma, in Parlamento. Non solo, la condizione della donna agli albori della civiltà, segregata in casa, in attesa di un matrimonio, con gli uomini che fantasticano al bar o sulla spiaggia su presunte conquiste e immaginano corpi femminili.

In questo ambiente l’irruzione di una donna emancipata come la Bengell che indossa bikini audaci e fuma al tavolino è devastante, attira su di sé gli sguardi di tutta la popolazione maschile e la diffidenza delle altre donne. Mafioso è una storia nera e crudele che racconta un crimine impunito, organizzato in maniera impeccabile, con volo transoceanico per uccidere un padrino americano, commesso da un insospettabile, un incensurato che subito dopo torna nella sua Milano. Finale emblematico in fabbrica, con il personaggio interpretato da Sordi che riconsegna una penna di cui si era appropriato per errore. “Se al mondo tutti fossero come lei, si vivrebbe meglio!”, dice il collega. L’uomo si allontana pensieroso, consapevole di aver appena commesso un omicidio per un debito d’onore e per salvare la vita dei suoi cari. Mafioso non è commedia all’italiana, pure se il protagonista è Sordi, ma è un film gelido e distaccato sulla vita di una provincia italiana ancora nelle mani del potere mafioso.

Ambientato in una Sicilia provinciale (Belmonte Mezzagno, Bagheria, Misilmeri, esterni marini a Capaci), povera e bruciata dal sole, piena di pregiudizi e di inibizioni, con finale nordamericano, per le strade di New York, il luogo del delitto. Sordi dà vita a un personaggio immorale, il più inquietante della sua carriera, un omicida involontario che nonostante tutto resta impunito. Tra gli sceneggiatori si nota la mano di Azcona e Ferreri (scriveranno grande cinema insieme), con Age e Scarpelli che confezionano bene la parte comica, mentre Lattuada mette tutto il suo stile neorealista. Fotografia sicula di Armando Nannuzzi, un intenso bianco e nero che immortala paesaggi marini e campagne desertiche, montagne e strette vie paesane d’una terra arretrata, dimenticata da Dio. Piero Piccioni costruisce una colonna sonora perfetta, mentre Nino Baragli monta le sequenze con verve da cinema noir. Scenografia sicula, vero e proprio documento storico sul cambiamento dei tempi e dei costumi, del bravissimo Carlo Egidi.

Alberto Sordi è ottimo nel ruolo di Antonio Badalamenti, un pavido siciliano che torna al paese natale, succube dei voleri mafiosi fino al punto di uccidere. Sordi recita persino in siciliano e confeziona un personaggio credibile, un uomo legato alla sua terra, che si sforza di far capire alla moglie un mondo troppo distante dalla sua mentalità. Norma Bengell (doppiata da Adriana Asti) è Marta, moglie di Antonio, attrice quasi debuttante, una delle tante scoperte femminili di Lattuada, brasiliana di Rio de Janeiro, anche se le sue fattezze la fanno credere svedese, per questo è chiamata a interpretare la moglie nordica del siciliano di ritorno. Non lavora molto nel cinema italiano (I crudeli di Corbucci, Una bella grinta di Montaldo, Terrore nello spazio di Bava); si ricorda per essere stata la prima attrice brasiliana a comparire nuda in un film e per un’attività politica femminista in difesa dei diritti della donna.

Mafioso è un film da riscoprire come documento storico di un’Italia che non esiste più (per fortuna) e come grande cinema del nostro passato. Selezionato tra i cento film italiani da salvare.

Alberto Lattuada (Milano, 1914 – Orvieto, 2005), figlio del musicista e compositore Felice, laureato in architettura, innamorato del cinema che comincia a frequentare nel 1933 come scenografo. Nel corso della sua carriera interpreta alcuni ruoli come attore, scrive romanzi, sceneggiature, articoli su riviste, tra i suoi meriti va citata la mania di collezionista per i vecchi film che contribuisce alla nascita della Cineteca Italiana. Alberto Lattuada è un regista appassionato di letteratura, arte e fotografia, caratterizzato da uno stile personale, racconta il mondo piccolo borghese e le sue meschinità, soprattutto rappresenta un erotismo intenso, basato sulla scoperta del corpo e sulla sessualità femminile sempre in primo piano. Viene definito il regista delle donne perché nel corso della sua attività registica lancia molte attrici come Marina Berti, Carla Del Poggio (divenuta sua moglie), Valeria Moriconi, Jacqueline Sassard, Catherine Spaak, Dalila Di Lazzaro, Angelica Ippolito, Thérèse Ann Savoy, Natassja Kinski, Clio Goldsmith, Barbara De Rossi e Sophie Duez.

L’interesse principale di Lattuada è il mondo femminile, per gran parte della sua carriera filtrato dalla penna di grandi scrittori che porta sul grande schermo: D’Annunzio, Bacchelli, Gogol, Verga, Puskin, Piovene, Cechov, Machiavelli, Brancati, Chiara, Berto e Bulgakov. La sua attenzione si rivolge anche alla commedia erotica commerciale che dirige con grande cura formale. Lattuada viene bollato come comunista, perché conduce una lotta contro la censura cinematografica al fianco di Germi, De Sica, Antonioni e Lizzani.

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Paese di Produzione: Italia, 1962. Durata: 98’. Regia: Alberto Lattuada. Soggetto: Bruno Caruso. Sceneggiatura: Rafel Azcona, Marco Ferreri, Age (Agenore Incrocci), Furio Scarpelli. Fotografia: Armando Nannuzzi (B/N). Montaggio: Nino Baragli. Musica: Piero Piccioni. Scenografia: Carlo Egidi. Produttore Esecutivo: Dino De Laurentiis. Produttore: Antonio Cervi. Distribuzione (Italia): Dino De Laurentiis Distribuzione. Interpreti: Alberto Sordi (Antonio Badalamenti), Norma Bengell (Marta / doppiata da Adriana Asti). Gabriella Conti (Rosalia), Ugo Attanasio (Don Vincenzo), Cinzia Bruno (Caterina), Katiuscia (Cinzia), Armando Tine (dottor Zanchi), Lilly Bistrattin (segretaria dottor Zanchi), Michèlle Bailly (baronessa), Francesco Lo Briglio (don Calogero), Carmelo Oliviero (Liborio).

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog La Cineteca di Caino”]

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